Estratto dell’articolo di Andrea Greco per La Repubblica
GIUSEPPE MUSSARI - ANTONIO VIGNI
La sentenza di Cassazione ha appena chiuso il primo filone dei processi Mps, sulla contabilizzazione dei derivati con cui dal 2009 la banca senese cercò di occultare perdite di bilancio. Confermando la sentenza di appello: tutti assolti.
Questa prima verità giudiziaria non può né deve rettificare la verità storica. Quella della terza banca italiana annichilita da vent’anni di errori, di gestione e strategici. Una hybris collettiva, l’orgoglio tracotante irradiato da Siena verso Roma che ha avvolto dirigenti e istituzioni: a cui segue spesso la tìsis, punizione divina costata 20 miliardi agli investitori.
MONTE DEI PASCHI DI SIENA
La banca, è vero, ha galleggiato tra tante tempeste: e da un anno, complice il rialzo dei tassi d’interesse, è sulla via del risanamento. Ma la missione del Tesoro, che nel 2017 la ricapitalizzò con 8,5 miliardi per salvarla, non è compiuta: lo sarà l’anno venturo se spunta il compratore privato, e a quel punto al rosso si aggiungeranno circa 5 miliardi di euro pubblici. Se uno segue i soldi – qui, le perdite – da assolvere c’è ben poco, in un’orgia di responsabilità dove azionisti (Fondazione Mps e vari governi), banchieri e autorità vigilanti hanno sguazzato...
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