Estratto dell'articolo di Chiara Severgnini per il “Corriere della Sera”
Guglielmo scilla willwoosh
Quando Guglielmo Scilla ha aperto il canale YouTube, nel 2008, il web era molto diverso.
La parola «youtuber» non esisteva ancora: di lì a poco, lui è stato tra i primi, in Italia, per cui è stata usata. Aveva poco più di 20 anni, ora ne ha 35: lui e la Rete sono cresciuti insieme. Intanto, ha fatto anche radio, cinema, teatro, podcast. Non si definisce «imprenditore», ma lo è: la sua azienda ha dieci dipendenti, si chiama «Willwoosh», come il canale aperto 15 anni fa e per lui è una «fabbrica di idee»: «Unisce show e business. La storia della mia vita».
Quando ha scelto il nome «Willwoosh» immaginava che a 35 anni l’avrebbero ancora chiamata così?
«No, ma non immaginavo neanche che internet potesse diventare una cosa fica!».
Come spiega il suo lavoro?
«Agli under 45 dico che faccio il creator . E capiscono. Agli over 45 spiego che lavoro nel mondo della pubblicità sul web e che lo faccio mettendoci creatività e arte. In più ho dei progetti editoriali, a volte puramente creativi, altre volte legati all’attivismo».
GUGLIELMO SCILLA WILLWOOSH
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Questo mercato può essere duro: girano tanti soldi, e dove girano i soldi si diventa limoni da spremere. A chi dice “voglio diventare famoso online” io chiedo: “Ma famoso per cosa?”. Il mondo dei social può permettere di ottenere l’indipendenza economica anche a un’età in cui si è già disposti a fare e dire determinate e cose, ma non a gestirne le conseguenze. I ragazzi avrebbero bisogno di persone più sagge di loro che sappiano proteggerli senza incastrarli. Perché i social funzionano un po’ come i corridoi di una scuola».
In che senso?
«Tante persone famose sui social hanno lo stesso carisma di chi era popolare alle superiori. Capiscono alla perfezione come funziona quel mondo, cosa dire e in che modo apparire per avere consensi.Però la scuola a un certo punto finisce. E, senza un talento e senza le persone giuste attorno, rischi di trovarti a dire: “Ora che faccio?”».
Lei ormai è un veterano.
GUGLIELMO SCILLA WILLWOOSH
«Negli anni ho fatto tante cose, e anche tante cazzate: oggi ho un bagaglio enorme di esperienze. Mi sento una fenice: mi sono reinventato tante volte e sono contento di averlo fatto. Sono un’altra persona rispetto agli esordi. E avrei voluto esserci per il ragazzo che ero allora. Ero in gamba. Ma se in un paio di occasioni ci fosse stata una conoscenza maggiore di questo mondo, legata non agli interessi altrui ma ai miei, me la sarei vissuta meglio».
Nel 2017 fece coming out in modo ironico e diretto. Lo rifarebbe allo stesso modo?
«Non cambierei una virgola. Quando ho deciso di farlo, avevo messo da parte un sacco di problemi familiari: avevo dovuto lottare internamente per non aver paura del giudizio dei miei cari. A quel punto ho detto: ora mi prendo una soddisfazione. Ogni volta che cercavo su Google “Guglielmo Scilla”, la prima cosa che usciva era “gay”. Sapevo che alcune persone a me vicine lo dicevano in giro: era il loro modo per fare i fighi. Volevo rispondere alla pruriginosità della gente e mettere a tacere l’orrendo modo con cui gli altri sfruttavano i miei segreti».
Qualcuno le consigliò di non farlo?
«Sì. La loro ansia era che poi non sarei stato credibile come attore nei ruoli etero.
GUGLIELMO SCILLA WILLWOOSH
Sticazzi. Potevo rischiare di non essere ritenuto credibile quando recitavo una parte, oppure recitare una parte per il resto della vita. Ho preferito fare una scelta per me».
Ha mai pensato che questa «ansia» fosse fondata?
«In passato sì. All’epoca un giornalista gay scrisse che se non venivo più preso non era per il coming out, ma perché sono un cane. Al momento ci sono rimasto male: non mi aspettavo questa cattiveria gratuita. Poi ho capito che preferisco pensare che se non ho più avuto certe occasioni è stato perché, evidentemente, non ero il più bravo, perché mi responsabilizza. Ed è meglio di piangermi addosso».
guglielmo scilla foto di bacco (1)
Nel podcast «Invertiti», con Cathy La Torre, racconta «storie di gay, lesbiche, bisessuali, trans e travestite che hanno invertito la Storia». La sua preferita?
«Quella di Cristina di Svezia, che forse era bisessuale, forse lesbica: vallo a capire. Era poliglotta e a lei si devono molte conquiste politiche della Svezia della sua epoca, eppure di lei dicevano solo che era grassa e si vestiva da uomo. Sono innamorato di questo progetto. Non è propaganda: raccontiamo storie che ha senso raccontare».
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