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    LA VERSIONE DI MUGHINI - NANNI MORETTI HA AVUTO UN’IDEA MAGNIFICA NEL FAR PARTIRE IL SUO FILM (DI IMMINENTE USCITA) DALLA CONDIZIONE DI UN REGISTA CHE STA GIRANDO UN FILM SUI FATTI D’UNGHERIA DEL 1956 DA CUI IMPARAI A SILLABARE UN “ANTICOMUNISMO” CHE NEL TEMPO SAREBBE DIVENUTO NON MENO DEFINITIVO DELL’ANTIFASCISMO. UNA DECINA DI ANNI FA SONO STATO A BUDAPEST E LA PRIMA COSA CHE HO FATTO È VISITARE LA CASA DEL TERRORE CHE OSPITÒ DAPPRIMA LA POLIZIA FASCISTA E SUCCESSIVAMENTE LA POLIZIA STALINISTA UNGHERESE. NON VEDO L’ORA DI ANDARE A VEDERE IL FILM DI NANNI. SONO SICURO CHE..." - VIDEO


     
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    Giampiero Mughini per Dagospia

     

    giampiero mughini giampiero mughini

    Caro Dago, Nanni Moretti ha avuto un’idea magnifica nel far partire il suo film (di imminente uscita) dalla condizione di un regista che sta girando un film sui fatti d’Ungheria del 1956, ossia dalla narrazione simbolicamente e intellettualmente la più importante per almeno tre o quattro generazioni del nostro dopoguerra.

     

    Tanto per i più o meno quarantenni quali Luciano Cafagna e Carlo Muscetta che da militanti del Pci fecero combutta nel cucinino di una casa romana dalle parti di Piazza Venezia pur di stilare il famoso “documento dei 101” dov’era nettissima la condanna dell’azione dei carri armati sovietici (e dunque la rottura con quel sistema politico/ideale che così a lungo aveva fatto da “sole dell’avvenire”), quanto per i men che ventenni quale il sottoscritto che da quei fatti impararono a sillabare un loro “anticomunismo” che nel tempo sarebbe divenuto non meno definitivo dell’antifascismo da cui avevamo preso le mosse.

     

    nanni moretti il sol dell avvenire 3 nanni moretti il sol dell avvenire 3

    Quanto a Nanni questi sentimenti e questi umori gli sono arrivati per la via del fratello maggiore Franco (futuro professore di Letterature comparate in un’università americana) e dello strettissimo rapporto di quest’ultimo con Paolo Flores d’Arcais. Più precisamente ancora a Nanni (di sette anni più giovane di me) deve essere come entrato nelle vene l’atteggiamento proprio a Paolo, a Giulio Savelli e ad altri della mia generazione, i quali pensarono di respingere l’orrore staliniano a forza di adesione a un’altra variante del bolscevismo, il trokismo, e del resto io stesso tengo su uno scaffale una ventina di libri di questo grande intellettuale e scrittore oltre che capo politico.

     

    giampiero mughini giampiero mughini

    Solo che il nostro era un colossale abbaglio. Se al momento della successione a Lenin la leadership del partito comunista bolscevico fosse stata conquistata da Lev Trockij anziché da Stalin, lui  avrebbe compiuto più o meno le stesse nefandezze di Stalin, e basterebbe a dimostrarlo il settarismo con cui trattò quelli della sua chiesuola che si distaccavano dalla via maestra, ad esempio quel Boris Souvarine che i conti con il bolscevismo li fece con il suo magistrale Stalin (in Italia tradotto da Adelphi).

     

    Il vizio era nel manico, nella base di partenza del bolscevismo, nell’idea che un partito politico esaltato dall’ “odio di classe” (e meglio ancora il gruppo di vertice di quel partito) diventasse il sovrano assoluto dei corpi e delle anime di quelli che costituiscono la società per come essa è davvero. Da questo infame punto di partenza discende  giù il comunismo reale, assieme al fascismo/nazismo (non sono la stessa cosa) l’altra massima abiezione diffusa del Novecento, solo che è durata poco meno di mezzo secolo in più. E’ durata a San Pietroburgo, a Mosca, a Praga, nella metà della Germania, a Varsavia, a Bucarest, in Ucraina.

     

    E’ durata a lungo a Budapest, dove nel 1956 studenti e operai si scagliarono contro i boia stalinisti ungheresi. Un grande fotografo italiano, Mario De Biasi c’era in quella Budapest e me li ha raccontati i momenti in cui (mentre lui scattava foto su foto) la folla entrò in una sede del partito comunista e linciò alcuni di quelli che ci si erano barricati.

     

    giampiero mughini casa museo muggenheim giampiero mughini casa museo muggenheim

    Nel liceo catanese dove studiavo irruppero i giovani missini e noi andammo dietro di loro a vociferare ai piedi dei balconi della Federazione del Pci. Se mi sono pentito di averlo fatto assieme a cotanta compagnia? Avevo quindici anni, mi pentirei di più se non lo avessi fatto. Al desco della mia casa di borghesia impoverita mia madre (che in quel momento era apolitica) bisticciava con suo padre e mio nonno che era un dirigente della Federazione catanese del Pci e che approvava l’intervento dei carri armati sovietici. Quando ho intrapreso il cammino per diventare un uomo pensante, a vent’anni, ho letto libri di cui non mi dimenticherò mai, lo splendido libro di Roberto Guiducci dedicato ai fatti d’Ungheria e il romanzo dello scrittore ungherese Tibor Déry, Storia di un cane, dove i fatti di Ungheria del 1956 vengono narrati dal punto di vista di un cane il cui padrone viene afferrato dalla polizia politica stalinista. Sono i libri cui devo tutto di quello che sono divenuto oggi.

    nanni moretti il sol dell avvenire 1 nanni moretti il sol dell avvenire 1

     

    Una decina di anni fa sono stato a Budapest. Sono arrivato a sera tarda. Alla mattina dell’indomani la prima cosa che ho fatto è stata prendere un taxi che portasse me e Michela al numero 60 di viale Andrássy dov’è la Casa del terrore che ospitò dapprima la polizia fascista e successivamente la polizia stalinista ungherese. E’ un museo inaugurato nel 2002 e particolarmente voluto da Viktor Orbán. Le stanze dov’erano gli uffici, le cantine dov’erano reclusi un tempo gli ebrei e un tempo i non comunisti, il bugigattolo con la forca cui si accedeva montando tre gradini, tutto era tale e quale il tempo in cui vi era sovrano l’orrore. C’era una stanza in cui la scrivania cui sedeva il capo dei boia mentre interrogava i prigionieri era messa con la stessa angolazione che era stata la sua al tempo dell’orrore, ed era naturalmente la stessa scrivania usata prima da un capo fascista e poi da un capo comunista.

     

    Tibor Dery Niki. Storia di un cane Tibor Dery Niki. Storia di un cane

    Mai nella mia vita ho visto nulla di simile, pareti e arredi che era come se sanguinassero, stanze che trasudavano l’eco della sofferenza e del dolore. Appunto, il comunismo reale.

    Non vedo l’ora di andare a vedere il film di Nanni. Sono sicuro che qualcosa di quanto sto scrivendo ce lo ritroverò grazie al suo genio cinematografico.

     

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    GIAMPIERO MUGHINI

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