Giampiero Mughini per Dagospia
giampiero mughini
Caro Dago, com’è possibile che sugli scaffali delle librerie italiane non vedo un solo libro appetibile nel ricordare i 50 anni trascorsi dal Sessantotto? Com’è che non mi sono accorto di una sola oretta di trasmissione televisiva che fosse imperdibile nel raccontare i casi e i protagonisti di quegli anni? Possibile che non ci sia nessuno della mia generazione che sappia fare i conti con quell’esperienza assieme cruciale e remotissima?
brogi
Quando dico i libri, farei un’eccezione per il libro del pisano ed ex militante di Lotta continua Paolo Brogi, un libro purtroppo che ancora non sono riuscito a comprare. Un libro che leggerò. Brogi è stato uno dei personaggi di maggior rilievo di Lotta continua, per poi diventare un giornalista del “Corriere della Sera” (adesso è in pensione). In uno dei momenti decisivi della storia della tribù di Lotta continua, il suo ruolo era stato centrale.
Era successo che i brigatisti rossi avessero catturato Aldo Moro dopo averne massacrato la scorta. In un teatro di Roma quelli di Lotta continua si diedero appuntamento a dire se sì o no la condizione del prigioniero Aldo Moro (in quel momento ancora vivo) meritava compassione. Alcuni imbecilli dissero di no, che un democristiano di tal fatta non meritava nessuna compassione. Brogi andò alla tribuna, diede il meglio della sua esperienza e della sua oratoria in difesa di Moro e mandò a fare in culo quelli dei suoi compagni che la pensavano all’opposto. Possibile che un episodio del genere nessuno lo ricordi sui giornali o in televisione?
parigi maggio 68
Leggo le interviste a qualcuno che il 1° maggio 1969 sfilò radioso di gioia sotto i faccioni di Mao e di Stalin - due dei maggiori criminali politici del Novecento -, quei cortei che portavano il marchio del gruppo filomaoista “Servire il popolo”, e in quell’intervista non c’è un sola parola o un solo cenno a spiegare quella pagina che fa da macchia di disonore della mia generazione.
marco bellocchio
Durante una trasmissione televisiva chiesi una volta a uno che era stato un mio amico e che restava un regista da me amato, il piacentino Marco Bellocchio, che cosa ne pensasse di quel corteo di vent’anni prima dove c’era anche lui radioso di gioia sotto il faccione di Stalin. Mi rispose che era meglio aver fatto quello che non “essere un rinnegato”, e si riferiva ovviamente al sottoscritto. Rimasi in silenzio, come faccio sempre quando provo per qualcuno pietà intellettuale.
GIAMPIERO MUGHINI
Qua e là, sui giornali e in tv, c’è chi si erge a sperare che ci sarà un giorno un nuovo Sessantotto, e ovviamente non sa di che cosa sta parlando, ossia di qualcosa che apparteneva a un tempo lontano dalle mappe e dai problemi dell’oggi non meno che le guerre puniche.
Non un libro, non un articolo, non un a tu per tu televisivo dove qualcuno dica lealmente che quelli erano stati i vent’anni della generazione la più fortunata di tutto il Novecento, una generazione che poi venne chiamata a raschiare, a modificare, a revisionare tutto quello che aveva vissuto e ragionato. E che dalla riuscita di quella revisione e di quel raschiamento avrebbe sì o no trovato un suo posto e un suo ruolo nell’Italia di questi ultimi trent’anni. Altro che faccione di Mao, altro che l’una o l’altra “rivoluzione”, un termine pressoché privo di significato concreto. Altro che nostalgia irresistibile per il tempo in cui eravamo pressoché dei bimbi.
maggio francese 68
Vedo un libro dedicato alle donne “del Sessantotto”. Non ha per me nessun interesse, non più di quanto lo avrebbe un libro dedicato ai “napoletani” o ai “siciliani” del Sessantotto. Mi chiedo se in quell’elenco c’è la francese Michèle Firk (di cui avevo pubblicato un suo articolo sulla mia “Giovane critica”) che andò in Sudamerica a cercare la sua “rivoluzione” e che si sparò in bocca quando gli agenti della polizia politica bussarono alla sua porta e lei lo sapeva che non avrebbe resistito alla tortura, oppure quelle altre due francesi e militanti di “Action directe” che a Parigi spararono a bruciapelo a un dirigente della Renault.
giampiero mughini era di maggio
Mi chiedo se c’è Ulrike Meinhof, la terrorista tedesca morta in carcere dopo essere stata responsabile di quattro omicidi. Mi chiedo se c’è Adriana Faranda, alla quale voglio bene, e che me lo aveva raccontato per filo e per segno il se stessa di quegli anni, la volta che all’Università di Roma aveva inseguito armata un professore al quale avrebbe voluto far capire quanto sia “per sempre” il linguaggio delle pallottole. Ciao, Adriana. Tu sì che hai pagato e hai raschiato a fondo la “donna del Sessantotto” che eri stata. Che cretini quelli che insorgono quando ti chiamano a parlare in pubblico. Tu sì che hai il diritto di parlare e raccontare quel fondo dell’abisso che hai sperimentato di persona.
adriana faranda aldo moro
UN GIOVANE GIAMPIERO MUGHINI CON UNA BELLA BIONDA VIGNETTA DI WOLINSKI SUL SESSANTOTTO maggio francese 68 marco bellocchio giovane prima dei masnadieri (marco bellocchio) yasuko kageyama img 6322md marco bellocchio la cina e vicina maggio 68 parigi champs elysees nel nome del padre marco bellocchio Giangiacomo feltrinelli a Berlino nel sessantotto black power olimpiadi del sessantotto maggio francese 68 scontri a Valle Giulia philip roth NEL SESSANTOTTO IL SESSANTOTTO Sessantotto manifestazione IL SESSANTOTTO - MANIFESTAZIONE DI PIAZZA libro di giampiero mughini maggio francese 68 giampiero mughini (2) GIAMPIERO MUGHINI
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