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    "MIO FIGLIO ESCE A FARE RAPINE CON UNA BABY GANG. AIUTATEMI PERCHÉ NON SO COME FERMARLO” - LA DISPERAZIONE DI UN 52ENNE MAROCCHINO, RESIDENTE A TORINO, CHE HA CHIAMATO IL 112 IN LACRIME PERCHÉ IL FIGLIO 16ENNE FA PARTE DI UNA BABY GANG: “NON RIESCO A TENERLO IN CASA. IO LO SO, CHE SE ESCE, VA CON DELLE BRUTTE COMPAGNIE” – QUALCHE SETTIMANA DOPO, IL RAGAZZO È STATO ARRESTATO PER AVER RAPINATO, CON ALTRI QUATTRO, UN 13 DISABILE PUNTANDOGLI UNA LAMA ALLA GOLA...


     
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    Estratto dell’articolo di Elisa Sola per “la Stampa”

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    Ha 52 anni. Fa l'operaio metalmeccanico. Varca l'ingresso del tribunale dei minori quando ha finito il turno. […] Sussurra qualcosa alla moglie avvolta nell'hijab. Vede il figlio arrivare scortato dalla polizia. Ha sedici anni e i riccioli castani. Ha rapinato, con altri quattro, un tredicenne disabile puntandogli una lama alla gola. […] Una delle innumerevoli rapine commesse da quelle che, a volte impropriamente, chiamiamo baby gang.

     

    Il padre […] aveva capito già ad aprile, prima che accadesse il peggio, che suo figlio stava per fare del male a qualcuno. Quella sera, disperato, aveva chiamato il 112. «Venite per favore. Non riesco a tenere mio figlio in casa. Lui vuole uscire a tutti i costi. Io lo so, che se esce, va con delle brutte compagnie. Non riesco a fermarlo. Aiutatemi». […] Nessuno, ovviamente, aveva bloccato il ragazzo dentro alla sua cameretta, visto che non aveva commesso reati.

     

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    Qualche settimana dopo, il 6 luglio alle 22.17, quello che temeva il padre è avvenuto. Il figlio è finito nelle manette delle volanti della polizia. Arrestato in piazza Statuto con quattro ventenni - difesi dall'avvocata Federica Galante - per avere accerchiato tre studenti, infierendo sulla vittima più fragile: un tredicenne disabile dalla nascita. […] Il sedicenne è l'imputato che ha la posizione più grave. Quella sera aveva una bomboletta di spray al peperoncino, ovvero un'arma. E aveva già commesso reati: un'altra rapina a dicembre, a Vercelli. Con altre tre bombolette. E altri tre amici.

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    Il giorno dell'udienza per l'ultima rapina è stato anche il giorno del racconto di un padre impotente. «Non so più come fare con mio figlio. Non fa niente durante il giorno. Si sveglia alle undici dopo aver passato tutta la notte al cellulare. Quando si sveglia si attacca ai video giochi. La sera esce con gli amici. Nella sua stanza non può entrare nessuno. Nè io nè mia moglie. Non riusciamo a fare niente per evitare che esca con brutte compagnie. In passato non era così. Ma adesso ci vorrebbe un miracolo per farlo cambiare».

     

    Parla con la voce di un uomo rassegnato. Scoppia a piangere, e con lui la moglie, quando il giudice gli chiede come mai, in qualità di genitori, non si impongano. Come mai non gli tolgano il telefonino. «Non ci riesco», risponde. «Non so più come tenerlo. Una volta era un ragazzo bravo e intelligente. Ho altri tre figli più piccoli. Io lavoro e mia moglie si occupa di loro. Guadagno 1500 euro lordi. Non faccio mancare niente a nessuno. Se gli do la paghetta? Sì, quello che riesco. Venti euro quando esce la sera. A settembre l'ho iscritto ad una scuola privata. Perché il mio unico desiderio è che studi. Mi è costato più di uno stipendio».

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    […] Ma il giovane è stato espulso dopo aver aggredito un compagno. «Da quel giorno tutto è peggiorato», confessa il papà, di origini marocchine ma che parla benissimo l'italiano, con la cittadinanza e una casa popolare appena assegnata. Paradossalmente non è stata una fortuna avere quella casa.

     

    «Prima vivevamo in centro e andava meglio - ammette - ma da quando ci siamo trasferiti alle Vallette mio figlio ha conosciuto dei ragazzi che lo trascinano a fare cose brutte. Esce con loro e non so dove vada. Io non voglio, ma è impossibile fermarlo». […]

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