alberto arbasino fratelli d'italia
Su Napoli vorrei ricordare l'indimenticabile passo tratto dal primo capitolo di “Fratelli d'Italia” di Alberto Arbasino:
“Io poi a Napoli vorrei starci sempre il meno possibile. Mai combinato niente e sempre litigato con tutti. Una depressione, sempre. Veramente una città che non mi dice niente, non ha niente da darmi, virgola non mi importa niente, perciò trovo inutile venirci. Non so cosa farmene del sole Mediterraneo e dell'eredità classica e dell'Architettura normanna e delle semplici gioie della vita contadina e della pizza alla pescatora. Commedia dell'arte, per me, no grazie.
Basta uscire per strada e veder la gente e i panni stesi perché mi venga subito una gran voglia di gambe lunghe fatte senza economia, mani pulite, pelle chiara, capelli chiari, color brodo, birra buona, formaggi olandesi, parlamenti efficientissimi, ristoranti al primo piano con tappeti spessi per terra, pannelli di legno o di cuoio alle pareti, il suo soffitto basso, il suo camino acceso, il burro li subito, fresco, vini del Reno meravigliosi, lini finissimi sulla tavola, nessun pezzo che non sia d'argento vecchio, camerieri abilissimi in frac, piatti elaborati molto cremosi, anatre all'arancio, tournedos alla Rossini, terrine, salmoni, crepes, tante salse dappertutto, tutti che parlano sottovoce e non si sentono punto neanche le macchine per strada”.
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