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    “LA COSA PIÙ ANTI-EROTICA CHE MI SIA CAPITATO DI VEDERE? IL CONCORSO DI MISS ITALIA. UNA SERIE DI CORPI TUTTI PERFETTI…” – MILO MANARA SI RACCONTA IN UNA AUTOBIOGRAFIA - "OGGI SI CENSURA L’EROS E NON LA VIOLENZA, COSÌ INTERNET DIVENTA LUOGO DELLA PORNOGRAFIA. L’EROTISMO RENDE IL SESSO UNO STRUMENTO DI CONOSCENZA DEL MONDO. IL CORPO È NULLA SENZA LA PSICOLOGIA, FELLINI LO AVEVA CAPITO" - LA CENSURA DELLA MARVEL PER LA DONNA RAGNO NEGLI STATI UNITI, IL RE DI UN PAESE ISLAMICO SUO FAN. LA RAMANZINA DI UMBERTO ECO PER IL DISEGNO INVIATO ALLA FIGLIA: “POTEVI ESSERE MENO ESPLICITO” - "LEROS? PER ME KRISTEN STEWART"

     

     


     
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    Roberta Scorranese per il "Corriere della Sera"

     

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    Milo Manara qual è stata la cosa più anti-erotica che lei sia mai capitato di vedere?
    «Il concorso di Miss Italia».
     
    Come? Lei a Salsomaggiore ha fatto il giurato...
    «Una volta e non lo rifarò mai più. Guardavo quei corpi tutti dotati della stessa formale bellezza. C'è qualcosa di più anti-erotico di una serie di corpi tutti perfetti? È come se non ce ne fosse nessuno. Meno male che in giuria con me c'era Franca Valeri».
     

    milo manara cover milo manara cover

    Le faceva copiare i suoi voti?
    «Sì, e non le dico le battute che faceva sottovoce, uno spasso».
    La vera visione erotica, lì, era Valeri?
    «Ma certo. Una donna intelligentissima, divertente, originale. L'eros è l'elaborazione culturale del sesso, una cosa complicata, cerebrale, della quale il corpo è una sublimazione».
     
    Nell'autobiografia «A figura intera» lei parla a lungo della sua famiglia d'origine. Ma come reagirono sua madre e suo padre la prima volta che videro i suoi fumetti?
    «Non credo che mamma e papà abbiano mai visto un mio fumetto».
     
    Glieli ha nascosti?

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    «Ma no, è che io mi sono reso indipendente abbastanza presto, ho lasciato la provincia veronese dove ho trascorso l'adolescenza e da allora non mi sono più fermato. Milano, i lunghi viaggi a bordo del mio camper in giro per l'Europa. Comunque io e mia moglie Luisa abbiamo avuto due figli, oggi siamo anche nonni e i nostri ragazzi hanno sempre visto i miei lavori erotici: be', sono cresciuti benissimo».
     
    Proviamo a definire la valenza culturale dell'erotismo?
    «Qual è l'impulso più forte, quello che non si può sopprimere? Il sesso. E che cosa rende il sesso uno strumento di conoscenza del mondo? L'erotismo. È quello che ho sempre cercato di fare con i miei disegni. Raffigurando un corpo femminile che non sia semplicemente erotizzato , ma che abbia una sua grandezza. Ecco perché - almeno così mi dicono le tante femministe che apprezzano il mio lavoro -, nonostante le forme e la nudità, le donne che io rappresento conservano una certa distanza».
     
    Come se fossero perse in qualche fantasia personale, inaccessibile?

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    «È quello che mi sforzo di rendere. Sa, oggi non è facile affrontare il tema del corpo femminile. Il problema è che il confine tra la donna oggetto e la donna sensuale è labilissimo, purtroppo molti fumettisti lo varcano. Pensi che io sono andato a discutere in diversi collettivi femministi e sono sempre stato accolto con tanto di lode. Questo mi ha fatto un enorme piacere. Una delle mie migliori amiche, Cinzia Leone, è una femminista».
     
    I corpi delle sue donne sono sempre perfetti. Ma l'eros non è anche (forse soprattutto) imperfezione?
    «Ma guardi che non sono perfetti. Se le sembrano tali è perché sono riuscito a rendere la psicologia di un personaggio. Il corpo non è nulla senza la psicologia. Questo lo aveva intuito perfettamente Federico Fellini, che era un ottimo disegnatore perché non faceva caricature, ma ritratti psicologici».
     
    Jean Baudrillard diceva che è nel gioco, nell'artificio che risiede il cuore dell'eros. In altri termini, se calati nella realtà, i suoi personaggi perderebbero la carica erotica?

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    «Credo di sì, io sono un fumettaro e dunque disegno le mie fantasie. Non le donne come potrebbero essere , questo penso sia chiaro».
     
    La censura più controversa nella quale Milo Manara è incappato?
    «Be', quella che ha destato più scalpore è arrivata l'anno scorso negli Stati Uniti. Mi avevano commissionato delle copertine dei supereroi della Marvel. Tutto bene finché si arrivò alla Donna Ragno. Io volevo raffigurarla nella stessa posizione dell'Uomo Ragno, arrampicata su una parete. Ma il corpo di una donna in quella postura risultò, agli occhi degli americani, scandaloso. Troppo erotizzato. Coprirono il sedere con il titolo, per capirci. Ma nacque un putiferio: sui social molti presero le mie difese, la Marvel alla fine si è scusata ma quella è stata l'ultima copertina che ho fatto per loro».
     
    E in Italia?
    «Fece scandalo una mia vignetta in cui si vedeva Giovanni Paolo II abbracciato a due angeli donna. Un certo Farina invocò la censura in Parlamento, venni convocato dalla Digos».
     

    milo manara andrea pazienza milo manara andrea pazienza

    Come andò a finire?
    «I poliziotti mi chiesero un disegnino».
     
    Lei è conosciuto in tutto il mondo, salvo, si potrebbe pensare, in certi Paesi fortemente osservanti.
    «Sì, però pochi sanno che uno dei miei più fedeli ammiratori è il re di un Paese islamico».
     
    Quale?
    «Spenga il registratore».
    Manara...
    «Diciamo che i miei disegni non può tenerli a palazzo, ma li appende nello yacht».
     
    E la censura della quale va più fiero?

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    «Senza dubbio quella del Sudafrica prima di Mandela. Erano gli anni dell'apartheid e un giorno mi chiamarono da Radio Popolare dicendomi che un quotidiano sudafricano aveva inserito i miei fumetti, quelli della serie di Giuseppe Bergman, tra i libri proibiti. Non tanto per l'erotismo, quanto per delle posizioni decisamente anti-apartheid. Ora, al di là del fatto che questa censura mi riempie di orgoglio, la domanda è: come ci sono arrivati lì i miei fumetti in quell'epoca storica e senza Internet?».
     
    È che voi fumettari siete una rete.
    «È vero. Per me un fumettaro è come un fratello. Forse perché ci accomuna la consapevolezza di un lavoro che oltre ad avere un altissimo coefficiente di tecnica, richiede resistenza alla noia. Sa che cosa vuol dire disegnare la stessa identica stanza per decine di volte?».
     
    Com' era Andrea Pazienza?
    «C'è una cosa di lui che pochi ricordano: era velocissimo nel pensare e nel pronunciare la parola giusta. Ricordo una sera: io, lui e Guccini tirammo l'alba intorno alla tavola cantando e soprattutto facendo battute, motti di spirito, calembour».

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    In Italia il fumetto ad un certo punto ha acquisito dignità accademica. Merito anche di intellettuali come Del Buono, Eco.
    «Uh, con Umberto Eco accadde una cosa imbarazzante. Amici in comune mi avevano detto che sua figlia Carlotta, all'epoca adolescente, era una mia ammiratrice. Allora le mandai a casa un disegno. Tempo dopo, ad una cena, incontrai il padre. Eco si avvicinò e mi fece la ramanzina: "Potevi essere meno esplicito"».
     
    Cuore di padre.
    «Francamente non capisco perché ancora oggi continui ad esserci una profonda, culturale e naturale censura dell'eros e non della violenza. Prenda una qualunque serie televisiva. Donne fatte a pezzi, corpi maciullati, pistole. Nessuno dice nulla. Un'immagine erotica, invece, fa scalpore, non si può far vedere. Con il risultato che Internet è diventato il luogo chiave della pornografia. Perché le cose che girano in Rete sono pornografia, non eros».

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    Lei ha vinto l'Oscar del fumetto e vari altri premi. Qual è il Paese dove è più apprezzato?
    «La Francia è un caso a parte. Lì il fumetto è considerato davvero arte e penso che ci sia un motivo storico: la Rivoluzione Francese e tanti altri momenti chiave sono stati immortalati e diffusi con incisioni, disegni, raffigurazioni che volevano arrivare a tutti, anche a chi non sapeva leggere oppure non arrivava alla pittura. Il nostro Risorgimento no, al massimo lo ha raffigurato qualche pittore. Credo che alla base ci sia un fortissimo orgoglio nazionalista».
     
    E in America?
    «George Lucas ama i miei disegni. Nella serie "True Detective" compare un mio lavoro. Tornando alle donne, Monica Bellucci mi chiese un ritratto e io andai a casa sua a farlo. Con mia moglie Luisa: non mi avrebbe mai lasciato andare a casa della Bellucci da solo».
     

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    Ha incontrato le sorelle Giussani, le creatrici di Diabolik?
    «Come no. Una sera andai a cena a casa loro, una villa in campagna con tanto di servitori in livrea. Io adoravo quelle due signore, così "Milano-bene", così eleganti che, però, a tavola, facevano conversazioni tipo "Ma come lo sgozziamo quello lì?". Oppure "No dai, quell'altro deve sparire per forza". Insuperabili».

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    L'amicizia con Fellini. Cosa è stata per lei?
    «Moltissimo. Mi telefonò quando vide un mio disegno su Epoca che raffigurava uno dei suoi famosi sogni. Lo colpì perché non misi la parola "fine", cosa che lui odiava: gli ricordava quando, da ragazzino, si rifugiava nella magia del cinema e ad un certo punto sullo schermo compariva inesorabile la scritta "The end"». Avete lavorato tanto assieme.
     
    Che rapporto avete imbastito negli anni?
    «Le racconto un aneddoto. Una volta raggiunsi lui e Giulietta a Chianciano, dove stavano "passando le acque" come si diceva una volta. Lavorammo fino a tardi, tanto che tornare a Milano per me sarebbe stato difficile. Federico cominciò a cercarmi una stanza in albergo ma il suo era tutto pieno e così anche gli altri. Allora fece portare una branda in camera loro e così io dormii una notte con Federico e Giulietta , nella stessa stanza. Fu surreale ma capii una cosa: io avevo la stessa età del figlio che loro avevano perso. Gli mancava moltissimo».

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    Manara, abbiamo parlato dei simboli anti-erotici. Qual è secondo lei, invece, il simbolo dell'erotismo contemporaneo, in un esempio al femminile?

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    «Kristen Stewart. Mi piace quella profonda malinconia, quell'ombra che le vedo negli occhi. Se una persona non mi incuriosisce non c'è eros. E lo dice uno sposato - molto felicemente - dal 1970».

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