Marco Lombardo per “il Giornale”
NADAL
«Io il dio della terra? Mai sentito un dio di niente, sono un ragazzo normale che ho avuto la fortuna di vincere tanto qui. E di avere il piacere di giocare a tennis». Fenomenologia di un addio, quando si è uno come Rafa Nadal.
Oggi è il giorno, forse: «Nelle mie condizioni ogni partita che gioco potrebbe essere l'ultima. E quella con Djokovic potrebbe comunque essere l'ultima a Parigi». Ore 20.45, stadio Philippe Chatrier, Roland Garros: cinquantanovesima edizione di Rafa contro Nole, 30-28 per il serbo, ma questa volta è tutto diverso, e non solo perché il sorteggio l'ha messa così presto. «Non so cosa succederà: non sono abituato a giocare qui di sera. Ma soprattutto è un anno che non ci incontriamo, chissà come andrà a finire».
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D'altronde i 36 anni sono tra tre giorni e Nadal è ormai una specie di inno alla sofferenza. In questi mesi gli è successo di tutto, compreso di incrinarsi le costole. Ma soprattutto convive con un problema allo scafoide del piede sinistro, la sindrome di Müller-Weiss, e lo fa dal 2005. È una malattia degenerativa, renderebbe zoppo chiunque. Non lui. «Diciamolo: non posso lamentarmi molto. Sono ai quarti di finale del Roland Garros».
Lo ha fatto battendo uno che ha 15 anni di meno e in 5 set. Felix Auger-Aliassime, canadese, uno dei possibili numeri uno del prossimo futuro, tra l'altro allenato da Toni Nadal.
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Sì, lui, lo zio di Rafa, quello che ha forgiato un campione straordinario arrivato a 21 Slam e che ora gli gestisce l'Accademia a Manacor. Eppure: «Due settimane e mezzo fa, anche se avevo speranze positive dopo Roma, non sapevo se sarei stato in grado di essere a Parigi.
Quindi mi godo solo il fatto che sono qui. Questa è la mia situazione. Ovviamente ho attraversato di nuovo un processo difficile con il mio piede, ma è per questo che sto solo cercando di divertirmi per quanto possibile e lottare il più possibile per mantenere vivo il sogno.
Che è continuare a giocare a tennis e tornare in un round molto avanzato del Roland Garros, giocando contro il numero 1 del mondo. Vediamo».
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Il numero 1 al mondo, come se lui, Rafa Nadal, fosse uno qualunque. Ma in fondo è questa la sua forza: feroce dentro il campo, normale fuori, come gli ha insegnato zio Toni. È la differenza: essere un numero uno senza farci troppo caso.
«Perché anche quando io ero il numero 1, non mi sono mai considerato il numero 1. Il mio approccio alla base di tutto, di tutti i miei obiettivi, in ogni torneo in cui gioco, non è mai cambiato se ero il numero 1, il 3 o il 6. Certo, quando raggiungi il top è un momento bellissimo. Ma poi ho avuto una vita normale essendo il numero 1, il 5 o il 100. L'importante è migliorarsi, sempre».
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E allora: il dio della terra? Lo pensano tutti, lo vogliono vedere tutti. Tanto che Amazon, dopo aver acquistato i diritti in esclusiva della sessione serale per 400 milioni di euro, ha deciso che Nadal-Djokovic sarà in chiaro. D'altronde potrebbe essere l'ultima di un campione che a Parigi ha vinto 13 volte, e forse non potrebbe esserci di meglio per cambiare vita. Comunque vada, stasera Rafa sarà divino. Senza voler essere un dio.
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