Virginia Della Sala per il “Fatto quotidiano”
DONNE CINESI COL PANCIONE
Febbraio 2015. All’aeroporto di Los Angeles, una coppia di cittadini cinesi viene fermata per i controlli. Il marito, Wang Fei, cerca di convincere gli agenti della dogana che vuole entrare negli Usa per una vacanza. Lei è incinta, non si sa di quanti mesi. “E se il travaglio iniziasse durante la permanenza?” chiedono gli agenti. “Resteremo a casa di mio padre a Corona, una città poco distante da Los Angeles”, spiega. Eppure la storia non convince. Gli ufficiali della dogana trovano 30 mila dollari in contanti in valigia: la coppia ne aveva dichiarati 10 mila.
La ricostruzione di El Pais sui cinesi pronti a tutto per far nascere i figli negli Stati Uniti inizia con le domande delle forze dell’ordine e si conclude in venti appartamenti della periferia di Los Angeles, dove soggiornano decine di donne in attesa del parto. La coppia in aeroporto confessa di essersi accordata con un’agenzia specializzata per far nascere loro figlio negli Stati Uniti: così, avrà la doppia cittadinanza e potrà godere di tutti i vantaggi riservati ai cittadini americani. E quando avrà 21 anni potrà richiedere la residenza permanente per la sua famiglia.
LAX AEROPORTO INTERNAZIONALE DI LOS ANGELES
Lo hanno definito maternity tourism, turismo della maternità. Si è parlato di anchor babies, bambini àncora: il fenomeno riguarda soprattutto la classe medio - alta cinese. Nessuna corsa disperata di migranti al confine: le agenzie che si occupano di questo traffico di nascite chiedono cifre comprese tra i 15.000 e 50.000 dollari.
Procurano alle donne cinesi un visto turistico, di tre mesi. Le istruiscono sul comportamento da tenere durante la gravidanza, indicano loro in quale ospedale partorire e, a seconda del prezzo, aggiungono all’alloggio anche servizi di lusso come giornate di shopping o gite a Disneyland.
AEROPORTO LOS ROQUES
Si tratta di un business fondato su una pratica legale, garantita dalla costituzione americana e dallo Ius Soli: chi nasce su territorio statunitense ha diritto alla cittadinanza. Il sito web di una delle società sponsorizza gli Stati Uniti assicurando che “i cittadini americani hanno grandi opportunità di borse di studio, 13 anni di istruzione gratuita, meno inquinamento, reddito da pensione dopo 10 anni di contributi”.
Raccomandano alle loro clienti di “raggiungerci tra le settimane 24 e 30 della gravidanza”. La cosa più importante per evitare domande difficili, spiegano, è che l’agente doganale non si accorga della gravidanza e perciò consigliano come vestirsi per nascondere la pancia. “Sarebbe ideale – scrivono – viaggiare in inverno per coprirsi meglio”. Un sito si definisce “pioniere del settore”, nato nel 1999 a Los Angeles. Da allora, avrebbe servito 8 mila donne in gravidanza , 4 mila delle quali cinesi. E secondo la Cnn, nel 2012 almeno 10 mila donne cinesi hanno partorito negli Usa: più del doppio rispetto al 2011.
bu25 scorta usa polizia
Per il centro per gli Studi Immigrazione americano, degli oltre 300 mila bambini nati da stranieri ogni anno, 40 mila sono figli di turisti che vogliono solo fargli acquisire la cittadinanza . Tra questi, anche gli italiani. “Sono al terzo mese di gravidanza e stavo considerando l’idea di partorire negli Stati Uniti: vorrei dare al bambino un passaporto americano”: Alessandra cerca dettagli sul web.
“Mi sto informando in anticipo perché sto verificando se la mia assicurazione coprirà le spese e poi vorrei chiarire in tempo dei dubbi: devo dichiarare che sono incinta al momento del viaggio? Posso partire al settimo mese? Devo andare in ambasciata per il permesso: mi hanno consigliato di portare con me il programma di un corso a cui dovrei partecipare lì, altrimenti un visto non me lo concederanno mai”.
La risposta arriva da Giulia, che ce l’ha fatta. “Per i costi – racconta - il mio parto sarebbe costato più di 15 mila dollari (circa 13 mila per il parto e 3 mila per i controlli alla bimba). Ho pagato solo una piccola parte di questa cifra, il resto era coperto dall’assicurazione. Ma alcuni miei conoscenti, invece, hanno dovuto tenere la bimba appena nata in ospedale per circa una settimana a causa dei controlli: il loro conto è arrivato a 40 mila dollari