1 - «A SANREMO DIRIGE PURE CHI HA IMPARATO CON IL COMPUTER»
Maurizio Caverzan per “La Verità”
MIMMA GASPARI
Gianni Morandi, Renato Zero, Enzo Jannacci, Paolo Conte, Nada, Riccardo Cocciante: sono solo alcune delle star per le quali Mimma Gaspari ha lavorato. Come press agent, autrice, consulente per l'immagine. Insomma, è stata la consigliera dei grandi della musica italiana.
Dopo ‘’Penso che un «mondo» così non ritorni mai più’’, sempre per Baldini+Castoldi ha appena pubblicato ‘’La musica è cambiata?! Dite la vostra che io ho detto la mia’’, quasi 600 pagine di ritratti, aneddoti, interviste.
Le è piaciuto Sanremo?
«A tratti sì. Alcune canzoni mi sono piaciute molto. Mi è piaciuta Drusilla Foer. E poi, ovviamente Gianni Morandi, la più bella voce italiana; la seconda è quella di Blanco».
Che voto, da 0 a 10?
«Darei un sette e mezzo, anche otto».
Il merito principale di Amadeus è stato mescolare generazioni musicali diverse?
«Direi di sì. Però, non ho capito se sceglie da solo le canzoni, con l'aiuto di Gianmarco Mazzi o di una commissione. In passato c'era una commissione, mi chiedo se sarebbe meglio che ci fosse ancora».
Perché questa domanda?
MIMMA GASPARI COVER
«Parlando in questi giorni con Pippo Baudo, mi raccontava che ai suoi tempi, dopo un'iniziale scrematura, una commissione sceglieva un certo numero di canzoni da mandare al Festival. Gianni Ravera voleva avere nel cassetto sempre sette o otto pezzi forti».
La selezione di questo Festival era modesta?
«No, il pregio di Amadeus è avere mescolato. Ma Sanremo deve avere grandi canzoni, come per esempio Brividi. In passato c'erano interpreti come Riccardo Cocciante, Renato Zero Quando nel 1968 Sergio Endrigo vinse con Canzone per te si rammaricò: "Era meglio se arrivavo secondo"».
Ha avuto anche lei la sensazione che l'esibizione di Cesare Cremonini fosse una spanna sopra quelle di molti concorrenti?
«Senz' altro. Cremonini è bravissimo, è un animale da palcoscenico, ha bei testi. Ma io sono bolognese e dunque di parte. Morandi, Lucio Dalla, Francesco Guccini, Luca Carboni, gli Stadio, Ligabue, anche Samuele Bersani, che è di Cattolica diciamo che la scuola emiliano-romagnola ha dato molto alla canzone italiana».
mimma gaspari con tony williams dei platters 1964
Lei è stata vicina a star come Renato Zero, Conte e Morandi, ma nel suo libro parla con competenza di Salmo, Marracash, Rkomi, Achille Lauro... Perché è così interessata al rap e alla trap?
«La curiosità per la musica non muore mai. Voglio capire perché questi rapper hanno tanto successo».
E come si risponde?
«Ancora non l'ho capito bene. Ci sono situazioni diverse. Per esempio, Blanco ha una voce eccezionale. Alcuni testi sono interessanti, ma è molto difficile cantarli, mentre Poesia di Cocciante la canto anche ora dopo 50 anni».
Quindi non si spiega il successo del rap?
«Ai giovani piace molto questo genere, ma non sanno chi sono Lucio Battisti e Adriano Celentano. I ragazzi di oggi sono insicuri, déracinés, sradicati. Perciò si riconoscono in questi "fiumi di parole". Dove si trovano bei testi come L'Albatro di Marracash, che però è incantabile. Forse è musica da ascolto».
Da ascolto?
«Indie e trap più del rap».
emma marrone francesca michielin
Tornando alla domanda del libro che accompagna con punto interrogativo ed esclamativo, la musica è cambiata in meglio o in peggio?
«Probabilmente in peggio, non poter cantare le canzoni è un grande difetto. I rapper cantano troppo velocemente».
Come si fa a cantare un rap sotto la doccia?
«Impossibile, per questo dico che è musica da ascolto».
Come il jazz o Ludovico Einaudi?
«Non ascolto nel senso classico. A volte il rap ha testi pesanti, come Suicidio di Faust' O, difficile da cantare per noi adulti».
Ecco, per gli adulti è più difficile il salto dalla canzone classica al rap o quello dal mondo analogico al digitale?
nada mimma gaspari
«Domandona. Ormai si è obbligati a diventare digitali, almeno un po'. Entrare nella metrica rap invece è facoltativo e facciamo più fatica perché abbiamo sentito tanta musica importante. Invece, i rapper non conoscono Quando finisce un amore di Cocciante, per dire. Per questo nel libro ho suggerito 250 canzoni da ascoltare prima di lanciarsi come autori».
Condivide il tifo della critica per Mahmood e Blanco?
«Non sono una giornalista, ma condivido. Certo, preferisco Morandi, però Mahmood e Blanco sono affascinanti ed esprimono una fusione molto forte».
È davvero la migliore canzone del Festival o piace perché contiene altri messaggi?
«Può darsi, ma non ne sono sicura. In questo Festival ne abbiamo visti parecchi di questi messaggi. Avrei scelto canzoni più propriamente italiane, forse non ce n'erano abbastanza. Ma non voglio giudicare chi sceglie le canzoni. Non mi hanno mai coinvolto nella selezione del Festival, anche se me ne intendo, lo dico senza falsa modestia».
Nel 2019 la giuria di qualità sovvertì l'esito del televoto che aveva scelto Ultimo facendo vincere Mahmood.
«Ultimo ottenne il 49% dei voti, Mahmood il 15%».
EMMA FRANCESCA MICHIELIN
In una prospettiva generazionale, il televoto premia sempre i concorrenti più giovani?
«È anche una delle mie curiosità: il televoto si concentrerà sui rapper?».
Perché l'hip hop nato nei ghetti neri ora, diventato urban, conquista un palco nazionalpopolare come l'Ariston?
«Il gangsta rap è espressione della protesta dei neri contro i bianchi, tanto che i neri si arrabbiarono parecchio quando Eminem se ne impadronì. Adesso il rap è diventato un ritmo più che l'espressione di una protesta antirazzista».
Non sarà anche perché i rapper italiani sono sensibili alle sirene del mercato e dei media?
venditti de gregori
«Molti si affermano perché si postano su Spotify e vengono segnalati alle case discografiche. È un sistema per sfondare molto diverso da quello di una volta. Oggi le canzoni sono meno verificate».
Fedez, J-Ax, Sfera Ebbasta nati nei centri sociali sono diventati fenomeni mediatici.
«A 51 anni J-Ax è considerato lo zio del rap. Dai centri sociali alle prime serate tv il salto è vertiginoso. Molti di questi ragazzi sono figli di operai che arrivano dal Sud. Studiano informatica, ma quasi nessuno finisce la scuola. Con i social la strada per il successo è più breve».
Sbaglio o Achille Lauro è uno di quelli che le piace meno?
mimma gaspari
«Non sbaglia. Ho lavorato dieci anni con Renato Zero che è sempre stato molto scenografico. Mi diceva: "Non penseranno che ho copiato David Bowie Ho cominciato prima di lui". Soffriva perché non superava mai il provino per andare in televisione. Prima o poi mi chiamerete per fargli fare dieci sabati sera, dicevo ai capi della Rai. Infatti. A differenza di Renato che scriveva sempre grandi testi, Lauro fa passare canzoni modeste attraverso la messa in scena».
Prevalgono l'immagine e il glamour sulla qualità della musica?
«A volte mi sono occupata anche dell'immagine. Ai tempi di Il cuore è uno zingaro, copiandolo da Via col vento, suggerii a Nada un vestito bianco che andò su molte copertine. L'immagine deve aiutare la canzone, non sovrapporsi».
mimma gaspari con gianni morandi
Cosa pensa dei Måneskin?
«Li trovo bravissimi, Coraline dimostra che sanno fare anche canzoni diverse».
Ritiene giustificata questa estasi diffusa?
«Mi chiedo perché hanno successo in tutto il mondo. Forse non sono il vero rock, ma in Italia è tanto che non c'è un vero gruppo rock e loro riempiono questo vuoto».
Un tempo il successo di un artista si costruiva in anni di studio e con il lavoro di produttori, autori, arrangiatori, discografici: oggi?
«Oggi più che costruire ci si posta. Se va va, se no pazienza».
I followers sui social hanno preso il posto di casting e provini?
antonello venditti de gregori
«Morandi ha 2 milioni di followers, ma sono persone che lo amano. Io ho fatto tanti provini alla Rca con produttori, musicisti e arrangiatori, era un lavoro d'équipe. Se non si era tutti d'accordo, la canzone non passava».
Che cosa ha pensato quando ha visto Francesca Michielin dirigere l'orchestra del Festival?
«Non ho ben capito come mai fosse in grado di farlo. Io ho studiato tre anni pianoforte, ma poi ho smesso perché non me la sentivo. Mi chiedo se abbia seguito dei corsi di composizione o di direzione d'orchestra».
MIMMA GASPARI
Consegnarle il podio di Sanremo squalifica il ruolo dei direttori e legittima la presunzione dei millennial?
«Ho sentito Enrico Melozzi, il direttore d'orchestra dei Måneskin, dire che ha imparato studiando su Internet. S' impara a dirigere con il computer».
Con dei tutorial?
«Forse. Il direttore dei Måneskin ha fatto tante direzioni, so che suona anche il violoncello. Io ho sempre sognato di suonare, vedo che tanti ci riescono, ma a volte mi sembrano dei miracoli».
Che ricordo ha di Ennio Morricone conosciuto alla Rca?
«È uno degli uomini più adorabili che ho incontrato».
Parlando di umiltà e applicazione...
«Lo incontravo al bar della Rca, dove passavano musicisti, autori, artisti. Lui aveva ascoltato la mia traduzione di Exodus e mi chiese: "Signorina, sarebbe disposta a fare una canzone con me?". Pensavo di sognare, era il 1966. Mi precipitai e insieme scrivemmo Occhio per occhio che fu portata al Cantagiro da Maurizio Graf».
Ha visto il documentario che gli ha dedicato Giuseppe Tornatore?
«Ancora no. È rimasto solo due giorni, ma appena tornerà al cinema andrò a vederlo».
antonello venditti lucio dalla claudio baglioni simona izzo francesco de gregori
Ha mai tentato di convincere Paolo Conte a partecipare a Sanremo?
«Impossibile. Però Conte ha scritto per altri. Azzurro l'aveva scritta da solo, ma poi fu Vito Pallavicini a farla cantare a Celentano. Il Clan era molto selettivo nella scelta delle canzoni. Pallavicini andò con un registratore Geloso a farla ascoltare ad Adriano attraverso la finestra aperta mentre faceva la doccia».
Tra i tanti con i quali ha collaborato a chi è più affezionata e perché?
«Ero diventata grande amica di Jannacci. Un po' perché parlavamo in dollari».
In che senso?
«I dirigenti della Rca la ritenevano una gag, ma io li convinsi a pubblicare Vengo anch' io. Vendette 600.000 copie e Jannacci diventò ricco. Così quando gli telefonavo mi diceva: "Parliamo in dollari?"».
JOVA MORANDI
Con Conte che rapporto ha?
«Affettuoso. Mi chiama la dama en bleu marine, alla sua maniera. Ci scriviamo e telefoniamo ancora».
Tre canzoni che porterebbe in un'isola deserta?
«Vieni via con me, Un mondo d'amore e Vengo anch' io».
E l'artista con cui conversare per ingannare le lunghe giornate?
gianni morandi
«Con Morandi, anche lui bolognese, mi sembrerebbe di tornare alle origini».
"LA MAGA DI PATTY PRAVO. LA TUTA LEOPARDATA DI ZERO. E LA DURA CRISI DI MORANDI"
Alessandro Ferrucci per “il Fatto quotidiano”- Estratto
Renato Zero.
(Ride) Una delle prime volte che lo vidi fu all'inizio del 1968. Non aveva ancora 18 anni. Ma entrò al bar della RCA come se fosse già un grande personaggio, uno noto a tutti, coperto da una tuta leopardata di velluto aderente, con le piume intorno al collo. Era l'ora di pranzo, accanto avevo tre muratori in pausa: a uno di loro cadde dalle mani la michetta con la mortadella.
Mia Martini.
Intorno a lei c'è stato il vero orrore; (cambia tono) negli anni Ottanta stavo in Fonit Cetra e lei era una delle artiste del gruppo; un giorno la vado a trovare: viveva nell'appartamento del suo parrucchiere, un luogo molto modesto, spoglio; lei giù di morale, senza soldi né voglia di ragionare sulle prospettive. Poi andammo a Sanremo con Almeno tu nell'universo, ma per portarla fu una lotta incredibile: non la volevano.
gianni morandi 1
Patty Pravo
Negli anni Sessanta ho visto Patty Pravo spendere un milione e mezzo tra rossetti e occhiali da sole. Proprio per la Pravo ho rischiato il licenziamento; dopo aver conquistato la classifica, iniziò ad affidarsi a una maga-astrologa. Tutto passava da questo soggetto, ogni decisione, pure quotidiana; i cantanti, specialmente le donne, sono molto soli e si affidano a soggetti strani.
Gianni Morandi.
patty pravo
‘’Canzoni stonate’’ l'ho scovata io e quel brano l'ha salvato; (pausa) non trovavo qualcuno che scrivesse per lui. Si tiravano tutti indietro; lo stesso Lucio Dalla veniva da me e pensava di dovermi sollecitare: "Mimma trova un repertorio per Gianni". "Mi dai una tua canzone?". Macché. Erano tutti bravi a parole, e poi c'era De Gregori che era in causa con Gianni. Gianni incise un medley con dentro un minuto di un pezzo di Francesco che per questo lo ha portato in tribunale: "I miei brani vanno cantati interi". Il giudice s' incazzò: "Non ho tempo da perdere".
La vita in RCA .
C'era sempre il conflitto tra noi e il reparto vendite: per loro ovviamente contavano solo i risultati immediati, così volevano cacciare Lucio Dalla, oppure arrivavano pessimi feedback su Rimmel di De Gregori e Margherita di Cocciante. Per loro Vengo anch' io non era una canzone.
renato zero 9
De Gregori e Venditti
Ognuno controllava quanto vendeva l'altro. Erano diventati una leggenda eppure non fu semplice portarli in RCA. Erano di estrema sinistra, quindi non rappresentavamo il loro ideale; anche in quel caso fu fondamentale Melis: "Ci penso io, basta un pranzo". Al caffè avevano firmato.
Frank Sinatra.
Pessimo carattere, faticammo anche a riempire la sala per il concerto. Ma una volta sul palco capii perché era il numero uno.
paty pravo 1 CELENTANO CONTE paolo conte adriano celentano patty pravo negli anni 70 patty pravo renato zero 8 patty pravo 11