1 - SALVINI CON IL ROSARIO L'ALTOLÀ DEL VATICANO : «DIO È DI TUTTI, NON SUO»
Simone Canettieri per “il Messaggero”
MATTEO SALVINI CON IL ROSARIO
«Io credo che la politica partitica divida, Dio invece è di tutti. Invocare Dio per se stessi è sempre molto pericoloso». Nemmeno 24 ore e il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, prende posizione. Sabato dal palco di Milano, il leader della Lega Matteo Salvini, stringendo in mano un rosario, ha chiuso il suo comizio con i leader sovranisti europei «affidando la mia e la vostra vita al cuore immacolato di Maria che sono sicuro che ci porterà alla vittoria».
Una mossa, già vista in chiusura di campagna elettorale per le politiche un anno fa, che non è passata inosservata nel mondo cattolico. Soprattutto in una giornata, quella di Milano, caratterizzata anche dai fischi all' indirizzo di Papa Francesco, partiti dai militanti leghisti durante il comizio del leader del Carroccio. E così fin da ieri mattina, da Civiltà cattolica al Vaticano, passando per Famiglia cristiana e Avvenire tutti hanno preso le distanze da Salvini.
«Rosari e crocifissi sono usati come segni dal valore politico, ma in maniera inversa rispetto al passato: se prima si dava a Dio quel che invece sarebbe stato bene restasse nelle mani di Cesare, adesso è Cesare a impugnare e brandire quello che è di Dio», dice Padre Antonio Spataro, direttore di Civiltà Cattolica, rivista dei Gesuiti.
salvini rosario
Che ammonisce di «non nominare il nome di Dio invano» per i propri scopi: si facciano i propri discorsi, ma davanti a Dio bisogna togliersi i sandali». Famiglia cristiana in un editoriale stigmatizza «il sovranismo feticista: ennesimo esempio di strumentalizzazione religiosa per giustificare la violazione sistematica nel nostro Paese dei diritti umani». La polemica è figlia della diverse visioni sull' immigrazione e l' accoglienza soprattutto in queste ore in cui tiene ancora banco la vicenda della Sea Watch. «Mentre il capopolo della Lega esibiva il Vangelo un' altra nave carica di vite umane - continua l' editoriale di Famiglia cristiana - veniva respinta e le Nazioni Unite ci condannavano per il decreto sicurezza».
LA REPLICA
cardinale pietro parolin
La risposta di Matteo Salvini non si fa attendere: «L'Europa che nega le proprie radici non ha futuro. Io sono credente - dice - mio dovere è salvare vite e svegliare coscienze. Il confronto con le altre culture è possibile solo riscoprendo la nostra storia e riscoprendo i nostri valori, come peraltro detto negli ultimi decenni da tutti i Santi Padri. Sono orgoglioso di testimoniare, con azioni concrete e con gesti simbolici, la mia volontà di un' Italia più sicura e accogliente, ma nel rispetto di limiti e regole».
Il leader della Lega aggiunge di essere «orgoglioso» di andare in giro con il rosario sempre in tasca e aggiunge che «sono credente, dunque mio dovere è salvare vite e svegliare coscienze». E in tarda serata nel corso di un intervento su Facebook il vicepremier ha baciato di nuovo il rosario.
MATTEO SALVINI CON IL ROSARIO
Nel pomeriggio da piazza San Giovanni in Laterano, dove Parolin ha incontrato le comunità di migranti in occasione della tradizionale Festa dei Popoli, il cardinale ha invitato a «fare attenzione a non lasciarsi andare all' indifferenza, alla tentazione della non conoscenza e soprattutto la tentazione di volerci rinchiudere nelle nostre sicurezze». «Anche semplicemente ignorare il nostro vicino - ha sottolineato - è il primo passo per spegnere la carità che è in noi». Anche la politica attacca.
Il segretario del Pd Nicola Zingaretti dice che «non si può tirare fuori il rosario e poi scrivere in un decreto che se salvo una persona pago 5mila euro di multa». Mario Adinolfi, leader del Popolo della Famiglia, plaude all' intervento di Parolin e dice a Salvini di « fermarsi un attimo e recitare il primo rosario della sua vita. Se me lo chiede gli spiego come si fa».
2 - LA POLITICA NON BRANDISCA IL ROSARIO MA LA CHIESA NON FACCIA POLITICA
Mario Ajello per “il Messaggero”
PAPA WOJTYLA - BERGOGLIO - RATZINGER
Una torsione che non promette nulla di buono. Quella di una politica incapace di darsi forza da sé, perfino da parte di chi sembrava il più lanciato in questa campagna elettorale ma ora dà segni di appannamento. Ossia Salvini, che si aggrappa al rosario, al crocifisso e alla Madonna che «ci farà vincere le elezioni». E quella di una religione che, a contrasto, si fa soggetto politico e funge da opposizione attiva e insieme da cassa di risonanza, da megafono e allo stesso tempo da strumento della melassa del politicamente corretto. Che spesso con il cattolicesimo non c' entra, anzi lo ha sempre avversato, ma quando il gioco si fa duro saltano - appunto - tutti gli steccati.
LA REGRESSIONE
MATTEO SALVINI CON IL ROSARIO
Insomma non c' è nulla di più fuorviante che parlare di Dio, lo fa Salvini e lo fanno i suoi oppositori porporati e no, semplicemente perché serve in campagna elettorale. E impressiona ancora di più questa regressione verso un passato quarantottesco - anche se allora la Chiesa non era a sinistra e la sinistra non era con la Chiesa - proprio per il voto europeo.
A dispetto del fatto che uno dei tratti più importanti della cultura di questo continente è rappresentato dalla differenziazione tra religione, morale e politica. Ma niente, il derby Salvini-Parolin, quello tra l' improbabile Immacolata lumbard che tifa per i sovranisti di piazza del Duomo e Avvenire-Civiltà Cattolica-Famiglia Cristiana (che denuncia e sconfessa la categoria addirittura del sovranismo feticista), simboleggia la neo-politica che si fa vetero e paleo e certifica a pochi giorni dal voto l' esistenza di un bipolarismo, anche interno al mondo cattolico, tra chi parteggia per Salvini e chi per Bergoglio.
Lasciare la fede fuori dalla politica, no?
BERGOGLIO RATZINGER
Salvini che fa la classifica dei pontefici da adorare e di quelli da rinnegare - Wojtyla e Ratzinger tra i primi, Francesco nella black list - finisce malamente per eccitare, e non da adesso, tutto il mondo di sinistra, anche tutt' altro che religioso, anzi spesso laico o laicista. Quello che orfano delle ideologie si converte al bergoglismo («Una sola grande chiesa, da Che Guevara a Madre Teresa», recita il celebre ritornello di Jovanotti), come se si trattasse dell' ultimo appiglio e dell' unica agenzia politica ancora sfruttabile.
mario adinolfi
Il che è una tendenza che segnala non soltanto la crisi di quella parte politica (e quel che è peggio dell' intera cultura civile), ma rappresenta anche una pericolosa tentazione per la Chiesa cattolica. Che in molti casi fa da controcanto al governo, come si è visto in maniera plateale nella vicenda del cardinale elemosiniere del Papa che in nome di un solidarismo combat va a riaccendere la luce agli occupanti abusivi al centro di Roma. Dividendo il campo politico tra chi è a favore del blitz vaticano e chi è contro. Mentre non solo Camillo Benso di Cavour ma anche Arturo Carlo Jemolo o Benedetto Croce si rivolterebbero nella tomba. Per non dire della pessima impressione che avrà fatto a loro nell' aldilà, e fa a tutti i residui liberali nell' aldiquà, il Salvini neo-crociato - di un cattolicesimo tutto suo - che chiede al cielo l' aiuto per vincere la sua battaglia.
LA COPERTINA DI FAMIGLIA CRISTIANA CONTRO SALVINI
LE GRIDA DA STADIO
Invece di lasciare la fede fuori dalla contesa, tra attacchi, reazioni e grida da stadio (quelle dei progressisti incapaci di battere la destra con argomenti e proposte autoctone) la si strumentalizza da tutte le parti. E ha ragione, riguardo al protagonismo ecclesiastico, il sociologo bolognese Sergio Belardinelli che - nel libro appena pubblicato con Angelo Panebianco: All' alba di un mondo nuovo, Il Mulino - scrive: «Quando una religione mira direttamente a produrre effetti sociali, politici o economici di qualsiasi tipo, avvertiamo che questo non si addice a una società dove le cose di Cesare sono distinte da quelle di Dio; avvertiamo altresì che il discorso religioso si appesantisce di analisi mondane, per loro natura discutibili, che finiscono per trasformare i leader religiosi in leader politici».
ANTONIO SPADARO
Salvini non lo sa, perché gli manca la coscienza della storia (ha dato qualche esame ma non è riuscito a laurearsi in questa disciplina) e perché le difficoltà di questa fine campagna elettorale sembrano avergli tolto lucidità, ma la forzatura neo-confessionale della sua propaganda rischia di far somigliare l' Europa fondata sul liberalismo a un Sudamerica fuori luogo e fuori tempo. In cui, naturalmente, Bergoglio si trova a suo agio ma non è di questo che ha bisogno il vecchio continente. Specie ora che deve ridefinire se stesso, invece di tornare indietro o di cambiare - in peggio - la propria collocazione geo-politica.