Estratto dell’articolo di Stefano Montefiori per www.corriere.it
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«Cinque milioni di spettatori in Italia», ripetono sin dalle prime righe le recensioni della stampa francese a proposito di Il reste encore demain, il film di Paola Cortellesi (C’è ancora domani ) che mercoledì 13 marzo è uscito nella sale di Parigi e del resto della Francia. E se all’anteprima della settimana scorsa al cinema Alésia il pubblico ha cominciato ad applaudire ancora prima dei titoli di coda, il film divide la critica.
Positive le recensioni di Le Monde, Le Point e l’Obs; negative, per motivi diversi, quelle di Libération, Les Inrockuptibles e Le Figaro. L’enorme successo di pubblico sembra rappresentare, per qualche critico, un punto di partenza sfavorevole: se il film è tanto piaciuto, specie «nell’Italia di Giorgia Meloni», tanto bello non può essere.
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Cominciamo dai pareri positivi. Per Le Monde il film è «da vedere» perché «evita il dramma attraverso l’umorismo e l’uso di espedienti formali. Realizzato con vitalità (dagli attori e dalla regista), illuminato da momenti di folle allegria (le pause furtive di Delia con la sua migliore amica) e tinto di un’ironia quasi burlesca (le scene di brutalità che diventano coreografie), C’è ancora domani resta sospeso sul filo di una tragicommedia che ha il merito di far sentire, in mezzo alle vecchie voci del passato, la speranza in un futuro migliore».
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Secondo Le Point, che attribuisce quattro stelle, «con questo film che trova il giusto equilibrio tra riso e lacrime, Paola Cortellesi segna il ritorno della grande commedia all’italiana, quella che parla della realtà. È un film originale, ironico, che abbozza i suoi personaggi alla maniera di una caricatura – stile Dino Risi – riuscendo a sottolineare senza indulgenze le devastazioni del machismo ordinario».
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Ad altri il film non è piaciuto. Il recensore del Figaro ha preso alla lettera il racconto per immagini stilizzate della Roma del dopoguerra e quindi accusa il film di «straboccare di stereotipi». «La volgarità non è assente da questo melodramma che pensa come si deve», scrive il noto e severo critico Eric Neuhoff, tradendo un’insofferenza da uomo di destra, e da sempre anti-politicamente corretto, verso l’impegno anti-sessista del film.
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Ma anche con un prisma di sinistra c’è chi non ha amato: su Les Inrockuptibles Hélène Frappat, autrice di un recente saggio sul Gaslighting o l’arte di fare tacere le donne, evoca per il film di Cortellesi la formula «gaslight-movie cattolico», qualsiasi cosa voglia dire, non perdonando alla regista l’appello bipartisan alla premier Giorgia Meloni e all’oppositrice Elly Schlein a «unire le forze», e neanche il messaggio di complimenti di Meloni a Cortellesi, che in un’ottica militante rappresenta una sorta di bacio della morte.
Frappat non ha amato neanche il finale a sorpresa, qualificandolo di happy ending femminista, ma precisa che «non ho niente contro il diritto di voto, anche se ha permesso l’elezione in Italia di una dirigente che non è mai cambiata politicamente da quando ha affermato a 19 anni che Mussolini era un buon politico».
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Con ricercata cattiveria Libération critica il ricorso a «effetti pesanti» e al «pittoresco transalpino» e dopo avere ancora ricordato con vago ribrezzo i «cinque milioni di spettatori conquistati nell’Italia di estrema destra di Giorgia Meloni», conclude che «possiamo pure rallegrarci dell’esistenza di questo oggetto di sintesi dal gusto molto incerto, in cambio di essere dispensati dal prossimo».
Troppo politicamente corretto per alcuni a destra, troppo consolatorio e non abbastanza anti-governativo per altri a sinistra, Il reste encore demain è ora atteso al giudizio degli spettatori.
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