eutanasia
Gabriele Martini per “la Stampa”
Tre italiani su quattro sono favorevoli all'eutanasia. E' quanto emerge da un'indagine Eurispes, che fotografa lo scollamento tra il paese reale e l'immobilismo della politica sul fine vita. La «buona morte» - consistente nella somministrazione diretta di un farmaco letale al paziente - è una pratica ancora oggi illegale in Italia. Tuttavia ben il 75,2% degli intervistati si è espresso favorevolmente, attestando una forte ascesa del consenso negli ultimi cinque anni (la percentuale era del 55,2% di favorevoli nel 2015).
La sensibilità degli italiani riguardo al tema sembra confermare un cambiamento degli orientamenti che si sta facendo strada nel nostro Paese, in linea con la posizione di altri Stati europei. Basti pensare alla svolta della Francia, dove l'eutanasia a domicilio sarà alla portata di tutti mediante la somministrazione di sedativi - ad opera degli stessi medici di base - che inducono il paziente in uno stato di sonno catatonico finché la morte non sopraggiunge.
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I numeri parlano chiaro e raccontano l'erosione di tabù culturali che per anni hanno caratterizzato la nostra società. Nel 2020, con sei punti percentuali in più rispetto al 2019, il 73,8% dei cittadini intervistati si dice favorevole al testamento biologico, vale a dire quella norma che permette di redigere anticipatamente un documento con valore legale nel quale viene stabilito a quali esami, scelte terapeutiche o singoli trattamenti sanitari dare o non dare il proprio consenso nel caso di una futura incapacità a decidere o a comunicare.
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E anche sul suicido assistito, sebbene la maggioranza degli italiani rimanga contraria, si registra una sempre maggior apertura. «Che i cittadini italiani siano più aperti del ceto politico sui temi delle libertà civili non è una novità», commenta Marco Cappato. Che mette in guardia: «Ciò che accade su eutanasia e fine vita dovrebbe però destare particolare allarme per la condizione di marginalità nella quale versa il Parlamento italiano».
«È facile ipotizzare che in un prossimo futuro si moltiplicheranno i casi nei quali la medicina sarà in grado di rinviare il momento estremo del malato terminale. Di conseguenza è importante, per il bene della società e il rispetto dei valori che ne sono alla base, trovare quanto prima una posizione normativa che possa soddisfare le diverse istanze», spiega Gian Maria Fara, presidente Eurispes. Ma la classe politica italiana continua a eludere il problema.
MINA WELBY
L'ultimatum della Corte Costituzionale rivolto al Parlamento nella vicenda di Dj Fabo è caduto nel vuoto. Nell'ottobre 2018 la Consulta invitò i partiti ad approvare una nuova legge, cosa che puntualmente non è accaduta. E così ora la parola torna ai giudici. Il 27 luglio sarà il Tribunale di Massa, nel silenzio della politica, a decidere se ampliare ulteriormente il diritto al suicidio assistito. La vicenda è quella di Davide Trentini, malato di sclerosi multipla, che nell'aprile del 2017 decise di metter fine a quelle che lui stesso definiva «insopportabili sofferenze».
dj fabo
La differenza con il caso di Dj Fabo è cruciale: il 53enne toscano non era tenuto in vita da macchinari. Sul banco degli imputati siedono Marco Cappato e Mina Welby, che accompagnarono Trentini a morire in una clinica svizzera. Rischiano fino 12 anni di carcere. In rete esiste un video che immortala Trentini sdraiato su un letto poche ore prima di morire. Spiega la sua scelta, guarda dritto in camera mentre si contorce dal dolore: «Auguro a tutti tanta serenità. E adesso, buonanotte ». Poi accenna a un sorriso.