Estratto dell’articolo di Andrea Greco per “la Repubblica”
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Tornano a crescere le famiglie che risparmiano: sono il 53,5% del totale, contro il 48,6% del 2021. Si rivede il 55,1% del 2019 pre-Covid, tra segni normalizzatori e la cautela che merita il contesto incertissimo. La paura del futuro innalza anche la quota di reddito risparmiata: all'11,5% dal 10,9% del 2021. E cresce, in parallelo, il ricorso ai professionisti (quasi sempre, bancari), e alle classi di risparmio più rodate, come i fondi e la previdenza complementare: non sembra più tempo di gestioni passive e fai-da-te.
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Ne parla la ricerca annuale presentata da Intesa Sanpaolo e Centro Einaudi, basata su un campione di 1.000 italiani sentiti tra marzo e aprile. «Riscontriamo prudenza nelle famiglie e nelle imprese, in una fase di redistribuzione della ricchezza mondiale che mette alla prova gli investimenti e la propensione al rischio dei risparmiatori italiani, storicamente molto bassa - ha detto Gian Maria Gros Pietro, presidente di Intesa Sanpaolo, banca leader nazionale nel settore -. Ma il rischio bisogna affrontarlo e gestirlo: il risparmio inerte sui depositi è un grandissimo danno sociale».
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La volatilità delle quotazioni, specie al ribasso nel 2022, frena il risparmio. Il 53% del campione, quando investe, guarda anzitutto la sicurezza delle somme in gioco. Nel 2000, altra epoca, i primi due fattori erano la tempistica e gli strumenti scelti, ora scese a seconda e terza priorità col 42,5% e il 31% delle risposte. L'accresciuta percezione del rischio gonfia la liquidità italiana: quasi duemila miliardi di euro, oltre metà delle famiglie.
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«Forse non tutti hanno compreso che con l'inflazione al 10% tenere i soldi fermi e non investiti ha un inevitabile costo - ha detto il capo economista di Intesa Sanpaolo, Gregorio De Felice -. Il Paese ha ancora un problema di educazione finanziaria malgrado gli sforzi del sistema bancario». Complici i lockdown, la liquidità delle famiglie in due anni è salita di 135 miliardi (+13%), ed è raddoppiata - dal 40% all'80% - in rapporto alle somme tenute per i «normali pagamenti». Affiorano, però, i primi dubbi che il conto corrente non sia l'opzione migliore data l'inflazione: gli italiani "soddisfatti" di questa soluzione sono scesi dal 18% al 14,8% in un anno. […]
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Per investire, però, i giovani devono prima guadagnare. Solo il 6% di chi ha 18/34 anni ha un reddito «più che sufficiente», e il 50% dei giovani stima che risparmierà ancor meno nel 2023-24. Solo il 2,3% dei giovani è «molto interessato» a economia e finanza, temi a cui in media i giovani dedicano 17 minuti la settimana. Senza redditi adeguati non ci sono né risparmi né futuro.