Pietrangelo Buttafuoco per “il Fatto Quotidiano”
buttafuoco pietrangelo
Nella vicenda Mondazzoli, ovvero la fusione dei due gruppi laddove Mondadori ingloba Rizzoli, si specchia l' autobiografia d' Italia. Numeri importanti si saldano intorno all' editoria e se per Rcs la dismissione della divisione Libri è sempre più urgente - il semestre segna rosso, 95 milioni - l' acquisizione ormai prossima, a Segrate, non segnala certo un sintomo di vivacità imprenditoriale.
Le peripezie cui si sottopongono i due cataloghi - Pietro Scott Jovane di Rcs deve completare l' accordo con Mondadori entro settembre (e senza tirare sul prezzo) - sono, infatti, un passaggio ineluttabile in un mercato però sempre più ristretto. In cui il libro è ridotto al rango di un feticcio dimenticato e perciò speculare alla società italiana sempre più periferica rispetto al futuro dove già Alphabet, la nuova holding di Google, ha preso il sopravvento sul marchio che l' ha generata.
OSCAR NIEMEYER - SEDE DELLA MONDADORI A SEGRATE
Il dinamismo imprenditoriale non è un difetto, anzi. La Garzanti nasce dall' acquisto della Treves; da Einaudi sono gemmate sia Adelphi che Bollati-Boringhieri, ma un caso culturale deve incontrare una sensibilità molto più ampia per essere vivo. Il problema dietro all' operazione "Mondazzoli" - o "Rizzadori" - non è nella fusione in sé, e neppure che sia Silvio Berlusconi, il monopolista, il futuro titolare delle biblioteche unificate.
Il vero guaio, nel frattempo che i due marchi vanno a sposarsi, è nella catastrofe che incombe sull' intera industria culturale, nel fatto che l' Italia abbia, di fatto, rinunciato a identificarsi con essa consegnando i libri e l' intero patrimonio immateriale della letteratura e della produzione delle idee - un tempo asset dell' identità umanistica e mediterranea - all' irrilevanza. Certo, c'è Berlusconi. Ma il Cavaliere non ha mai messo becco sulla compilazione dei cataloghi.
rizzoli periodici sede
A PARTE lo sbraco appartato di qualche pubblicazione a beneficio di clientes - dalle opere di Maurizio Sacconi alle produzioni poetiche di Sandro Bondi, nel frattempo usciti dall' orbita del berlusconismo - ben più di un potente idolo della Cultura col C maiuscolo è accasato a Segrate. Mondadori è, senza dubbio, la più importante casa editrice in Italia, sarebbe irritante fare l'elenco degli illustrissimi la cui intransigenza anti-berlusconiana è rimasta granitica, pur con le royalty, perché l' inventario coincide con l' argenteria del pantheon intellettuale.
paolo isotta
Se vale l'esperienza personale posso ben dire di aver trovato in Mondadori - io che di mio sono uno scrittore, tenuto a battesimo da Antonio Franchini nientemeno - tutta la briglia, la più sciolta possibile, solo che a prevalere lì, a Segrate, è pur sempre la loffia muffa dell' ideologicamente corretto peggio che in una matinée al Festival di Mantova.
Solo gli ospiti di Fabio Fazio godono di luce e di tutela nella casa editrice che fu di Arnoldo Mondadori, mentre gli irregolari - peggio che mai i cattivoni - nel caso si trovassero a transitare vengono prontamente spiaccicati a beneficio del regime culturale e della Cultura col C maiuscolo. Prova ne sia il rifiuto di un capolavoro qual è La virtù dell'Elefante, il libro di Paolo Isotta (reo di amicizia con Marcello Dell'Utri) meritatamente edito oggi da Marsilio.
La vicenda Mondazzoli, dunque, è solo lo specchio svelato dell'identità italiana. L'industria culturale è una nicchia sempre più nicchia. Negli Usa, o perfino in Scandinavia, la conoscenza non è la parte restante di un lusso. Chi può legge, impara, attinge alla fabbrica dei contenuti. Accade così nel continente Euroasiatico e così nelle nazioni emergenti.
SELFIE DI FABIO FAZIO CHE CORRE
Se, al contrario, in Italia il mercato è prossimo al suo tramonto maligno, cacciando come si fa con le mani, le Mosche del Capitale (per dirla con Paolo Volponi), vuol dire che ci si destina a un paradosso o a un parallelo: Mondadori che si mangia Rizzoli è come la Fiat che prima inghiotte tutti gli altri marchi - da Autobianchi a Lancia, passando per Masera ti e Ferrari - per poi diventare un' altra cosa. Come oggi con Sergio Marchionne. Un grande business, un' operazione magistrale. Tutto perfetto. Grande vivacità imprenditoriale. Solo che per strada si vedono solo Mercedes.