Filippo Ceccarelli per il Venerdì di Repubblica
filippo ceccarelli fabrizio roncone foto di bacco
In definitiva gli italiani hanno un ottimo rapporto con le bugie. Non solo le perdonano e le dimenticano, ma le apprezzano e alcune se le tramandano pure come cose preziose, a patto che siano utili ai loro fini, ben dette, meglio inventate, comunque a tal punto ricamate e romanzate da recare addirittura una verità non così lontana da quella autentica.
Si fa oggi un gran parlare di fake-news, espressione sospettamente anglosassone, ma da secoli gli italiani promuovono i bugiardi, li esaltano, li votano purché siano bravi e simpatici - e Indro Montanelli era davvero bravo, il più bravo giornalista di tutti i tempi, e a suo modo ea volte anche imprevedibile e simpatico nei suoi tratti cavallereschi - ma a volte no.
Indro Montanelli
Nessuno d'altra parte è perfetto, anche se nel suo caso il successo della perfezione giornalistica dipendeva anche dal suo essere un bravissimo e simpatico bugiardone, come del resto molti alti spiriti con varie sfumature sostennero (Croce, Montale, Bauer, Ernesto Rossi, lo stesso Longanesi che di Indro fu l' impresario), come già ampiamente dimostrato da storici di vaglia (Sandro Gerbi e Raffaele Liucci) e come lui stesso ammiccando riconosceva.
Così, per il ventennale della morte la santificazione bibliografica montanelliana sembra normalmente ben avviata. Ma siccome gli anniversari non servono solo a giocare sul sicuro e sull'agiografico è opportuno e magari anche sano segnalare il volume di Silverio Corvisieri, Un cattivo maestro: Montanelli tra mito e fake news (Bordeaux, pp. 315 pagine, euro 18), che con meticolosità documenta invenzioni, balle, esagerazioni, furbizie, versioni contraddittorie, omissioni, acrobazie, doppi e tripli giochi, incoerenze, smanie di protagonismo e stregonerie varie.
INDRO MONTANELLI
E la sorpresa è che ci si ritrova l'intero novecento italiano, dal fascismo alla resistenza, dai crimini di guerra all'antisemitismo, dalla mafia all'Eni al Vajont, fino a piazza Fontana, al maschilismo e alla rottura con Berlusconi, che nel torneo di bugie, anche rispetto a Montanelli risulta un bel competitor.
Ma allora? Allora niente. Allora, seppure esausti e un po' sgomenti, viene da pensare che l'unica chiave che apre la mente e un po' anche il cuore sulla figura di Montanelli, sul giornalismo ieri e oggi e in fondo sulla storia d'Italia, è l 'inesorabile ambiguità che noi italiani, tutti o quasi, ci portiamo dietro e davanti da sempre.
Quell' ambiguità che consente di stupirsi davanti alla più inimmaginabile faccia tosta e al tempo stesso commuoversi dinanzi a descrizioni da applauso. Va da sé che un saggio è molto più impegnativo che imbrattare una statua. Che poi, se la pulisci, torna come prima: bruttina, ma forse perfino trascurabile. Tutto del resto è relativo, a partire dai monumenti.
INDRO MONTANELLI IN ABISSINIA LA STATUA DI INDRO MONTANELLI IMBRATTATA DI VERNICE DALLE FEMMINISTE COLETTE ROSSELLI INDRO MONTANELLI indro montanelli gambizzato 2