Lettera di Giampiero Mughini a Dagospia
Caro Dago,
giampiero mughini
a proposito di questa improvvida sentenza della Consulta che scambia l’Italia del 2015 per il Paese in cui far valere i Diritti sempre e comunque, è talmente evidente che i soldi di che rimborsare i cinque milioni italiani che negli ultimi anni non hanno avuto l’adeguamento delle loro pensioni all’inflazione non ci sono. Non ci sono, punto. Così come non c’erano gli 800 euro annui distribuiti in campagna elettorale da Matteo Renzi e promessi ancora per l’anno in corso.
Quei soldi non ci sono, altro che rimborsare tutti e cinque i milioni di pensionati come schiamazzano alcuni sindacalisti e il sempiterno Matteo Salvini. Non ci sono, e quei pochi che ci sono è giustissimo restituirli ai titolari delle pensioni più modeste – modestissime –, gente che a fine mese ci arriva sì e no.
GIAMPIERO MUGHINI CON IL SUO CANE BIBI
E dunque per quel che mi riguarda – nel corso della mia vita professionale mi sono pagato tre pensioni e pensioncine dalle quali mi entrano in tutto 3500 euro netti al mese –, quei soldi non li avrò, non li voglio e se me li danno li restituisco. Se il Paese sta affondando, devo pur fare qualche sacrificio. Non che qualcuno debba venire a dirmelo, me lo dico da me stesso.
Vito Gamberale
E con tutto questo la retorica cialtrona, demagogica ed egualitarista contro le pensioni dette “alte” è veramente repellente. Lasciamo stare quelle 2000 o 3000 pensioni davvero corpose – tipo quella di Vito Gamberale, degli ex governatori della Banca d’Italia, di qualche funzionario della indecente Assemblea Regionale Siciliana, destini professionali diversissimi tra loro – su cui i giornali fanno grandi titoloni a effetto ad aizzare il popolino. Pensioni “d’oro” le chiamano, e non hanno tutti i torti.
(E anche se a proposito di Gamberale, lessi una volta che aveva pagato circa 2 milioni di euro per assicurarsi un “congiungimento” favorevole del suo percorso pensionistico. 2 milioni di euro.)
Il punto in questione non sono affatto questi apici pensionistici toccati da pochi eletti, talvolta per loro merito e talvolta per l’indecenza della legislazione in atto. Il punto sono le pensioni di quelli del ceto medio e medio buono che hanno avuto una carriera lunga e meritevole, e che in fatto di contributi hanno pagato dieci o venti o trenta volte i contributi pagati da quelli che stanno nel gradino più basso della scala pensionistica. Gente che ha lavorato a lungo e che oggi riceve (al netto) 4000 o magari 7-8mila euro di pensione.
pensioni d'oro
“Pensionati d’oro”? No, gente che s’è pagata una vecchiaia relativamente tranquilla, gente che non ha rubato nulla e che sui suoi redditi paga un’Irpef fortemente proporzionale. (Occorre ricordare che il 4% di contribuenti paghiamo il 26% di Irpef totale?) E dunque non cittadini di serie B, da minacciare un giorno sì e l’altro pure, da vessare come se fosse la cosa più naturale al mondo. Certo che non voglio restituito alcunché delle amputazioni di questi ultimi anni, ma non voglio che mi rompano i coglioni.
E tanto più che la mia pensione da giornalista (trent’anni di lavoro di cui la gran parte dei quali molto ben retribuiti, dato che Lamberto Sechi o Claudio Rinaldi mi davano un aumento di merito un anno sì e l’altro pure) è già scesa di un dieci per cento netto abbondante.
INPS PENSIONI
Ecco perché mi innervosisco quando vedo qualche quaquaraquà della politica o del sindacalismo digrignare i denti contro pensioni da 3000 euro al mese, e non sanno neppure bene loro se al netto o al lordo. Minacciare pensioni del ceto medio con cui una grande città vivi decentemente ma non più che questo, è da cialtroni e ribaldi.
E del resto lo ha scritto nella sua autobiografia uno dei grandi dell’editoria francese dell’ultimo mezzo secolo, Daniel Filipacchi: “Se parliamo di denaro, qualsiasi francese medio pensa di uno che guadagna il dieci per cento più di lui che è un ladro; se poi guadagna il cinquanta per cento in più, allora pensa che è un criminale da mettere in gabbia”. Così i francesi, peggio gli italiani.
PENSIONATI RITIRANO ALLA POSTA
Resta la questione delle pensioni calcolate un tempo non sui contributi versati ma sugli stipendi degli ultimi anni. Pensioni dunque calcolate favorevolmente e quando basse, e quando medie, e quando alte. Una legge italiana del 1992. Cambiarla in peggio 25 anni dopo? Canagliata maggiore difficile immaginarla, o forse sì. Fare quel ricalcolo sono per quanti di noi superano le soglie della sopravvivenza economica, e anche se i nostri contributi già allora rendevano meno quanto più salivano.
Ci proveranno, anche con quanti di noi non hanno mai usufruito di uno scivolo o di un “bonus di partito” tipo quelle centinaia o migliaia di dipendenti del Pci, e tanto per dire un caso clamoroso. Ci proveranno. Demagoghi cialtroni.
MILANO - FRANCESCA PASCALE E IL PENSIONATO CON LA SCRITTA NON SONO COMUNISTA
GIAMPIERO MUGHINI