Carlo Cambi per “Libero Quotidiano”
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Nel rimpiastro - in Toscana l’impiastro è una cosa appiccicaticcia e mal riuscita - di governo che Matteo Renzi sta preparando c’è una casella che nessuno vuole toccare e che invece andrebbe azzerata sia per ragioni di scarsa performance di chi la occupa sia, ancora di più, per ragioni di opportunità. Ma Matteo Renzi a mettere in discussione il ministro del Lavoro Giuliano Poletti non ci pensa neppure.
Le ragioni sono tre. La prima è che Renzi vuole evitare di sottoporre il «rimpiastro» al voto del Parlamento. La seconda è tutta interna al Pd: intaccare Poletti vuol dire alienarsi l’Emilia Romagna e ridare fiato perciò ai bersaniani. La terza è che se si tocca Poletti si perdono le cooperative e Dio solo sa quanto servano anche al rottamatore Renzi i soldi e le potenze della Confindustria rossa.
SALVATORE BUZZI - GIULIANO POLETTI
Eppure è proprio sul caso coop che il rubicondo Poletti meriterebbe di essere mandato a casa. Il Presidente della Repubblica avrebbe concesso un caveat a Renzi per rimpastare senza passare dalle Camere: non toccare ministeri chiave. Il ragionamento è: l’interim delle infrastrutture viene solo redistribuito, il dicastero degli Affari regionali è senza portafoglio dunque si può evitare di tornare alle Camere per la fiducia. Ma se si tocca anche il Lavoro? Non si capisce come mai l’opposizione e segnatamente Forza Italia non faccia una battaglia su questo punto.
SALVATORE BUZZI E GIULIANO POLETTI
Eppure di motivi ce ne sono a bizzeffe. Basterebbe mettere in fila le ultime inchieste che riguardano le Coop rosse. Che c’entra il ministro del Lavoro? Giuliano Poletti il giorno prima di salire al dicastero di via Flavia era il presidente della Lega delle Cooperative. Insomma, il capo della Confindustria Rossa. In base al teorema tante volte applicato a Silvio Berlusconi è da chiedersi se Poletti poteva non sapere di come le sue cooperative rosse facevano affari con il potere.
Per paradosso la risposta l’ha fornita lo stesso Poletti quando ha affermato: «Sono orgoglioso di rappresentare 12 milioni di soci, un milione e mezzo di occupati e 80mila imprese». Era il 25 febbraio 2014, la dichiarazione gli è scappata a Ballarò e non si è capito bene se Poletti parlasse ancora da capo della Lega rossa o da ministro del Lavoro.
BUZZI POLETTI
Ma se Poletti è così orgoglioso - e giustamente visto che le cooperative sono comunque un patrimonio del Paese - di rappresentare le 80mila imprese vuol dire che si sente di rappresentare anche la Manutencoop di Claudio Levorato - suo concittadino - presunto dominus di tutte le tangenti dell’Expo, di tutelare la 29 Giugno di Salvatore Buzzi (inchiesta Mafia Capitale) e la Cpl Concordia di Roberto Casari (gas di Ischia) solo per citare le ultime inchieste. E se Poletti le rappresenta poteva non sapere?
Ma c’è un altro motivo per cui Poletti dovrebbe lasciare. È il fallimento delle politiche del lavoro certificato dall’Istat . Il 30 marzo il ministro dichiarava: «Quest’anno per le assunzioni ci sono 1,9 miliardi di sgravi e questo potrebbe portare fino a un milione di posti di lavoro». Berlusconi è stato impiccato alla sua promessa del milione di posti di lavoro in tempi in cui di crisi neppure si sentiva un refolo, e invece a Poletti gliela hanno perdonata.
Anzi l’hanno applaudito. Peccato che il giorno dopo le statistiche abbiano sancito che il tasso di disoccupazione è tornato al 12,7%, dopo il calo a gennaio al 12,6%. Basta? No. Perché Poletti appena venti giorni fa sulle pensioni ha affermato: «La legge Fornero ha evidenziato alcuni limiti. È molto rigida e con uno scalino molto alto. Abbiamo bisogno di ridurre gli elementi di rigidità e trovare una risposta alle problematiche sociali più acute».
claudio levorato manutencoop
Ma appena una settima dopo il roboante annuncio lo stesso Poletti ha corretto il tiro: «Per intervenire bisognerà tenere d’occhio i conti pubblici e quindi attendere la Legge di Stabilità». Ma anche un po’ più in là visto che Tito Boeri, neopresidente Inps, annuncia non prima di giugno una proposta di riforma che sarà ispirata a questi criteri: «Penso ci debba essere più flessibilità per l’accesso alla pensione, ma dentro regole sostenibili». Capito? Mentre le coop di cui Poletti è orgoglioso rappresentante anche da ministro fanno fare gli straordinari alle Procure i futuri pensionati devono sostenibilmente attendere e Poletti resta, anche nel rimpiastro annunciato, al suo posto.