Stefano Montefiori per corriere.it
nanga parbat revol
L’alpinista francese Élisabeth Revol ha lasciato il Pakistan per tornare in patria ed essere curata nell’ospedale di Sallanches, in Alta Savoia. Saprà nei prossimi giorni se i medici dovranno amputarle le dita del piede sinistro e alcune falangi, rimaste congelate durante la scalata e la discesa del Nanga Parbat, 8126 metri nella catena dell’Himalaya. Nanga Parbat significa «la montagna nuda» ma è conosciuta soprattutto come «la montagna che uccide» per l’estrema difficoltà delle vie. La prima ascensione che ha avuto successo è stata quella della spedizione tedesca nel 1953 e da allora ce ne sono state in totale 186. Ma sono morti oltre 60 alpinisti, tra i quali il polacco Tomek Mackiewicz, 43 anni, che era compagno di cordata della Revol ma non è riuscito a tornare al campo base.
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Il record
Élisabeth Revol, 37 anni, è la prima donna a avere raggiunto la cima del Nanga Parbat durante l’inverno. C’erano riusciti insieme nel 2016 l’italiano Simone Moro, lo spagnolo Alex Txikon e il pakistano Ali Sadpara. La sua impresa viene macchiata dalla sorte toccata a Mackiewicz. E l’exploit che resterà alla storia è probabilmente quello dei due alpinisti polacchi che stavano tentando la scalata del K2, hanno abbandonato il loro obiettivo e sono riusciti a raggiungerla e a salvarla, percorrendo in poche ore e di notte un dislivello che di solito richiede alcuni giorni.
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L’allarme
Giovedì scorso la Revol ha usato il telefono satellitare per lanciare l’allarme: il compagno di cordata Mackiewicz stava male, cominciava a non vedere più a causa del forte riverbero in altitudine e aveva un principio di assideramento, mentre si trovavano ancora a 7450 metri. L’indomani Revol è riuscita a mettersi di nuovo in contatto con il suo assistente in Francia, a Gap, Ludovic Giambiasi, spiegando di essere arrivata a 7280. Mackiewicz era però peggiorato e aveva sintomi di edema polmonare e cerebrale. A quel punto viene presa la decisione fatale: impossibile salvare il compagno. Per avere qualche speranza che almeno uno ce la faccia, occorre abbandonare Mackiewicz. Revol riprende la discesa da sola, a sua volta colpita da un principio di assideramento.
Il salvataggio
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Sabato mattina Élisabeth comunica di nuovo: è arrivata a 6700 metri, le dita del piede sinistro sono congelate ma è ancora lucida. A questo punto bisogna trovare i soldi perché l’elicottero dell’aviazione pakistana partecipi all’operazione di soccorso. Con una campagna di crowdfunding vengono raccolti 60 mila euro in meno di 24 ore, e gli alpinisti polacchi che si trovano poco lontano, sul K2, si dichiarano disposti ad abbandonare la scalata di quella cima per andare a salvare Élisabeth. «Non abbiamo avuto alcun dubbio, prima di tutto vengono le vite umane». Denis Urubko e Adam Bielicki sono due grandi alpinisti polacchi e hanno anche il vantaggio di essere già acclimatati alla forte altitudine.
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L’incontro
L’elicottero pakistano non riesce ad arrivare a quota 7000 dove era rimasto Mackiewicz. I soccorritori polacchi vengono lasciati al campo base del Nanga Parbat e cominciano la corsa contro il tempo per raggiungere la Revol. Alle due della notte di domenica c’è l’incontro, documentato da un video su YouTube.