Paolo Russo per “La Stampa”
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Le temperature salgono e i contagi scendono, ma la bella stagione potrebbe essere meno solare di quel che ci si aspetta per via dei «Covid mascherati», i circa 150 mila positivi sommersi dei test «fai da te». Quelli che per non perdere la giornata di lavoro o magari solo la partita allo stadio non fanno sapere a nessuno che nel display del test casalingo di barrette ne sono apparse due. Che fino a prova contraria imporrebbero di starsene a casa in isolamento fino a un tampone che accerti la riconquistata negatività.
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Una regola che infranta, ancora oggi, equivale al commettere un reato penale. Impossibile da accertare, si dirà. Ma resta il fatto che andandosene spensieratamente in giro con il virus al seguito si mettono a rischio circa 9 milioni di fragili tra over 80 e immunodepressi, che nemmeno con il vaccino possono dirsi al sicuro.
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Secondo i farmacisti, ormai di test salivari e antigenici in formato domestico «se ne vendono più di quanti non siano i tamponi eseguiti quotidianamente in farmacia», ammette il presidente della Federfarma friulana, Luca De Grassi. Un po' di calcoli li ha fatti il professor Massimo Ciccozzi, responsabile di statistica medica ed epidemiologia molecolare all'Università Campus Bio-Medico di Roma. «Complessivamente si può stimare un abbondante 50% di casi sommersi: visti i 286 mila dell'ultima settimana, fanno circa 150 mila positivi, con un 15% che nasconde di esserlo, più un 30-35% di falsi negativi, perché non sanno fare correttamente un tampone».
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«I test vanno eseguiti da personale istruito a farli, infermieri professionisti o farmacisti che hanno fatto dei corsi specifici. A casa invece per paura di farsi male molti fermano il tampone alla narice e così il risultato è chiaramente falsato», spiega a sua volta Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma, la federazione dei titolari di farmacia.
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«I test in sè sono abbastanza affidabili, siamo oltre il 90% di attendibilità, ma fatti in casa la percentuale scende al 50%. Noi continuiamo a consigliare di eseguire i test in farmacia o nei laboratori, perché la tracciabilità resta fondamentale».
La pensa così anche Ciccozzi. «La guerra ce l'ha fatto dimenticare ma il virus c'è ancora. Omicron 4 e 5 hanno in realtà più o meno la stessa contagiosità e patogenicità della variante originale - spiega ancora il professore - a con una letalità intorno allo 0,2%. Ma se ho 50 mila contagi conteremo 100 vittime, se lasciamo troppi positivi liberi di circolare e contagiare il prossimo i casi raddoppiano e così anche i morti. Per questo dobbiamo far capire che la tracciabilità resta fondamentale».
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Ma a volte l'interesse personale prevale su quello collettivo. Magari perché dichiarando la positività si finisce per perdere soldi, come nel caso di commercianti, liberi professionisti o lavoratori a chiamata. In certi casi però i motivi sono molto più futili, come ci racconta tra il divertito e l'indispettito sempre Ciccozzi. «Tempo fa incontro un mio amico allo stadio con la Ffp2 tirata su pur non essendoci più l'obbligo. Strano, mi dico, prima non la portava mai. Poi il giorno dopo manda un messaggio a tutti noi vicini di posto per dirci che era risultato positivo al test. Per me non voleva saltare il derby».
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Storie di ordinaria incoscienza. «Perché se mi contagio io, sano e vaccinato, poco male, ma se poi senza sapere di essere positivo il virus lo trasmetto a una persona anziana o a un malato oncologico - dice ancora il professore - ecco che il guaio diventa serio». Qualcuno dovrebbe andare a spiegarlo ai furbetti del tampone fai da te.