Gian Antonio Stella per il "Corriere della Sera"
toto bergamo rossi
«El gondolier cadavere coi sposini cadaveri! Cossa c'entra Venessia?». Toto Bergamo Rossi, presidente di Venetian Heritage, non capisce certe mostre allestite nella città. La Gran Baruffa però, alla vigilia della Biennale dell'Architettura, «ritorno alla vita» dopo l'Acqua alta e la pandemia, è quella tra grandi famiglie e Comune, deciso a metter un limite agli eventi nei palazzi patrizi.
Tante meravigliose residenze antiche private, da sempre chiuse a quanti non fanno parte dei circoli ristretti che ruotano da secoli intorno al «Libro d'Oro» dell'aristocrazia, sono state infatti via via aperte a visitatori che mai avrebbero potuto metterci piede grazie a una serie crescente di quegli eventi artistici e mondani paralleli.
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Alcuni bellissimi e determinanti per consentire un accesso ai rappresentanti dei Paesi storicamente tagliati fuori, altri messi in discussione se non apertamente contestati come appunto, da parte di Bergamo Rossi, quello sui Real Bodies, i corpi plastinati tutti muscoli e vasi sanguigni che già provocarono a Milano 63 malori e ai veneziani hanno ricordato Marcantonio Bragadin scuoiato a Famagosta.
luigi brugnaro
«Abbiamo visto di tutto: mostre leonardiane coi falsi, strumenti di tortura, mummie giù nel Canal Grande... Lo so anch'io che va mantenuta l'idea di allargare la Biennale a eventi collaterali organizzati in grandi palazzi nobiliari privati che altrimenti nessuno potrebbe vedere. Però...».
Però queste aperture hanno dei pro e dei contro. Al punto di accendere una polemica che, poco prima dell'apertura della Biennale dell'architettura 2021, fissata da sabato 22 maggio al 21 di novembre dopo i diciotto mesi peggiori mai vissuti dalla Città Serenissima prima per la marea del 12 novembre 2019 e poi per il Covid-19, non ci voleva proprio.
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L'ultimo cerino sulla benzina l'ha gettato un pezzo scritto da Lisa Hilton su Air Mail, la rivista online lanciata due anni fa dall'ex-redattore capo di Vanity Fair Graydon Carter e dall'ex giornalista del New York Times Alessandra Stanley e diretto ai «cosmopoliti mondani».
Dove si racconta che il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, indispettito per non essere stato invitato al «Ballo del Tiepolo» del 2019 sponsorizzato dalla maison Dior, avrebbe deciso di «accanirsi» sui proprietari dei palazzi più belli ridotti «come i padroni delle case signorili inglesi: ricchi di proprietà ma poveri di denaro».
E obbligati dunque dall'avarizia dello Stato, che non dà un euro per la manutenzione, a vendere le loro dimore, ad affittarne una parte a qualche albergo come ha fatto con Palazzo Papadopoli e l'hotel Aman la vicepresidente di Christie's Italy Bianca Arrivabene, o ancora a «sbarcare il lunario» facendo affidamento su eventi e feste, in particolare in coincidenza con le Biennali.
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Un'opportunità, accusa la rivista, chiusa quest'anno dalla scelta comunale di varare «una legge che vieta ai proprietari di palazzi privati di ospitare mostre d'arte per più di 180 giorni». E perché? Perché il sindaco vorrebbe «incoraggiare il ritorno del turismo di massa estremamente distruttivo» e «sta ancora una volta cercando di guadagnare qualche dollaro» alle spalle dei veneziani.
brugnaro
Una sintesi forzata perfino agli occhi di chi rinfaccia a Brugnaro troppo lassismo sulla monocultura turistica e troppa disinvoltura su certi temi di «marketting» (copyright Pieralvise Zorzi) come la sparata dell'altro giorno su Venezia «costruita dai veneti che poi d'estate tornavano nei loro territori». Tesi liquidata dallo storico Giorgio Ravegnani con una risata: «Posso assicurare che la costruirono gli extraterrestri».
Fatto sta che l'accusa di Lisa Hilton, che si spinge a scrivere di «Mafia-ization of the Biennale», è appoggiata davvero da una parte dei patrizi serenissimi. A partire da Michele Marcello, fondatore di Venice Palaces, «iniziativa volta ad aiutare i proprietari di palazzi a preservare le loro proprietà ancestrali», che denuncia il nuovo regolamento: «È un attacco diretto ai proprietari privati. Non c'è logica o giustificazione oltre quella di spingere i proprietari a rinunciare e vendere agli hotel».
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Protesta condivisa, tra gli altri, da Filippo Gaggia, proprietario del magnifico Palazzo Loredan dell'Ambasciatore: «Tutto questo ucciderà una quantità enorme di opportunità di fascia alta».
A farla corta, insiste la rivista online, «la nuova legge è vista da molti proprietari come un tentativo di Brugnaro di obbligare i clienti della Biennale a esporre in immobili di proprietà municipale» e «dissanguare i proprietari dei palazzi».
luigi brugnaro sindaco
Che avrebbero un'idea per manifestare la loro collera: imitare certe opere di Christo infagottando i loro palazzi di teli bianchi su cui dovrebbe spiccare lo slogan «Se non mi vuoi, non mi vedi».
«Ma non è affatto una legge voluta da Brugnaro né una legge veneziana!», ribatte l'assessore all'urbanistica Massimiliano De Martin, «si tratta dell'articolo 6 del testo unico dell'edilizia sull'uso temporaneo. Non vogliamo fare processi alle intenzioni o immaginare che allestimenti "temporanei" diventino definitivi. Ma la legge dice: fino a 180 giorni sì, all'infinito no. Sennò si chieda il cambio di destinazione d'uso. E ci si confronti coi problemi dell'accesso ai disabili, dell'antincendio, delle fognature, del via libera delle soprintendenze».
il sindaco di venezia luigi brugnaro
L'architetto Antonio Foscari, il cui solo nome dice tutto sui quarti di nobiltà familiari, spiega che in realtà torti e ragioni stanno da entrambe le parti. E che se è vero che quegli eventi collaterali alle Biennali sono un valore da conservare e rilanciare per il bene di tutti, in primo luogo di Venezia, «c'è da capire anche l'amministrazione sulla durata degli allestimenti... Ma posso dire che il Comune non è stato e non è altrettanto netto nella difesa dei palazzi che uno dopo l'altro diventano alberghi? O sul proliferare dei B&B? O sulle grandi navi nel bacino di San Marco? Insomma, è meglio che questi palazzi storici restino ciò che sono sempre stati o che vengano spinti a diventare nuovi hotel?».
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«Sostengo da sempre, tirandomi addosso anche molte critiche, che i grandi palazzi storici di antiche famiglie sempre più in difficoltà a mantenerli non dovrebbero pagare le tasse perché certi patrimoni privati sono patrimoni di tutti», sostiene Salvatore Settis, «piuttosto che avere decine e decine di nuovi alberghi meglio tutelare quelle antiche dimore... Centoventi eventi collaterali della Biennale, però, forse sono troppi... Ne ho visti alcuni che, mettiamola così, non mi sembravano all'altezza. Sarò stato sfortunato...».