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    “PAPA FRANCESCO? E’ UNO DI NOI” – PER CELEBRARE IL DECIMO ANNIVERSARIO PONTIFICIO DI BERGOGLIO MOURINHO INTERVIENE ALL’UNIVERSITA’ GREGORIANA E PARLA DI FEDE, DELLA SUA ESPERIENZA DI INSEGNANTE IN UNA SCUOLA PER BAMBINI DOWN E DELLA “CRUDELTA’” DELLO SPORT A ALTO RENDIMENTO IN CUI CONTA SOLO VINCERE – "LA ROMA? È SPECIALE". ECCO IL MOTIVO


     
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    Estratto dell’articolo di Emanuele Zotti per la Gazzetta dello Sport

     

    mourinho all'università gregoriana mourinho all'università gregoriana

    Un appuntamento speciale per celebrare il decimo anniversario dell’elezione di Papa Francesco, con un ospite d’eccezione. Nel pomeriggio di oggi José Mourinho è stato protagonista del dibattito organizzato dal Centro Fede e Cultura “Alberto Hurtado” della Pontificia Università Gregoriana. L’allenatore giallorosso, insieme al cardinale José Tolentino de Mendonça - Prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione - hanno dialogato sul tema "Camminando verso Lisbona. Dalla fine del mondo: 10 anni di Papa Francesco". Lo Special One, che non ha mai celato la propria fede, ha analizzato il mondo dello sport con lo sguardo del Mourinho “uomo” oltre che del tecnico affermato a livello globale.

     

     

    PAPA FRANCESCO PAPA FRANCESCO

     “Ho insegnato in una scuola per bambini con sindrome di Down”, si è aperto così l’intervento di un Mourinho visibilmente emozionato. Il tecnico ha poi proseguito: “Non ero preparato perché non avevo né esperienza né formazione. Avevo 24 anni e sentivo tutta la responsabilità. Quando sono andato via ragazzi e genitori e colleghi erano tristi perché ero un professore 'eccezionale'. Quello che avevo da dare era l'amore. Niente più. E l'ho dato ai bambini. È stato l'amore a farmi diventare un professore 'eccezionale' e fare qualcosa di fantastico per la loro formazione”. Il portoghese si è poi soffermato sull’aspetto “più crudele” dello sport: “Purtroppo il calcio è un mondo diverso dallo sport che noi vorremmo per i nostri bambini.

     

    Lo sport di alto rendimento è crudele, non c'è spazio per i più deboli e l'obiettivo è chiaro: vincere”. Un modo di pensare che spesso viene alimentato dai genitori dei giovani atleti, costretti fin da piccoli a sopportare il peso di una pressione eccessiva: "I primi a portare i figli verso la crudeltà dello sport sono i genitori con le loro ambizioni - ha spiegato Mou - nello sport di base si impara tanto, si impara di più che dentro della propria casa. Il bello del calcio di formazione è l'empatia, la solidarietà che prevede la ricerca nella gioia di vincere ma anche sapere che quando si perde la sconfitta non è l'inizio di un periodo difficile, ma il finale di un momento difficile".

     

    PAPA FRANCESCO PARLA CON I GIORNALISTI FUORI DAL GEMELLI 1 PAPA FRANCESCO PARLA CON I GIORNALISTI FUORI DAL GEMELLI 1

    PAPA FRANCESCO—   Nessun dubbio invece quando il portoghese si è trovato a dover spiegar quale fosse l’aspetto che più lo ha colpito nel corso del mandato di Bergoglio: “Ho anche paura di dirlo. Non vorrei che poteste pensare che sia una mancanza di rispetto. Ma con Papa Francesco utilizzo un'espressione calcistica: è uno di noi. Non riesco a vederlo soltanto come 'Sua Santità', perché per me è così vicino, normale, è uno di noi per come parla, tutti lo capiscono perfettamente. È un nonno”. Mou svela anche un aneddoto sui pochi momenti liberi trascorsi nella Capitale e che, indirettamente, riguarda il Pontefice: “Tante volte passeggio per Piazza San Pietro e penso che mi possa salutare dalla finestra. Non l'ho mai conosciuto di persona ma se un giorno dovessi farlo credo che la mia reazione sarebbe di volere un abbraccio da lui”.

     

    TIFOSI—   Quasi inevitabile anche un passaggio sul suo rapporto con il popolo romanista. A fornire l’assist perfetto è proprio un tifoso giallorosso che dalla platea ha voluto ringraziare Mourinho per il lavoro svolto finora

     

    (...)

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    La vita è più importante del calcio, le nostre famiglie sono più importanti di quella calcistica, ma la Roma in questi ultimi anni è riuscita a fare questo per la gente, la gente ha risposto in modo assolutamente fantastico. Il modo più facile per definire un grande club ed essere pragmatico e obiettivo, è dire 'vince tanto, è un grande club'. Nessuno che capisce di calcio può dire che non è vero che il Real Madrid sia il più grande della storia perché è quello che ha vinto di più. Però ci sono club che non hanno mai vinto ma sono grandi dal punto di vista sociale, affettivo e in questo senso di appartenenza che può esserci anche in un piccolo villaggio di quarta o quinta divisione in cui i bambini prendono la maglia del club del loro villaggio, che perde sempre, ma è il loro. La Roma ha questa bellezza, ed è ancora più bello perché siamo in una città dove la comunicazione locale divide o cerca di dividere. E per questo i romanisti sono ancora più speciali”. Il tecnico poi conclude rivolgendosi ai tifosi: “Non dovete ringraziarmi, ma io ringrazio voi per quello che mi avete dato in questo tempo".

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