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    IL CORONAVIRUS NE FA UNA GIUSTA - MORTO IN CELLA IL SERIAL KILLER DONATO BILANCIA, AVEVA 69 ANNI ED ERA AMMALATO DI COVID - UCCISE 17 PERSONE IN POCHI MESI PER RABBIA CONTRO IL MONDO - DIVENNE FAMOSO COME IL “KILLER DEI TRENI” - QUANDO FU ARRESTATO RACCONTÒ CHE TUTTO EBBE INIZIO IL GIORNO IN CUI CAPÌ DI ESSERE STATO TRADITO DAL SUO MIGLIOR AMICO, MAURIZIO PARENTI, CHE LO PORTO’ IN UNA BISCA PER SPILLARGLI I SOLDI…


     
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    Andrea Pasqualetto per il “Corriere della Sera”

     

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    Uccideva con una P38, le prime volte per vendetta personale, poi forse per il solo piacere del sangue. Nessuno ha mai trovato una vera logica in quei 17 omicidi commessi quasi tutti in Liguria da Donato Bilancia tra il 1997 e il 1998 in meno di sette mesi. Ragione per cui anche i cronisti di nera lo definivano in vari modi, «serial killer dei treni» ma uccideva anche sui marciapiedi, «mostro della Liguria», ma talvolta sconfinava, «serial killer delle prostitute», ma fra le sue vittime c'erano biscazzieri, cambiavalute, commercianti, metronotte.

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    Una cosa è certa: Bilancia è stato uno dei più spietati criminali della storia d'Italia. Siamo qui a scriverne al passato perché da ieri non c'è più. È morto nel carcere Due Palazzi di Padova dopo 22 anni di reclusione, per mano di un killer molto più seriale e invisibile di lui, contro il quale non avrebbe potuto nulla neppure la sua P38: il Covid. Bilancia aveva 69 anni, era nato a Potenza e per quella lunga scia di delitti la giustizia lo condannò a 13 ergastoli.

     

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    La sua fu una confessione piena. Successe subito dopo l'arresto del 6 maggio 1998, quando decise di raccontare tutto, fin dalla sua difficile infanzia, il rapporto complicato con i genitori, l'omicidio-suicidio del fratello, il gioco d'azzardo e i primi furti per saldare i debiti. Poi spiegò la furia omicida.

     

    Che ebbe inizio il giorno in cui capì di essere stato tradito dal suo miglior amico, Maurizio Parenti. Nell'estate del 1997 Parenti lo portò in una bisca clandestina, ambiente familiare a Bilancia che era un appassionato di gioco d'azzardo. Dopo un paio di vincite, iniziò a perdere pesantemente. Una sera, nel bagno del locale, sentì una conversazione fra l'amico e il gestore, Giorgio Centenaro.

     

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    «Hai visto in che modo sono riuscito ad agganciarlo e a portarlo qui da noi?», disse Parenti all'altro. Bilancia uscì sconvolto dal locale e qualche giorno dopo, il 14 ottobre 1997, bussò alla porta di Centenaro, lo legò con il nastro adesivo, e lo soffocò. Unico delitto commesso senza sparare. Il 24 ottobre fu la volta di Parenti, freddato con la moglie a colpi di pistola. Consumata la vendetta, qualcosa di ossessivo e incomprensibile scattò nella sua mente.

     

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    Da allora Bilancia iniziò infatti a uccidere in modo apparentemente casuale. Il 27 ottobre toccò ai coniugi Bruno Solari e Maria Luigia Pitto, titolari di un'oreficeria, il 13 novembre a Luciano Marro, cambiavalute, il 25 gennaio 1998 a Giangiorgio Canu, metronotte... Il delitto più efferato fu forse quello commesso il 12 aprile successivo, sull'Intercity La Spezia-Venezia, quando scassinò la porta del bagno del vagone e sparò a Elisabetta Zoppetti che non ebbe scampo.

     

    La caccia all'uomo che terrorizzava Liguria e Piemonte si spostò sui treni, dove lui colpì più volte. E terminò il giorno in cui gli investigatori scoprirono che i luoghi delle contravvenzioni della Mercedes con cui viaggiava coincidevano con quelle di alcuni delitti. Per incastrarlo bastò il Dna su un mozzicone di sigaretta lasciato accanto al cadavere di una delle vittime. Poi venne il carcere. Una reclusione ultraventennale e un cammino di rieducazione personale con un diploma in ragioneria e addirittura una laurea in Progettazione e gestione del turismo culturale.

     

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    «Quando ho ricominciato a studiare la professoressa che mi seguiva ha preteso che durante la nostra lezione la porta della mia cella rimanesse aperta - ha detto in un'intervista al Mattino di Padova -. Ci sono voluti tre anni, ma alla fine è stata lei a volerla chiudere. Queste attività ci aiutano a non morire dentro».

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