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    "I MEDICI DISSERO A MIO PADRE CHE NON AVREBBE PIÙ FATTO CONCERTI, MA LUI RIUSCÌ A RIBALTARE QUESTA DIAGNOSI” - IL FIGLIO DI PINO DANIELE, ALESSANDRO, RACCONTA IL CANTAUTORE IN UN LIBRO: "VIVEVA LA POPOLARITÀ IN MANIERA CONFLITTUALE. ERA LEGATO AI SUOI FAN, MA QUALCHE VOLTA L'AGGRESSIVITÀ DI QUELLI CHE CONTESTAVANO LA SUA EVOLUZIONE ARTISTICA LO FERIVA. LA CANZONE 'QUANNO CHIOVE' NON VOLEVA INCIDERLA. I PRODUTTORI HANNO DOVUTO INSISTERE. E PENSARE CHE DA RAGAZZINO… - VIDEO


     
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    Roberta Scorranese per il “Corriere della Sera”

     

    Qual è il ricordo più vivo che ha di suo padre?

    «Quello che vorrei tenere solo per me».

    PINO ALESSANDRO DANIELE COVER PINO ALESSANDRO DANIELE COVER

     

    In realtà, nel corso di questa lunga intervista, Alessandro Daniele, 43 anni, di ricordi ne condividerà molti. Ma sempre con un riserbo gentile e colto, una ritrosia che sembra un tratto ereditario.

     

    Suo padre, Pino Daniele, era così?

    «Esattamente così. Il suo più grande problema è stato essere Pino Daniele. Viveva la popolarità in maniera conflittuale. Era legato ai suoi fan, ma qualche volta l'aggressività di quelli che contestavano la sua evoluzione artistica lo feriva».

     

    Non apprezzavano le ultime sperimentazioni musicali?

    «C'erano quelli che avrebbero voluto "congelarlo" ai tempi di Nero a metà. E glielo dicevano con durezza, a volte quasi minacciandolo. Ma la grandezza di papà è stata soprattutto quella di essersi evoluto, di non aver mai rinunciato a sperimentare».

     

    Lei ha appena scritto per RaiLibri una biografia di suo padre che ha intitolato, semplicemente, con il suo nome e cognome. Pino Daniele è mancato nel 2015, lei è diventato il custode della sua memoria?

    «Detta così suona come una cosa esagerata. Però con la Fondazione Pino Daniele, oltre a coltivare un grande archivio, promuoviamo numerosi progetti sociali. A cominciare da quelli che hanno al centro l'inclusione».

    PINO ALESSANDRO DANIELE PINO ALESSANDRO DANIELE

     

    Suo padre si è mai sentito escluso?

    «Certo. Papà è nato nei quartieri popolari di Napoli, ha avuto una famiglia con numerosi problemi, è stato allevato da due vicine di casa benestanti, ha rischiato di restare per sempre sulla strada. Parlava napoletano, da ragazzo faceva fatica ad esprimersi in un italiano corretto. E dunque, sì, si è sentito escluso nel momento in cui ha deciso di fare musica».

     

    Che famiglia ha avuto?

    «Nonno Gennaro era malato di azzardo. Sperperava soldi, trattava male sua moglie e anche i suoi figli. Eppure papà non lo ha mai abbandonato e anche quando si è ammalato ha voluto fargli sentire il calore di una famiglia intorno. Diceva che lui l'odio lo aveva conosciuto davvero e non voleva averlo intorno a sé, in nessuna forma».

     

     

    Di certo non era facile per lui coltivare dei sogni.

    «Una volta ha raccontato: "Da ragazzino volevano che diventassi ragioniere per avere il posto fisso. Con la chitarra, mi dicevano, riuscirai solo a morire di fame. Io però non l'ho mai mollata"».

    ALESSANDRO DANIELE ALESSANDRO DANIELE

     

    Nel libro lei accenna anche alla semi-cecità di suo padre.

    «Una cosa che lo ha profondamente segnato, ma che è stata anche una linfa vitale per la sua musica. Ci vedeva pochissimo, aveva delle cicatrici sul fondo oculare che gli tagliavano la visuale. Nel 1974, proprio per questo problema alla vista, venne esonerato dal servizio di leva che all'epoca era obbligatorio.

     

    Si spiega così il suo caratteristico sguardo leggermente di traverso. Vedeva male, ma non si è arreso, anzi, questo disturbo ha affinato il suo senso musicale, perché ha imparato a esprimersi attraverso le note e le parole».

     

    E ci sono stati anche i problemi al cuore.

    «Mio padre era un miracolo in movimento. Pensi che ad un certo punto della sua vita aveva una vena sola che portava il sangue al cuore. I medici gli dissero che non avrebbe più fatto concerti, ma lui riuscì a ribaltare questa perizia. Le sue canzoni erano troppo importanti».

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    È vero che «Quanno chiove», uno dei suoi successi maggiori, nemmeno voleva inciderla?

    «Verissimo. Aveva accennato la musica al telefono ma non era convinto, i produttori hanno dovuto insistere. E non tutti sanno che Anna verrà , un altro grande successo, era stata scritta per Marco Armani. E sa perché? Perché voleva che fosse un giovane a cantarla sul palco di Sanremo! Poi però non se ne fece nulla».

     

    Pino Daniele ha trasformato il napoletano in un linguaggio universale. Però ha cantato anche in inglese.

    «Questo passaggio lui lo spiegava così: "Nella mia musica c'è il grande patrimonio della musica tradizionale e popolare, ma anche molte cose nuove, è un modo per portare la melodia tradizionale al di fuori di Napoli e se canto in inglese ogni tanto è proprio per far capire Napoli anche fuori dall'Italia"».

     

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    E poi ci sono le grandi amicizie, per esempio quella con Massimo Troisi.

    «Amicizia e complicità. Ma tra di loro c'erano anche grandi silenzi, che sono l'emblema della complicità».

    Ad un certo punto lui e sua madre, Dorina Giangrande, si sono separati. Lei, Alessandro, come l'ha presa?

    «Ricordo il giorno in cui lui me lo disse. Risposi che se non andavano più d'accordo quella era la scelta migliore. Oggi sto cercando di ricomporre anche un legame con i figli che lui ha avuto dalla sua seconda unione. Penso che a lui farebbe piacere».

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