Liliana Segre per il “Corriere della Sera”
nedo fiano col figlio emanuele
Quando, ormai trent'anni fa, decisi di raccontare la mia esperienza di giovanissima deportata ad Auschwitz, molte scuole di tutta Italia cominciarono a invitarmi per ascoltare la mia testimonianza. Quasi in ogni luogo ero stata preceduta da Nedo Fiano, il padre dell'autore, al quale, fin dal bellissimo titolo "Il profumo di mio padre", è dedicato questo libro (in uscita domani per Piem-me).
nedo fiano sopravvissuto
Nedo era alto, bello, vigoroso, vulcanico, estroverso: riportava con esattezza i fatti, le situazioni, i personaggi della tragedia che aveva attraversato, ma li impersonava come un attore consumato, alzava la voce o la riduceva a un sussurro, si commuoveva e piangeva sulla sorte sua e di tutta la sua famiglia assassinata dai nazisti.
fiano
Tutto il contrario di me, che non so commuovermi e piangere in pubblico e che non alzo mai la voce: due testimoni più diversi, magari nella stessa scuola, era difficile immaginarseli. Ma a me andava bene così, era giusto così, perché eravamo e siamo due individui, non due robot-schiavi come avrebbero voluto ridurci i nostri aguzzini.
nedo fiano
Di cinque anni maggiore di me, Nedo era entrato nel lager da giovane uomo, mentre io ero una ragazzina appena adolescente: lui sapeva un po' di tedesco, mentre io nemmeno una sillaba.
il numero di nedo fiano nei lager
Lui venne assegnato al Kanada - il magazzino in cui si smistavano i vestiti, le valigie e ogni avere strappato alle vittime - dove le sofferenze, per chi lavorava lì, erano un po' meno terribili e la possibilità di sopravvivere un po' più alta, mentre io, sfuggita per puro caso alle selezioni, lavoravo come operaia-schiava nella fabbrica di munizioni Union. Insomma, diversi erano non solo i nostri temperamenti, ma diverse - e molto - erano anche le nostre esperienze ad Auschwitz-Birkenau.
foto di nedo fiano
Dopo la Liberazione i nostri ruoli si erano in un certo senso invertiti: io, più fortunata, avevo trovato ad accogliermi una certa agiatezza materiale e - non senza difficoltà e incomprensioni - quel che restava della mia famiglia, i nonni materni, gli zii. Nedo invece non aveva trovato nessuno. Dopo l'inferno, il deserto.
Con un coraggio da leone, che ho sempre ammirato e ammiro ancora oggi, si era rifatto letteralmente una vita, una famiglia, un'istruzione (laureandosi da studente lavoratore passati i quarant'anni), una carriera e una posizione economica e sociale.
liliana segre 5
Nedo, con le sue ferite inguaribili e comuni a tutti noi sopravvissuti, è stato nonostante tutto l'incarnazione stessa dell'ottimismo della volontà, del volercela fare a dispetto di ogni tragedia e avversità. La sua fascinazione per tutto ciò che era moderno e per l'America land of opportunity, che suo figlio Emanuele racconta benissimo in questo libro, era il segno visibile del suo carattere indomito.
liliana segre 4
Nel libro di Emanuele Fiano - anche di lui come di suo padre sono da molti anni diventata amica e ammiratrice del suo costante impegno civile - vengono raccontate con gusto e talento di scrittore molte altre vicende famigliari: la Firenze d'origine tra lussuose ville di parenti ricchi e più modeste pensioni, la Milano del miracolo economico che unisce nel progresso sociale ed economico ebrei e non ebrei in un'atmosfera di aperta solidarietà, l'attaccamento pieno di tenerezza alle tradizioni ebraiche anche da chi, come Emanuele e io stessa, non si considera credente.
emanuele fiano
E naturalmente c'è la Shoah, scoperta progressivamente e dolorosamente tra cose non dette e frasi lasciate cadere, la Shoah incomprensibile e sempre presente. Ma se ho parlato tanto di Nedo, del nostro essere entrambi dei sopravvissuti e del mio rapporto con lui è perché questo libro è soprattutto un grande atto di amore filiale. L'amore per un padre non sempre facile, abitato dai suoi fantasmi e dai suoi incubi - dovrei dire dai nostri fantasmi e dai nostri incubi -, ma capace di passare al figlio un testimone o forse un lievito che Emanuele descrive così alla fine del suo racconto: «"Non mi lasciare mai", sembra che mi dica la voce di dentro "non permetterti di dimenticarmi, di dimenticare tuo padre e quelle rovine fumanti che ha attraversato, non abbandonare mai la voglia di entrare fin dentro i meandri più crudi dell'animo umano, fin dove ogni morale si è persa, sappi che sei figlio della forza sovrumana di chi non si è dato per vinto, di chi ha continuato a sperare"».
EMANUELE FIANO emanuele fiano