Giampiero Mughini per Dagospia
giampiero mughini
Caro Dago, non ricordo più se fosse il 1974 o il 1975, e io avevo da poco cominciato a guadagnarmi il pane battendo ai tasti della macchina da scrivere per la terza pagina del “Paese Sera”, il quotidiano romano che prima della nascita della “Repubblica” era il giornale prediletto della sinistra.
mario mieli
Il mio interlocutore diretto era Giulio Goria, un comunista torinese di quando il termine “comunista” svelava davvero un’identità, una storia personale e professionale. Fatto è che fu certamente Goria a dirmi di coprire giornalisticamente un convegno di omosessuali italiani che si sarebbe svolto in due successive giornate in un teatro romano che di solito ospitava spettacoli di avanguardia.
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Non lo ricordo con esattezza, ma mi sembra che ad organizzare quelle due giornate fosse stato il “Fuori” di Angelo Pezzana, il raffinato libraio torinese di cui ero amico. Poco meno di cinquant’anni fa, eccome se quelle non erano le prime uscite pubbliche di un mondo che fino a quel momento se ne stava celato al possibile, che stentava a dire di sé. Molto molto molto lontano dall’oggi e dalle sue usanze.
Tanto più che ero alle prime armi del mestiere, in quel teatrino romana dove la luce era soffusa e dove in sottofondo suonava una canzone dei Pink Floyd mi muovevo in punta di piedi. Lo capivi a volo di avere a che fare con una comunità umana non riconosciuta come tale e che per la prima volta pronunziava a voce alta le cose che la riguardavano. Stavo ad ascoltare con tutto me stesso, così come loro si esponevano con tutto loro stessi.
senato decreto zan
L’exploit di gran lunga il più risonante e drammatico lo fece Mario Mieli, e a quell’exploit assistetti come trattenendo il fiato. Milanese, penultimo di sette figli, lui aveva in quel momento poco più di trent’anni e gliene restavano da vivere poco meno di dieci. Era salito sul palco e non è che parlasse, agiva a mezzo delle parole, comunicava quello che stava vivendo nel raccontare furiosamente la sua omosessualità. Era un uomo dolente, una persona che stava misurando le sue cicatrici e che in tutto questo ci metteva un orgoglio smisurato. Non esagero, era uno che in ogni parola che diceva restava in bilico costante tra la vita e la morte. Mai avevo visto o sentito nulla del genere, qualcosa di talmente drammatico, di talmente coinvolgente.
senato decreto zan
Nello scrivere quei due pezzi per il “Paese Sera” cercai di trasmetterla tutta quanta quella mia emozione, quel mio stupore innanzi a una “provocazione” umanamente e intellettualmente talmente affinata. Non so ci riuscii. Se ci furono altri giornali che diedero conto di quell’appuntamento che poco meno di mezzo secolo s’era dato il nascente movimento degli omosessuali italiani? Non ne sono sicuro, qualcuno forse sì.
Tutto questo per dirvi invece quanto non abbia provato invece la benché minima emozione innanzi alla vicenda tutta politicante del decreto contro la omotransfobia che è andato ieri gambe all’aria in Parlamento. Non ho provato emozione (semmai ripugnanza) per quelle urla cialtronesche provenienti dalla parte del Senato che più spavaldamente lo aveva bocciato, ma non ho neppure provato emozione per il modo e per gli argomenti con cui lo sostenevano accanitamente alcuni di quelli che il decreto Zan lo avevano promosso e che lo hanno mandato a impattare contro uno scacco parlamentare.
Bastassero poche righe di un testo legislativo a placare l’odio di cui la nostra società ribolle tutta intera e di cui in tantissimi - da una parte e dall’altra dell’emisfero politico - hanno preso a nutrirsi come dell’aria che respirano.
i senatori del pd intorno a letta dopo il voto sulla tagliola ddl zan
voto sul ddl zan al senato mughini
GIAMPIERO MUGHINI