DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Sara Gandolfi per www.corriere.it
Edgar Ray Killen è morto a 92 anni. Era rinchiuso dal 2005 in una prigione federale per una condanna a sessant’anni di carcere. Edgar non era un vecchietto qualsiasi: era un ex leader del Ku Klux Klan — l’organizzazione razzista e violenta che si stima abbia avuto fino a due milioni di membri negli anni Venti — responsabile della brutale uccisione nel 1964 di tre giovani attivisti per i diritti civili degli afroamericani. Un omicidio che scioccò gli Stati Uniti, facilitò il passaggio del Civil Right Act nello stesso anno e fu poi magistralmente raccontato nel 1989 dal regista Alan Parker nel film-premio Oscar Mississippi Burning, le radici dell’odio.
La scomparsa
«Mississippi Burning» (MIBURN): questo era il nome in codice dato dall’Fbi all’indagine che portò soltanto quarant’anni dopo alla condanna di Ray Killen. Le vittime dell’odio razzista— James Chaney, Andrew Goodman e Michael Schwerner, tutti poco più che ventenni — erano membri del Congresso per l’uguaglianza razziale e in quell’estate del 1964 si trovavano nello stato del profondo Sud americano per convincere gli afroamericani ad iscriversi nei registri elettorali. Arrestati e quindi rilasciati dalla polizia locale, in una piccola cittadina a dieci miglia da Memphis , nella contea di Neshoba, nella notte del 21 giugno i tre uomini caddero in un’imboscata dei «cavalieri bianchi» del Ku Klux Klan, avvertiti dagli stessi poliziotti. Di loro non si seppe più niente per giorni, ben presto la notizia si diffuse in tutti gli Stati Uniti.
L’ordine di Bob Kennedy
A Washington, quell’anno, era ministro della Giustizia il giovane Robert Kennedy — assassinato quattro anni dopo durante la campagna per le presidenziali — che decise di inviare sul posto una squadra di investigatori dell’Fbi. I corpi senza vita, crivellati di colpi, furono ritrovati soltanto dopo sei settimane, sepolti in un terrapieno nei pressi del luogo dell’omicidio. Gli agenti federali arrestarono una decina di sospetti, incluso il vice-sceriffo della contea. Un giudice del Mississippi cercò di far cadere le accuse ma la Corte suprema bloccò il tentativo di insabbiamento: 18 uomini finirono a giudizio nel 1967 per violazioni dei diritti civili, soltanto sette furono condannati per reati minori da una giuria di soli bianchi, nessuno ha trascorso più di sette anni in carcere.
La condanna
Edgar Ray Killen, un ex predicatore battista, fu accusato di essere il mandante dell’omicidio ma il suo processo venne sospeso dopo che una giurata affermò di non poter condannare un religioso. Per quarant’anni la causa resto bloccata, finché non si aprì il nuovo processo nel 2005 presso la Corte di Filadelfia. La pubblica accusa sostenne che fu lui a organizzare il commando omicida, anche se non partecipò direttamente all’assassinio dei tre attivisti. L’allora ottuagenario Ray Killen fu condannato a tre pene di 20 anni di reclusione da scontare consecutivamente per omicidio preterintenzionale; venne portato via dall’aula in sedie a rotelle e non si pentì mai delle sue idee razziste. La sua richiesta di appello, dove affermò che nessuna giuria di suoi coetanei lo avrebbe condannato sulle prove presentate, è stata respinta dalla Corte suprema del Mississippi nel 2007.
La campagna Freedom
Nel 1961 la campagna «Freedom Riders» costituì una sfida alla segregazione, ancora vigente in Mississippi, e incoraggiò l’agitazione sociale nel sottoproletariato di colore. In quel momento alla maggior parte della comunità nera era negato il diritto al voto ed il Congresso per l’uguaglianza razziale promosse una serie di attività come le campagne per l’iscrizione nei registri elettorali e le cosiddette Freedom Schools, allo scopo di incoraggiare ed istruire i cittadini afroamericani. Il Civil Rights Act approvato dal Congresso americano nel 1964 dichiarò illegali le disparità di registrazione nelle elezioni e la segregazione razziale nelle scuole, sul posto di lavoro e nelle strutture pubbliche in generale.
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