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    “INSIEME A GIORGIA SCONFIGGIAMO IL COMUNISMO” – RICEVUTO DALLA MELONI A PALAZZO CHIGI, JAVIER MILEI SI LASCIA ANDARE A BACI, ABBRACCI E IMPROBABILI PROCLAMI: “NON CI HANNO VISTO ARRIVARE” (CITAZIONE INVOLONTARIA DI ELLY SCHLEIN) – LA STRANA CONVERGENZA TRA IL NEOPRESIDENTE ARGENTINO ULTRA-LIBERISTA E LA DUCETTA, ARROCCATA NELLA DIFESA DI CATEGORIE CARE ALLA DESTRA (VEDI I TRATTORI) – LA PREMIER EVITA IL DISCORSO SUL MERCOSUR, IL MERCATO COMUNE TRA UE E SUDAMERICA, TEMA CHE SPACCA IL CENTRODESTRA


     
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    Estratto dell’articolo di Francesco Olivo per “La Stampa”

     

    JAVIER MILEI GIORGIA MELONI JAVIER MILEI GIORGIA MELONI

    Appena varcato il portone di Palazzo Chigi Javier Milei strabuzza gli occhi, è un po' spaesato dall'accoglienza. Sogna di vendere in patria questa giornata come il suo accreditamento internazionale: prima la visita dal Papa, che lo accoglierà con benevolenza gesuitica e poi da quella che è diventata il punto di riferimento della destra dura dell'occidente: «Insieme a Giorgia sconfiggiamo il comunismo», dirà con il linguaggio che spiazza, ma che in fondo non dispiace agli inquilini di piazza Colonna.

     

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    Il presidente è scapigliato come sempre e quasi abbraccia Meloni. Il personaggio è eccentrico e il cerimoniale segretamente teme qualche fuori programma. Quando finisce di passare in rassegna il picchetto d'onore in effetti c'è la prima prova: il presidente argentino allarga le gambe davanti ai fotografi mentre stringe la mano alla padrona di casa. Poi salendo le scale la saluta così: «Non ci hanno visto arrivare».

     

    In spagnolo è una frase idiomatica piuttosto comune, ma la traduzione (politica) in italiano suona come una citazione, sicuramente involontaria, della principale oppositrice della premier, Elly Schlein che lo ha reso lo slogan della sua vittoria alle primarie. Altre storie. Meloni sorride, «sì, non hanno visto neanche me».

     

    Come noto l'immagine dell'underdog è quella scelta dalla premier per raccontare la sua ascesa. Eppure, le biografie dei due interlocutori non potrebbero essere più diverse, uno che con la motosega vuole fare strage della "casta" e l'altra che ha rivendicato l'importanza della politica, «come unica possibile soluzione ai problemi», come ha scritto nel libro delle dediche della mostra su Enrico Berlinguer, visitata venerdì scorso.

     

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    Altra differenza che salta all'occhio è il modello economico di riferimento, l'ultraliberismo di Milei e la lotta al "mondialismo" e la difesa strenua di alcune categorie della destra italiana, a cominciare dagli agricoltori che hanno spaccato la coalizione di governo.

     

    I testimoni dell'incontro di ieri raccontano che tra i due la sintonia è stata immediata, quasi naturale. E subito è partito l'invito al quale Meloni ha risposto positivamente: dopo il vertice dei leader del G7 in Puglia, forse già a luglio, la premier viaggerà a Buenos Aires.

     

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    L'entusiasmo dell'economista diventato presidente era palpabile, come testimoniato non solo dal linguaggio del corpo, ma anche le centinaia di tweet postati prima di riprendere l'aereo per Buenos Aires. A corredo di una foto che ritrae i due capi di governo si legge: «Questa è l'ultima immagine che i comunisti vedranno prima di essere distrutti». E a seguire frasi di questo genere.

     

    Milei ha scelto Roma come sua prima visita ufficiale, per affinità ideologica con il governo più a destra d'Europa, ma soprattutto per sanare quello che per lui era (ed è) un problema enorme: il rapporto con il Papa argentino, insultato nel passato (anche recente) e poi abbracciato platealmente, con tante scuse.

     

    […]  La premier, però, ha ascoltato le indicazioni dei diplomatici che hanno invitato alla prudenza, visto il destino (almeno apparentemente) precario del personaggio, che si trova un Parlamento contro e deve affrontare una situazione finanziaria e sociale drammatica. Meloni ha promesso il sostegno italiano nel negoziato con il Fondo monetario, con la richiesta, implicita, di evitare eccessi nella repressione dei movimenti di protesta che possano pregiudicare l'immagine del Paese.

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    Il significato dato all'incontro è diverso. Per Milei sbarcare a Roma è servito per accreditarsi da un punto di vista internazionale e negare quell'isolamento denunciato dall'opposizione, al vertice il leader argentino ha voluto dare anche una chiave fortemente ideologica, come dimostrano i messaggi postati al termine: «Facciamo tremare il comunismo mondiale».

     

    Per Meloni, invece, lo scopo principale della relazione privilegiata instaurata ieri è cercare di sottrarre l'Argentina alla vicinanza, con i Brics+, il gruppo dei Paesi alternativi all'occidente e più in generale un contrasto all'egemonia cinese sul subcontinente sudamericano.

     

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    […] Nella conversazione proseguita per circa un'ora, si è parlato, come recita il comunicato finale di «cooperazione economica in settori strategici quali l'energia, le infrastrutture e l'agricoltura». Dall'elenco dei temi trattati c'è un grande assente: il Mercosur, il mercato comune tra Unione europea e Sudamerica, paralizzato dal veto di Francia e Brasile. La destra italiana è storicamente contraria a questo tipo di accordi commerciali e lo stesso Milei ne ha chiesto l'eliminazione. Ma l'esperienza del Ceta (il trattato tra Ue e Canada) insegna che all'export italiano, specie all'agroalimentare, spesso conviene. E così, per il momento evita di esporsi.

     

    Un imbarazzo notato anche da Matteo Salvini, che aggiunge questo ai vari fronti aperti con la leader di Fratelli d'Italia: «L'intesa rappresenterebbe un pericolo per i produttori italiani». Al leader della Lega ha risposto Antonio Tajani: «Io sono sempre a favore del libero scambio». Meloni per il momento resta in mezzo, coinvolta nella nuova internazionale contro il comunismo.

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