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    LA VERSIONE DI MUGHINI - UN TUO LETTORE SI RAMMARICA DI ALCUNI MIEI GIUDIZI (“DELINQUENTI”) A PROPOSITO DI UNO DEGLI EPISODI PIÙ EFFERATI DELLA GUERRA CIVILE 1943-45. QUANDO I PARTIGIANI MASSACRARONO 17 CIVILI FRA CUI I SETTE FRATELLI GOVONI. EBBENE IL TUO LETTORE CI SCRIVE PERCHÉ UNO DI QUEI COMANDANTI PARTIGIANI LUI LO CONOSCEVA BENE: ERA SUO ZIO…”


     
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    giampiero mughini per dagospia

    giampiero mughini giampiero mughini

     

    Caro Dago, un tuo lettore ci scrive rammaricandosi di alcuni miei giudizi a proposito di uno degli episodi più efferati della guerra civile 1943-45. Quello dell’11 maggio 1945 dalle parti di Argelato, quando in una casa colonica vennero massacrati dai partigiani (che nel mio articolo definivo “delinquenti” prima che “partigiani”) diciassette civili fra cui i sette fratelli Govoni, tutti accusati di essere dei fascisti e colpevoli di non sono quali reati.

     

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    Fra i morti c’era anche un ventenne che aveva combattuto dalla parte degli Alleati a Montecassino. Mai un elemento che attestasse la colpevolezza dei Govoni è venuto fuori in questi ottant’anni che ci separano dal massacro. Lo Stato italiano a un certo punto s’è sentito nel dovere di risarcire i genitori dei Govoni, ai quali venne concessa una pensione di settemila lire al mese, mille lire per ciascuno di quei ragazzi uccisi in modo bestiale.  

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    I comandanti partigiani responsabili di quel massacro vennero tutti condannati a pene altissime, solo che riuscirono tutti a fuggire in Cecoslovacchia per poi usufruire delle successive e numerose amnistie relative ai fatti di guerra del 1943-45.

     

    Ebbene il tuo lettore ci scrive al modo di uno che sa bene di che cosa sta parlando, perché uno di quei comandanti partigiani lui lo conosceva bene: era suo zio. Altro che “delinquente”, scrive, era una bravissima persona. E io non dubito che lo fosse (anche se Gianfranco Stella, dal cui ultimo libro avevo preso le mosse, lo qualifica ripetutamente come un assassino seriale), non dubito cioè che fosse una bravissima persona nel suo mestiere di zio: quando rammemorava con il nipote i tempi del suo coraggio e della sua risolutezza di partigiano combattente.

     

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    Quei partigiani che, stando a una nenia diffusissima, con il loro coraggio e il loro sacrificio piantarono il primo mattone della “nuova Italia”. L’Italia nata dalla Resistenza, quante volte ciascuno di voi ha sentito questa dizione specie nei giorni attigui a ciascun 25 aprile della storia repubblicana.

     

    Ebbene quel giorno dell’11 maggio 1945 dalle parti di Argelato, i comandanti partigiani che autorizzarono i loro uomini a uccidere a colpi di bastone diciassette prigionieri inermi non piantarono affatto i mattoni della “nuova Italia”. In quel momenti lo zio del nostro lettore era tutto fuorché una bravissima persona, era un uomo assetato di sangue e di vendette e che non distingueva neppure minimamente tra i presunti avversari da uccidere.

    gianfranco stella compagno mitra 1 gianfranco stella compagno mitra 1

     

    Uccidere, questo sì era il suo ideale. Togliere di mezzo nella maniera più violenta e atroce possibile chiunque rappresentasse un seppur minimo ostacolo al presepe della società che lui voleva mettere al mondo, il comunismo realizzato.

     

    Perché erano quasi tutti comunisti i partigiani di cui Stella in questo suo ultimo libro (sono trent’anni che scava l’argomento in questione, lo stesso Pansa gli deve molto) elenca uno a uno gli omicidi di prigionieri inermi, gli stupri di ausiliarie della Rsi, il mancato rispetto dei patti di lasciare in vita i militi repubblichini di Oderzo.

     

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    Uno a uno, nome per nome, assassinio per assassinio, condanna poi amnistiata dopo l’altra, 600 pagine fitte fitte di nomi e fatti. Una fiumana di sangue e di violenza e seppure nel contesto drammatico di una guerra civile dove nessuno indossava i guanti bianchi e dove nessuno - o forse pochissimi - erano delle brave persone.

     

    Il 28 aprile 1945, quando i partigiani entrarono a Oderzo (nel basso trevigiano, i comandanti dei circa 600 allievi ufficiali della Rsi firmarono un atto di resa e di consegna delle armi in cambio della vita e del loro ritorno a casa. Nel frattempo arrivarono a Oderzo i partigiani di una formazione garibaldina (comunista) il cui comandante aveva come nome di battaglia “il Tigre”.

    eccidio dei fratelli govoni ad argelato eccidio dei fratelli govoni ad argelato

     

    Decisero che per loro quell’accordo non aveva nessun valore. A partire dal 30 aprile cominciarono le fucilazioni dei giovanissimi repubblichini, scelti a come coglio-coglio, senza la benché minima procedura di giustizia e relativa difesa delle vittime, 113 in tutto se non sbaglio. Pochi anni dopo i cinque comandanti partigiani che ordinarono la strage vennero condannati a pene che andavano da vent’anni all’ergastolo. Le amnistie annulleranno le condanne.

    iotti togliatti iotti togliatti

     

    Alla loro scarcerazione i cinque comandanti partigiani vennero accolti formalmente e affettuosamente a Botteghe Oscure da Togliatti, Longo e Pajetta. Esiste una foto di quell’incontro. Tutti e cinque delle bravissime persone, come lo zio del nostro lettore? Giudicate voi.

    GIAMPAOLO PANSA IL SANGUE DEI VINTI GIAMPAOLO PANSA IL SANGUE DEI VINTI

     

    La prima volta che nella cittadina di Oderzo s’è discusso pubblicamente di quella strage è stato nel 2010, a 65 anni di distanza dal massacro.

    giampaolo pansa giampaolo pansa

    Potrei continuare a lungo, nella strada della ricerca della verità di quegli anni. E del resto i libri che quella verità la portano alla luce sono ormai tanti, quelli di Stella, quelli di Antonio Serena, quelli (famosissimi) di un giornalista che s’era laureato con una tesi sul valore e sui valori della Resistenza, il mio amico Giampaolo Pansa.

     

    Di uno che quando lo accusano di essere “un revisionista”, dice di no, che lui è semplicemente “un completista”. Uno che di quei due anni drammatici racconta tutto ciò che per mezzo secolo e oltre era state taciuto. Uno che racconta per bene le verità drammaticissime che erano negate.

     

     

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