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    FAR VOTARE AL SENATO I 18ENNI NON SERVE SE I RAGAZZI NON SEGUONO E NON CAPISCONO LA POLITICA (E SCAMBIANO FEDEZ PER UN LEADER) - LA RIFORMA, VOLUTA DA LETTA E DAI 5STELLE PER AUMENTARE I LORO CONSENSI NELLA GENERAZIONE SOCIAL, AVVIENE NEL DISINTERESSE DEI DESTINATARI PERSI TRA I FERRAGNEZ E I SOCIAL - IL POLITOLOGO EDOARDO NOVELLI: "LA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI ANNACQUA LA POTENZIALITÀ "DESTABILIZZANTE" DI QUESTI VOTI"


     
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    1 - VOTO AI 18ENNI PER IL SENATO RIFORMA ACCHIAPPA-GIOVANI

    Mario Ajello per "il Messaggero"

     

    voto 18enni senato voto 18enni senato

    Devono ritenerlo in modo, soprattutto il Pd e i 5 stelle, di togliere terreno ai Ferragnez, di entrare in sintonia con i giovani, di farsi millennial tra i millennials per aumentare i propri consensi. E così - al netto del fatto che il calcolo potrebbe essere sbagliato, visto che i ragazzi della politica per lo più se ne infischiano e non scendono in piazza per chiedere di parteciparvi di più - ecco il Senato che approva definitivamente e quasi all' unanimità l' allargamento del diritto di voto ai 18enni per Palazzo Madama. Non più gli over 25 ma anche gli under potranno scegliere i senatori.

     

    Ne sentivano il bisogno? Non parrebbe. E comunque: dal prossimo appunto per le Politiche (nel 2023 presumibilmente) 4 milioni di ragazzi si aggiungeranno nella platea elettorale.

     

    Enrico Letta Enrico Letta

    Per la promulgazione di questa legge costituzionale - votata ieri con 178 sì, 15 no e 30 astenuti - dovranno passare tre mesi, durante i quali potrà essere richiesto il referendum confermativo: il 9 giugno scorso infatti la Camera ha approvato il ddl senza raggiungere il quorum dei due terzi. Intanto siamo agli entusiasmi, e quello di Enrico Letta è incontenibile: «Fino ai ieri un giovane tra i 18 e i 25 anni aveva un potere dimezzato rispetto agli altri elettori più anziani. Votava solo alla Camera. Da adesso voterà anche per il senato. Un piccolo ma concreto passo per dare più forza alla voce dei giovani».

     

    RUBABANDIERA Sì, i ggiovani. Toglierli ai Ferragnez e recuperarli ai partiti sembra impresa disperata. E non è certo il contentino del voto dei 18 per il Senato - e anche il voto in generale ai 16enni su cui sempre il Pd insiste assai, parlando addirittura di «rivoluzione generazionale» per questa eventuale riforma non chiesta dai giovani ma dai giovanilisti - quello che appare molto adatto per recuperare un minimo di attenzione da parte dei ragazzi e delle ragazze che a milioni (di follower) si riversano sui Ferragnez e su altri interessi che non sono il Nazareno o altre botteghe partitiche. Sui quali i clic e i like dei millennials non si riversano e continueranno a non riversarsi.

    voto ai 18enni senato 2 voto ai 18enni senato 2

     

    Il paradosso è che questo tipo di iniziative legislative per i ggiovani, nel disinteresse dei destinatari, coincide con una fase in cui esistono altri problemi di grande impellenza per le sorti della nazione. Esempio.

     

    L' Unione Europea dà all' Italia una pagella da incubo sulla giustizia - processi lentissimi, scarsa indipendenza dei giudici, risorse umane insufficienti negli uffici e nei tribunali e dunque Bruxelles dice: o fate le riforme o non vi diamo i soldi del Pnrr - ma il Palazzo è tutto contento per il regalo non richiesto donato ai propri ragazzi quando si potrebbe fare molto altro e molto di più, ossia grandi riforme strutturali, invece di un pannicello caldo come il voto senatoriale ai 18enni e poi magari ai 16enni. E verrebbe da allargare il discorso alla legge Zan. Naturalmente importante: ma è davvero una priorità, mentre la Ue ci chiede riforme di sistema - non solo la giustizia ma anche il fisco, la burocrazia, le infrastrutture - e vincola alla loro realizzazione l' assegnazione dei soldi del Recovery Plan?

     

    mario draghi al senato mario draghi al senato

    I NODI VERI E' curioso che, tra le tante riforme necessarie alla Costituzione, quella meno sentita e di cui meno si è parlato - cioè appunto questa del voto ai 18enni per il Senato - è l' unica che viene fatta. Nell' indifferenza dei più. A riprova che i partiti, mentre Draghi governa e cerca di garantire all' Europa che le riforme di sostanza le faremo, per lo più si cimentano su temi che - si veda anche l' insistenza dem sullo ius culturae - non sembrano in questo momento appassionare le masse.

    Evviva il voto ai ragazzi, insomma, ma evviva soprattutto tante altre cose, ossia - se ci saranno - i grandi interventi per l' economia, per la crescita, per il lavoro.

     

    2 - EDOARDO NOVELLI IL POLITOLOGO SCETTICO

    Giuseppe Salvaggiulo per "la Stampa"

     

    «Quando si aprono nuovi bacini elettorali, c' è sempre una certa attenzione da parte dei partiti. Sono situazioni che possono creare cambiamenti», dice Edoardo Novelli, professore di comunicazione politica all' università RomaTre.

     

    Quali precedenti ci sono nella storia italiana?

    mario draghi al senato mario draghi al senato

    «Il voto alle donne nel 1946 fu una novità consistente: era il 50 per cento della popolazione, meno politicizzato e alfabetizzato, di orientamento prevalentemente cattolico. Ma non si crearono particolari cambiamenti, a differenza di quanto accadde negli Anni 70».

     

    In che senso?

    «L' altra grande novità fu nel 1976, con l' abbassamento a 18 anni dell' età per votare per la Camera. Era una situazione particolare: significava l' immissione di una grande quantità di persone, tutti i figli del boom economico».

     

    Quali erano le differenze?

    «In questo caso la politicizzazione era molto forte, due anni prima il referendum sul divorzio aveva mostrato l' esistenza di una società radicalmente cambiata, nel 1975 c' era stata la grande avanzata del Pci alle elezioni amministrative con il supporto dei movimenti extraparlamentari».

     

    Uno spostamento a sinistra ci fu?

    ENRICO LETTA ENRICO LETTA

    «La Dc era molto preoccupata dopo queste sconfitte e lo temeva. In effetti le elezioni segnarono un ulteriore avanzamento del Pci, pur senza sorpasso».

     

    E poi non è successo più nulla, come mai?

    «Nel 2005 si era tentata un' operazione di allargamento con l' introduzione delle primarie dell' Unione per selezionare il leader della coalizione. Votarono sedicenni e immigrati residenti e fu un successo».

     

    Adesso qual è la situazione?

    «In assenza di grandi cambiamenti, ci sono due forbici: la disaffezione al voto, con percentuali calanti di affluenza soprattutto tra i giovani, e di conseguenza il tentativo di ampliare il bacino elettorale. Il punto è che i giovani sono proprio i più disaffezionati».

     

    Che effetti potrebbe avere la riforma?

    «Il numero di giovani interessati è relativamente contenuto. E poi la riduzione del numero dei parlamentari annacqua la potenzialità "destabilizzante" di questi voti. E poi mentre nel 1970 l' orientamento era verso sinistra, ora il quadro è più equilibrato, ci sono posizioni più conservatrici».

     

    Come reagiranno i giovani?

    LUIGI DI MAIO LUIGI DI MAIO

    «La fame di partecipazione non è così diffusa. L' idea di poter partecipare potrà avere, se non altro all' inizio, un qualche effetto. Ma non prevedo code ai seggi».

     

     

    Perchè?

    «Una legge elettorale con liste bloccate disincentiva la partecipazione. E poi la vera questione riguarda l' offerta politica per i giovani e il linguaggio della comunicazione con riferimento a una generazione che comunica in modi completamente nuovi. Un quadro politico confuso difficilmente suscita partecipazione. Insomma: i giovani come e per cosa dovrebbero andare a votare?».

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