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    I TOUR SUONATI DAL VIRUS - MOLENDINI: CHE NE SARÀ DELLA MUSICA DAL VIVO? SONO CENTINAIA I CONCERTI ''RIMANDATI'', VISTO CHE CON QUESTO TRUCCO NON BISOGNA RIMBORSARE I BIGLIETTI. MA QUANDO FINIRÀ L'EMERGENZA, LE PERSONE VORRANNO BUTTARSI IN MEZZO ALLA FOLLA O LA EVITERANNO? O SARANNO LE AUTORITÀ SANITARIE A VIETARE ASSEMBRAMENTI? LE SOCIETÀ AVRANNO I SOLDI PER RISARCIRE, VISTO CHE ''FORBES'' STIMA UNA PERDITA DA 5 MILIARDI PER IL SETTORE?


     
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    Marco Molendini per Dagospia

    marco molendini foto di bacco marco molendini foto di bacco

     

    Il virus lascerà una corona di spine in eredità alla musica dal vivo. Un lascito sanitario e un'eredità psicologica: l'effetto prolungato da paura del contatto. Sempre di più, negli anni, la musica ha vissuto sull'aggregazione, sugli appuntamenti live, sui raduni, sull'idea che più eravamo meglio era, che si andava ai concerti per stare assieme. E' accaduto con una progressione continua, da Live Aid in poi, al passo con la crisi della discografia: meno dischi si facevano, più concerti si organizzavano e con dimensioni di pubblico sempre più larghe. I concerti sono diventati l'ossigeno della musica, dell'industria e degli artisti, una miniera che ha finito per mettere nella mani di una multinazionale, che non a caso si chiama Live nation, il controllo di gran parte degli artisti.

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    I tour hanno cominciato a moltiplicarsi, intensificarsi, diventare sempre più ambiziosi, giganteschi circhi con palchi spettacolari, strutture fantascientifiche, schermi sempre abbacinanti. I cachet degli artisti sono diventati sempre più cari, un milione, due milioni a concerto, anche di più per alcune super-superstar. I biglietti hanno seguito lo stesso andamento e gli incassi dei tour sono diventati fatturati da multinazionale: negli anni 80 il top era stato A momentary lapse of reason dei Pink Floyd con 114 milioni di incasso, negli anni 2010 il record è degli U2 con il Vertigo tour e 547 milioni (solo che i Pink Floyd incassavano una media di 680 mila dollari a concerto, Bono e soci 6,7 milioni).

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    Una bolla che prima o poi sarebbe comunque scoppiata, ma il virus ci ha messo il pungiglione prima. E sta mandando all'aria non solo i progetti ma anche i portafogli. Il lungo rosario di cancellazioni e posposizioni cerca di metterci una toppa, ovviamente accompagnata da tutti gli scongiuri possibili. Ma intanto c'è da chiedersi, visto che tutti si stanno mettendo in fila per l'autunno, cosa succederà poi, quando l'autunno sarà arrivato? Il pubblico sarà in grado di seguire l'offerta? E soprattutto ne avrà voglia?

     

    Intanto c'è un primo problema: la restituzione delle prevendite. Da tempo l'industria dei concerti ha scoperto il proficuo meccanismo dell'annuncio anticipato. Si fa tutto anche a distanza di un anno e nel frattempo si cominciano a vendere i biglietti. I soldi arrivano prima, non si hanno anticipi di spese e quel che resta si può investire in altro modo. Ora la ruota si è bloccata. Si parla di una perdita da parte dell'industria musicale di 5 miliardi (stima di Forbes).

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    Ci saranno montagne di denaro da rimettere nelle tasche dei fan e del pubblico: siamo sicuri che quei soldi ci siano ancora? Non solo in Italia, ma in tutto il mondo. Le cancellazioni stanno già arrivando, in America il grande festival di Coachella ha già dato appuntamento a dopo l'estate. Lenny Kravitz ha rimandato le prime date in Australia e Nuova Zelanda. In Italia la stagione dei superappuntamenti sarebbe dovuta partire da giugno e, per ora, tutti restano sospesi da Vasco a Tiziano Ferro, a Cremonini, a Ultimo, agli stranieri, Paul McCartney, Green day, Gun's 'n roses, Red hot chili pepper, Kiss, Chemical brothers, Billie Eilish, eccetera, eccetera.

     

    RAGAZZA CON LE TETTE AL VENTO CONCERTO VASCO RAGAZZA CON LE TETTE AL VENTO CONCERTO VASCO

    I primi annunci sono tutti di rinvii, nessuna cancellazione. La posposizione è un sotterfugio che ha un bel vantaggio: i biglietti non si devono risarcire. Almeno per ora. Ma siamo sicuri che poi quegli appuntamenti si potranno recuperare? Siamo sicuri che la scia del virus non sia destinata ad allungarsi? Siamo sicuri che il rischio di contagio sparisca nei prossimi mesi? Siamo sicuri che le autorità sanitarie non emettano divieti precauzionali? Siamo sicuri che la gente avrà voglia, dopo tanta quarantena, di rimettersi in circolo come prima, come se niente fosse.

     

    Il timore è che sia finita un'epoca. Gli avvenimenti forti quasi sempre hanno determinato un cambiamento nei costumi, fratture violente e pesanti. Prevarrà la voglia di festeggiare lo scampato pericolo o la prudenza, il senso di autoconservazione? Eppoi, la crisi economica del dopovirus come lascerà le tasche del pubblico?

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