Quirino Conti
Quirino Conti per Dagospia
In Paradiso, si sa, i tempi sono particolarmente lunghi. E talora possono trascorrere persino millenni prima di ritrovarsi dopo un primo approccio: l’eternità non favorisce le relazioni, né gli appuntamenti.
Con un’eccezione, però: un angolo particolarmente curato e molto simile al parigino Caviar Kaspia (cuoio capitonné e boiserie ovunque) nei pressi del quale, con una certa paziente costanza, non è difficile identificare un gruppo di beati eccezionalmente ben messi e decisamente loquaci. Specie nelle settimane – calcolate con umani secoli di anticipo – della Moda e in quelle, diciamo così, di presentazioni stagionali.
Christian Dior Christian Dior
Spiarli e ascoltarli è una delizia, tanto che quasi sempre in simili occasioni c’è sempre qualcuno lì intorno ad origliare pettegolezzi e birignao. Quest’anno particolarmente eccitati e giustizialisti dopo che l’erede legittima – in quanto legata da un contratto – di Christian Dior ha voluto celebrare Caterina de’ Medici con degli abat-jour come fossero jupe-parapluie.
“Un infausto scivolone?…” cercava di scusarla il pasciuto Fondatore. “Questa italienne non trova pace: una ne fa e cento ne pensa. Quest’anno, persino danzatori con tutto l’apparato en plein air...”
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“Diciamo che c’è un po’ ovunque mancanza di stile,” sibilò allora sferzante la nobilissima Schiaparelli, “e se lo dico io...”
“Ma via, è solo un gran bisogno di monacarsi,” ribatté allora tenero il grande Fondatore. “La signora adora il chiostro e ne auspica per sé la direzione” proseguì monsieur Dior: “Novizie, ecco, lei vede per Dior solo novizie. In casa Valentino, mi dicono, tutti hanno pensato altro non fosse che una fisima del suo socio di allora. Ma quando mai? Lui preferisce i tendaggi, il cortinaggio, le mantovane e la tappezzeria in genere. È proprio lei che, da badessa, sogna virginali Lolite, possibilmente stringate alla caviglia, con ricami fiorentini da testa a piedi.
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“Siete sempre così generoso, Monsieur!” intervenne allora un Yves Henri Donat Mathieu Saint Laurent esattamente come nel suo bel ritratto giovanile: alla Schiele, nudo, con occhialoni da miope, capelli fluenti e barba. “Come vostro protégé e primo sostituto, non ricordo una simile tolleranza per una svista del genere. Voi, il citazionista perfetto: nel ’47, con lo storico caraco.”
“Un pappagallo?” si intromise, un po’ stordita e civettuola, Mademoiselle Coco dal suo angolo appartato, appoggiando a conchiglia la mano attorno all’orecchio ingioiellato per una sordità incorreggibile persino tra i beati comprensori.
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La Schiaparelli ridacchiò e poi, tuonando: “Sorda! Mettiti almeno l’apparecchio che hai preteso all’ingresso!… Alla tua età, ignori persino cosa sia un caraco? Studia, vecchia pedofila!” concluse la superba Elsa senza pietà.
Un terribile tuono scosse quella pace. “E allora?” riecheggiò dall’ultimo piano (era sempre così, quando si trascendeva).
“Comunque, anche a te è toccata la condanna di un’assistente,” mugugnò il grande Créateur, “la cara Virginie! Stavolta ha consumato tutte le idee esistenti nel Creato… “.
Elsa Schiaparelli
“Colpa di una folata di vento!” biascicò Mademoiselle. “Si era preparata con tutti i disegni – mie idee, naturalmente, pasticciate poi dal tedesco… Una finestra aperta e tutto si è rimescolato così come si è potuto vedere, n’est-ce pas?”
Elsa Schiaparelli
“Zitti!” disse allora un giovanissimo Yves. “Non svegliate il molosso che dorme. Se si presenta Lagerfeld, sappiate che io vi abbandono, ” disse aspro, rinverdendo un’antica ruggine sentimentale.
E infatti, un po’ curvo per tutte le ore trascorse sui libri, quello non si fece attendere, pronunciando come solo lui sapeva fare: “Vaccarello?!? Sarà anche per questo che ne avete scuoiati tanti di bovini?”. Alludeva a una quantità di lunghi pastrani in pelle che il giovane Vaccarello, appunto, aveva appena fatto sfilare al Trocadéro, contro la Tour Eiffel.
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“Asino!” lo rimbrottò Yves.
“Tossico!” gli rispose l’altro a mezza voce, per non farsi sentire ai piani alti.
L’eterno Dior cercò di smorzare il litigio: “Che ne dite allora del nuovo Schiaparelli? Un vero festival di metallerie, una florida produzione di chincaglieria. Chissà cosa ne penserà, il produttore marchigiano, di tanto sperpero di ottoni… Si dice che nelle Marche siano un po’ tirati. Per me, l’esuberante imprenditore non arriverà neppure a Place Vendôme che già gli avranno occultato tutti i chili di metalleria accumulati. Benché anche lui, in quanto a bracciali, non scherzi…”.
Balenciaga
Un silenzio assoluto cadde su un tale collier di malignità: era apparso come in un lampo San Cristóbal Balenciaga: bello e asciutto come uno Zurbarán, pallido e con i capelli tanto ben ravviati da formare una perfetta sfera di lacca inchiostro. Tutti allora si alzarono, tra l’ossequio e la venerazione.
“Comodi, comodi,” disse lui, schivo per natura. Solo Dior osò: “Monsieur, che ve ne pare? A vostro nome, tutto quel fango e quell’aria duramente marziale... Un po’ guerrafondaio, no?”.
Balenciaga fece come se non avesse sentito, e allora l’altro continuò: “Militarismo franchista in salsa Alaïa o slavismo alla guerrigliera?”.
Silenzio.
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“Ma cosa dice l’Infiocchettatore?” sussurrò infine Balenciaga all’orecchio di un magnifico angelo che gli era accanto, tutto uno sbuffo di taffettà.
“Nada te turbe,” gli rispose l’angelo.
Dalla terra intanto saliva fino a loro un osanna assordante per qualcosa di terribile e per la folle aria di guerra che stillava ora la Moda con le sue ultime collezioni. Come se il mondo si preparasse al peggio.
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