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    “MIO FIGLIO È ANDATO AL PINCIO PER NOIA DOPO IL LOCKDOWN È ALLO SBANDO”, PARLA IL PAPÀ DI UNO DEI 3 GIOVANI INDAGATI PER LA MAXI-RISSA E ACCUSATI DI LESIONI: “NON SAPEVO CHE ANCHE LUI FOSSE LÌ”. SECONDO GLI INVESTIGATORI, C'ERA ANCHE LUI QUEL POMERIGGIO INSIEME AI 400 GIOVANISSIMI. ALL' UOMO I CARABINIERI HANNO RITIRATO UNA PISTOLA: “SONO UN OPERATORE DELLA SICUREZZA. QUEL POMERIGGIO STAVO LAVORANDO. ALLERTA SOCIAL PER NUOVI RADUNI. LA PREFETTURA: CONTROLLI RAFFORZATI IN CENTRO E ALL’EUR - VIDEO


     
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    RISSA PINCIO WELCOME TO FAVELAS RISSA PINCIO WELCOME TO FAVELAS

    Alessia Marani Camilla Mozzetti per "il Messaggero"

     

    Dopo meno di una settimana dal fattaccio, il cerchio inizia a chiudersi e sul registro degli indagati finiscono due adolescenti e un maggiorenne.

     

    Si delineano i contorni, le presunte responsabilità di chi nel pomeriggio di sabato 5 dicembre ha dato il via alla maxi-rissa tra giovanissimi sulla terrazza del Pincio. Intanto la Prefettura è pronta a varare un piano di controlli straordinario per evitare che scene analoghe possano ripetersi. C' è un tam tam sui social con post che fissano per oggi e domani per nuovi raduni e possibili vendette.

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    Eventi da scongiurare. Ieri le linee generali del piano anti-assembramenti sono state coordinate con i vertici di polizia, carabinieri e municipale, nella riunione del comitato per la sicurezza e l' ordine pubblico.

     

    La Procura minorile di Roma, dunque, ha iscritto per il momento sul registro degli indagati due ragazzini accusati di lesioni personali aggravate dopo che un loro coetaneo è stato picchiato riportando la frattura del setto nasale e una prognosi di 30 giorni. A loro si aggiunge un terzo, sempre minorenne, 16 anni, della periferia Est, indagato anche lui per il pestaggio successivo dentro la stazione della metro Flaminio. Le botte iniziate sulla terrazza, sono infatti proseguite sulla banchina dei treni dove, il ragazzo con la tuta rossa filmato nei video, dopo avere innescato la scintilla al Pincio, questa volta ha avuto la peggio.

     

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    I minori della rissa al Pincio hanno 14 e 15 anni e un trascorso con la vittima risalente a non più di tre mesi fa sempre per un' aggressione avvenuta in strada a Cinecittà a cui all' epoca seguì già una denuncia. I carabinieri della Compagnia Roma Centro sono risaliti a loro grazie alle testimonianze raccolte, compresa quella dell' adolescente con il setto nasale rotto, ai filmati caricati sui sociali e, infine, alle deposizioni rese in caserma da altri giovani identificati ed ascoltati finora.

     

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    Nelle loro case i militari hanno sequestrato i cellulari e trovato gli stessi indumenti che indossavano al momento delle scazzottate. Il conto finale tuttavia potrebbe aumentare: a ieri i giovani rintracciati erano almeno otto e il numero degli indagati potrebbe aumentare. L' inchiesta dei carabinieri va avanti - si cerca la scintilla che potrebbe riguardare il tentato furto di un cellulare - ma non tocca solo quanto accaduto al Pincio. Sotto la lente degli investigatori sono finiti altri pestaggi avvenuti in passato e rintracciati sui social che potrebbero avere come protagonisti gli stessi giovani.

     

    Il 14enne e il 15enne vivono entrambi nell' area Sud-Est di Roma.

     

    Uno, il 15enne, quello che aveva la tuta rossa, è diventato celebre sui social per i video caricati che lo vedono come protagonista di altre aggressioni in strada e nel quartiere (ad agosto, per esempio, picchia un ragazzo: lo fa cadere a terra e gli sferra un calcione in volto che gli fa volare gli occhiali), mentre al padre del 14enne - una guardia giurata - sempre i carabinieri l' 8 dicembre hanno sequestrato una pistola dopo che il Questore Carmine Esposito ha firmato un provvedimento di ritiro cautelare.

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    L' uomo ha infatti due figli, il 14enne finito sul registro degli indagati e un altro, diciassettenne, che avrebbe già diversi precedenti alle spalle. La questione Pincio è stata esaminata ieri durante la riunione del comitato convocato dal prefetto Matteo Piantedosi.

     

    La reazione delle forze dell' ordine all' evento è stata forte: tutti o quasi i partecipanti sono stati identificati, chi ha sbagliato pagherà. Ma l' allerta rimane alta. Innanzitutto verrà riproposto il modello di controllo anti-assembramenti sulle strade dello shopping (questa volta, però, potrebbero riaprire anche i megastore e i mercati all' aperto) con contingentamenti stop&go nel Tridente e in Prati, presìdi all' Eur e Trastevere, l' elicottero in volo. Nello scorso fine settimana erano state controllate 20mila persone e 8mila esercizi commerciali.

     

    «MIO FIGLIO CI È ANDATO PER NOIA DOPO IL LOCKDOWN È ALLO SBANDO»

    Flaminia Savelli per "il Messaggero"

     

    «Non lo so cosa è accaduto, devo ancora capire il ruolo di mio figlio», scuote la testa mentre risponde e racconta. E lo fa partendo dall' inizio, o dalla fine a seconda dei punti di vista. «Fino all' arrivo dei carabinieri a casa, non sapevo nulla né del maxi raduno del Pincio né che mio figlio fosse lì». Si appoggia all' auto parcheggiata sotto casa, un ferro di cavallo che corre lungo la via Casilina. Alle quattro del pomeriggio la strada è semi deserta, i palazzi alle spalle silenziosi.

     

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    A raccontare, almeno parte della storia, è il padre di uno dei tre ragazzini indagati per lesioni. Secondo gli investigatori, c' era anche lui quel pomeriggio insieme ai 400 giovanissimi.

     

    All' uomo i carabinieri hanno ritirato l' arma, una pistola: «Sono un operatore della sicurezza» precisa questo padre, dagli occhi azzurri e lo sguardo stanco mentre tira fori il cellulare per mostrare i turni di lavoro: «Sono in servizio per 12 ore al giorno a Cinecittà», nella zona dove è allestita la struttura del Grande Fratello: «Quel pomeriggio ero a lavoro, non so perché credano che fossi lì». Poi la conversazione devia sul ragazzo ora indagato, appena 14enne iscritto al primo anno di un istituto professionale. E il racconto accelera.

     

    «Prima del Covid F. non l' aveva neanche mai vista la strada, si allenava con i suoi compagni di squadra di pallanuoto per quattro volte a settimana. Il fine settimana era in vasca per le gare. E noi, i genitori, sugli spalti a fare il tifo. Lo dico per far capire che è seguito. Ma sono sincero, i ragazzi sono allo sbando non sanno che fare, si annoiano. Adesso voglio capire cosa è accaduto». Il clima in famiglia è teso: «Non ho ancora parlato con lui, mi devo calmare. Per il momento non esce di casa».

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    Secondo quanto riferito dal padre, il ragazzo rientrato a casa quel pomeriggio, non avrebbe detto nulla su quanto avvenuto. E i genitori non avrebbero notato nulla di particolare nel suo atteggiamento. Sono stati i militari, durante gli interrogatori, a mostrare le prove raccolte. Tra questi anche gli indumenti di F., una maglietta nera e delle scarpe bianche. «Per intenderci- dice il padre- mio figlio non ha nulla a che vedere con il ragazzo con la tuta rossa che è stato ripreso in tanti video. Non è lui. E a dire la verità- aggiunge- è da quando sono stato informato sui fatti che cerco video e foto: F.

     

    non è in nessuna di quelle immagini. È chiaro, se mio figlio ha fatto qualcosa voglio saperlo». Ma c' è un punto ancora da chiarire.

     

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    E cioè il cellulare del ragazzo che, in questa indagine, può rappresentare un elemento chiave: «Se avessi saputo che era lì di certo avrei controllato il suo telefono. Ma è stato sequestrato insieme agli abiti». Tutte prove ora nelle mani degli investigatori incaricati di ricostruire la vicenda e di risalire all' identità di chi ha organizzato l' incontro: «Non credo a una regia- risponde il padre- frequentano le stesse chat, mi pare chiaro. Non si sono resi conto del guaio in cui si stavano cacciando».

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