Marco Molendini per Dagospia
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Forse per Lady Gaga, 34 anni compiuti due mesi fa, è arrivato il momento di capire che cosa vuole. La sua carriera continua a oscillare pericolosamente, salta di palo in frasca, contribuisce a disegnare un ritratto sfuocato del suo talento che non sa a chi rivolgersi: replicante di Madonna, lady in jazz (con nonno Tony Bennett), attrice (A star is born, ma si è fermata), velleitaria sperimentatrice (il deludente Artpop).
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Ora, sfidando il vuoto della pandemia da corona virus, eccola uscire con un album a metà strada fra la replica di se stessa e ancora il ruolo da Lady Ciccone 2. Chromatica, è un album dalla tinta unica, sequenza di canzoni anonime, una simile all'altra, frutto di un taglia e cuci da laboratorio, tutte della stessa durata (attorno ai tre minuti), costruite con ampio ricorso all'autotune, inzeppate di suoni elettronici sostenuti da tastiere invadenti e drum machine per strizzare l'occhio alla musica house fra inutili e tronfi intermezzi, qualche duetto, come oggi comanda il mercato, dove sono coinvolti personaggi lontanissimi per età e stile come Ariana Grande (in Rain on me), Elton John (Sine from above), la coreana Blackpink, capofila del k-pop (Sour Candy). Il vuoto musicale viene condito, da testi che giocano sull'inclusività, l'uguaglianza, il senso di comunità che non riescono a riscattare la monotonia imperante,
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Chiamate il 911 (vale a dire il nostrano 113) canta Lady Gaga e aggiunge, nella stessa canzone (titolo 911): «il mio miglior nemico sono io». Forse ha ragione: ha bisogno di aiuto e di essere difesa dal suo narcisismo.
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