LORENZO CREMONESI per il Corriere della Sera
«Ci ha colpito la loro fame. Tutta questa gente che carichiamo sui nostri aerei arriva davvero affamata. Ovvio che il volo dal Kuwait a Roma è soltanto l'ultimo tratto di un lunghissimo viaggio e noi cerchiamo di aiutarli per quanto possibile».
marco b daniele b piloti aeronautica
A parlare sono Marco B. di Genova e Daniele B. di Roma, i due piloti 34enni dell'Aeronautica militare che conducono il grosso Boeing KC-767A nel contesto dell'operazione «Aquila Omnia». Li intervistiamo in piena fase operativa, sia in volo, che appena atterrati nella gigantesca base in Kuwait. Qui sta l'hub che funziona da supporto logistico per l'evacuazione degli afghani. Entrambi sono in servizio da una quindicina d'anni e larga parte della loro attività è stata nell'ambito di Isaf e comunque con i contingenti italiani che sino al giugno scorso operavano da Herat.
«Ci sono tanti bambini. La nostra capacità massima è di un centinaio di persone. Ma ieri erano 119 dal momento che le mamme si portavano in braccio i figli piccoli, alcuni anche appena nati. Una donna al nono mese di gravidanza è stata assistita dal nostro personale medico a bordo. Oggi si trova in un ospedale di Roma per il parto», raccontano i due piloti. Il loro è uno sforzo continuo. Il ponte aereo viene intensificato, specie in vista della fine delle operazioni entro il 31 agosto. Gli ufficiali italiani hanno volato due volte in 24 ore e presto dovranno ripartire. «Dai volti di questa gente percepiamo il loro dramma. Ognuno è una storia, una fuga, lascia parenti e amici. Sono felici di scappare. Ma anche preoccupati per ciò che resta alle loro spalle. Con loro non possiamo parlare. Ma a bordo c'è un team di sostegno», spiegano.
evacuazione kabul
E aggiungono: «Atterrati in Kuwait vengono rifocillati. In genere con cibi secchi per evitare che stiano male in volo. Per i bambini abbiamo latte in polvere. Abbiamo distribuito anche biscotti e cracker. Il tempo del viaggio è lungo. Oltre sei ore con il C130: da Kabul a Islamabad, in Pakistan, per fare carburante e poi in Kuwait. Da qui una tappa sola sino a Roma. Il tutto può durare tra le 22 e le 26 ore». I due piloti ricordano che «si tratta di gente che è in viaggio per strada da settimane. Hanno trascorso giornate intere sotto il sole di fronte all'aeroporto di Kabul». Concordano: «Nei loro occhi c'è la paura,il terrore. Ai bambini diamo anche giocattoli e album da disegnare con i colori. Cerchiamo di aiutarli a superare il trauma». Tra poco ripartiranno. L'aereo viene ripulito e sanificato dopo ogni viaggio. Il tempo di un riposo nei prefabbricati della base e via. Fuori il sole picchia. A mezzogiorno si è vicini ai 45 gradi con il 25 per cento d'umidità: un clima difficile. Ma l'inferno di Kabul è finalmente dietro le spalle.
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