Estratto dell’articolo di Rosaria Amato per “la Repubblica”
immigrati lavoro
Ne arrivano sempre meno, e chi può va via: gli immigrati regolari in Italia sono 5,2 milioni e il loro contributo all'economia vale quasi 144 miliardi, il 9% del Pil, ma prima del Covid arrivava al 9,5%. E anche la loro incidenza tra gli occupati è scesa dal 10,3% del 2019 al 10%.
Sembrano differenze lievi, ma per alcuni settori dell'economia italiana, dall'agricoltura all'edilizia al turismo, il contributo dei lavoratori immigrati è fondamentale, non solo per i contratti stagionali, e il calo della partecipazione al mercato del lavoro è stato un grave problema quest'anno, con la ripresa a pieno ritmo delle attività. Tanto che alcuni settori, come l'edilizia, non solo per ragioni umanitarie, ma anche per far fronte al forte fabbisogno di manodopera, si sono organizzati per riqualificare e inserire i rifugiati nei cantieri e in azienda.
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A calcolare l'impatto del lavoro degli stranieri sull'economia italiana è la Fondazione Leone Moressa, nel Rapporto annuale che verrà pubblicato a novembre. La pandemia ha accelerato un fenomeno in corso già da diversi anni: «Le partenze degli immigrati dall'Italia sono cominciate nel 2011, dopo la crisi, e il fenomeno si è accentuato negli ultimi due anni, con la pandemia. Chi aveva un lavoro precario ed è rimasto disoccupato ha preferito tornare a casa, oppure spostarsi in Paesi più affini dal punto di vista linguistico, come la Francia per i nordafricani o il Regno Unito per gli asiatici - spiega il ricercatore della Fondazione Moressa Enrico Di Pasquale - Le imprese adesso avrebbero bisogno di molta più manodopera stagionale, ma i tempi del decreto flussi sono sbagliati, non coincidono con quelli dell'economia: quest' anno a giugno era ancora tutto fermo».
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Il decreto flussi autorizzava l'arrivo di circa 70 mila lavoratori, ma ne sono arrivati meno, per problemi burocratici e gestionali. «Quello di quest'anno è stato un disastro burocratico - conferma Romano Magrini, responsabile lavoro di Coldiretti - Il settore agricolo avrebbe avuto bisogno almeno di 100mila lavoratori stranieri a partire da marzo, siamo riusciti a farne arrivare tra i 10 e i 15 mila. E quando sono arrivati, la stagione della raccolta della frutta era ampiamente partita». [...]
L'agricoltura, che secondo i dati della Fondazione Moressa ha la maggiore incidenza di lavoratori stranieri (il 18%), seguita da ristorazione (16,9%) ed edilizia (16,3%), non è il solo settore ad aver sofferto di forte carenza di manodopera. «Prima della pandemia, un quarto dei nostri 940 mila lavoratori dipendenti erano extracomunitari», dice Luciano Sbraga, direttore Ufficio studi Fipe-Confcommercio. «Ne abbiamo persi 243 mila, e ne abbiamo recuperati solo 50 mila finora. Il 40% dei lavoratori che cerchiamo sono difficili da reperire, e i numeri del decreto flussi sono una goccia nel mare».
lavoro degli immigrati nelle serre siciliane
Nella stessa condizione gli albergatori: «Una parte import ante dei nostri dipendenti è extracomunitaria, e abbiamo bisogno di sapere chi possiamo assumere al massimo a febbraio - dice Gianni Battaiola, presidente degli albergatori del Trentino - Molti di loro svolgono mansioni che i lavoratori italiani preferiscono non fare, come le pulizie nelle camere o il lavapiatti, tanti fanno i camerieri. Ne abbiamo bisogno sia per la stagione estiva che per quella invernale». [...]
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A fronte di questa forte carenza di manodopera, è possibile far lavorare i rifugiati? L'Ance, l'associazione dei costruttori, non se lo è chiesto due volte, e ha stipulato un accordo con il ministero del Lavoro per la riqualificazione e l'inserimento di tremila "migranti vulnerabili". E, per accelerare i tempi del decreto flussi, ha firmato anche un accordo con le Misericordie, per selezionare i lavoratori già nei Paesi di origine, e farli arrivare in Italia con la garanzia di un contratto e di un alloggio.
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