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    NAPOLI, QUANTO VALI? SAN PAOLO COME AI TEMPI DI MARADONA PER L’EURODEBUTTO CONTRO IL BORUSSIA DI LEWANDOWSKI


     
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    1. NAPOLI, LA SCALATA DELLA MONTAGNA BORUSSIA
    Marco Azzi per "La Repubblica"

    Stavolta i maestri sono loro, anche se il Napoli è la squadra italiana che più s'avvicina al rampante modello tedesco. Il rispetto con cui i vice campioni d'Europa del Borussia Dortmund si sono accostati alla notte del San Paolo, però, la dice lunga sulla crescita economica e agonistica della società azzurra: capolista in campionato e pronta a vendere cara la pelle pure in Champions League, nonostante l'handicap di un sorteggio da brividi.

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    L'asso nella manica è Rafael Benitez, che alla vigilia della super sfida di stasera ha chiamato a raccolta i 60 mila di Fuorigrotta a colpi di slogan. «Non conosco il significato della parola timore e vado pazzo per queste partite: avremo una chance per dimostrare a tutto il mondo che pure noi siamo forti, con l'aiuto del nostro eccezionale pubblico.

    NAPOLI calcioNAPOLI calcio

    C'aspettiamo una grande mano, so di cosa sono capaci i tifosi». Niente eccessi, però: lo stadio è sotto diffida e c'è il rischio squalifica. Ma tutto fa sperare che sarà una festa: tira addirittura aria di gemellaggio tra i gruppi ultrà, che si sono dati appuntamento a ora di pranzo sul lungomare. E De Laurentiis ha dormito nell'hotel dei rivali, di cui il presidente ha una stima smisurata. «Li seguo da anni: ne ammiro i conti in regola, il lavoro sui ragazzi e soprattutto l'impianto in cui giocano».

    POMPAMEO CON RAFA BENITEZPOMPAMEO CON RAFA BENITEZ

    Pure Klopp e Lewandowski erano nel mirino del club, durante la scorsa estate. De Laurentiis aveva pensato a loro per colmare i vuoti lasciati da Mazzarri in panchina e da Cavani al centro dell'attacco, poi sono arrivati Benitez e Higuain e il presidente è sicuro di non averci rimesso. Resta la grande stima per il modello tedesco, di cui il nuovo Napoli - risorto 9 anni fa dal fallimento - condivide i punti cardine.

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    I conti virtuosi, in particolare: con un bilancio che può competere con quello del Borussia Dortmund, indicato dall'Uefa come esempio di fair play per i suoi numeri in attivo. Ed è simile anche la politica dei due club nei confronti dei giovani, cresciuti in casa e trasformati in campioni. I tedeschi hanno costruito sui talenti del loro vivaio la corazzata che ha sfiorato il trionfo in Champions, giungendo fino alla finale nella passata edizione. Un percorso simile a quello seguito da Hamsik (a Napoli a 18 anni) e soprattutto da Insigne: in ballottaggio stasera per una maglia da titolare con Pandev.

    L'altro dubbio è in difesa tra Cannavaro e Britos, col capitano favorito. Rientreranno i titolari risparmiati sabato in campionato: Maggio, Zuniga e Behrami, il cui pressing potrebbe essere un'arma decisiva. «Guai a lasciare spazio ai nostri avversari, in velocità sono micidiali», ha avvisato il mediano svizzero. E gli ha fatto subito eco Don Rafa. «Loro restano più avanti: lavorano da sei stagioni con lo stesso tecnico e giocano a memoria. Noi siamo invece all'inizio di un nuovo progetto e stiamo crescendo. Un'altra vittoria ci aiuterebbe a fare più in fretta».

    Borussia dortmundBorussia dortmund

    Il Napoli ci proverà. «La nostra prima idea è andare all'attacco, se gli avversari ce lo permetteranno», ha promesso alla vigilia Benitez, scartando l'ipotesi di una difesa a oltranza. D'accordo che i maestri sono loro, stavolta, ma Hamsik & C sono primi in classifica in campionato e vogliono cavalcare l'entusiasmo, anche se De Laurentiis ha avvertito i 60 mila del San Paolo con un comunicato. «Rispettiamo le regole Uefa, c'è il rischio di squalifica». È lo stadio l'handicap che allontana ancora la società azzurra dal modello tedesco: in prospettiva. Il presente può essere, però, un'altra cosa. Parola di Don Rafa: «In campo saremo undici contro undici».

    2. RAFA E JÜRGEN, IL DUELLO DEI FOLGORATI DA SACCHI
    Angelo Carotenuto per "La Repubblica"

    Lo vide nel monitor e quasi piangeva. Sacchi in studio, lui a Madrid. Con la finale di Champions appena conquistata. Jürgen Klopp gli disse grazie, in inglese, «non ci siamo mai incontrati ma tutto quello che sono come allenatore, lo devo a te, la mia squadra è il 10% di quel che fu la tua». Rafa Benítez è uomo meno incline alle riverenze, ma appena può ricorda che «ho preso il meglio da tanti maestri, se devo parlare di ispirazione dico Arrigo Sacchi». Per studiarne filosofia e metodi di lavoro, a suo tempo aveva deviato il viaggio di nozze verso Milanello, per l'entusiasmo della signora Montserrat.

    Venticinque anni dopo l'exploit di Sacchi, la Champions comincia stasera con una sfida tattica fra due che si sentono nipotini di quel calcio. Peraltro, questa inclinazione di Benítez è materia che a Napoli si maneggia con dolore e cautela: lì Sacchi è ancora un trauma (scudetto 1988) come ha scritto il sito di analisi politicocalcistica "Il Napolista" in una severa analisi della parabola dell'uomo di Fusignano. È dura adesso accettarlo come nume tutelare. «Avere talento conta. Ma conta di più vedere cosa te ne fai», sempre Klopp, ma potrebbe essere lui, l'Originale. Quello che chiedeva a van Basten di correre dietro agli avversari. «Prima di lui pensavamo che se gli altri erano più forti, noi avremmo perso».

    L'eredità sta in quello che Klopp chiama Gegenpressing. Il contropressing. Se un tuo attacco viene fermato, non torni indietro, fai l'esatto opposto, vai a riprenderti la palla vicino alla loro area. È la via più breve per difendersi e lo travesti da spettacolo. Nel suo numero di ottobre, la rivista Four Four Two ha messo in fila le squadre più forti di sempre. Il Milan di Sacchi è secondo, «la squadra che seppe impastare il catenaccio con il calcio olandese». È l'era del pressing. Ma qui si corre tenendo il chilometraggio basso. Il punto è dove, il punto è come. Su microspazi.

    Benítez fa sedute atletiche solo con la palla, Klopp dice che il contro-pressing non si allena perché non sai se te la toglieranno. «Io alleno impulsi». Allenano menti. Una volta Klopp portò il suo Mainz su un lago in Svezia, cinque giorni senza cibo, i giocatori dovevano pescarlo da soli. Benítez ha messo i suoi in canoa sulle rapide per fare gruppo. Intensi. Alla fine è quello che conta.

     

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