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Paolo Russo per "la Stampa"
Stressati dai turni di lavoro massacranti, demotivati da una prospettiva di carriera che non c'è e un po' impauriti da un'emergenza che ha costretto chi magari fa l'oculista a vedersela con pazienti in crisi di ossigeno, medici e infermieri hanno preso a fare la valigia, abbandonando Asl e ospedali pubblici. Magari per lavorare ai meno stressanti ritmi del privato. O ritirarsi a una vita da pensionati.
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Che poi di solo riposo non è perché casomai si arrotonda con un po' di libera professione, della quale c'è ancora più richiesta, visto che la pandemia tra i suoi effetti ha avuto anche quello di far allungare a dismisura le liste di attesa. La fuga dei medici in realtà parte da lontano, perché già nel 2019 il 2,9% dei camici bianchi ospedalieri, raccontano i numeri del Conto annuale del Tesoro, hanno deciso di dare le dimissioni. Tremila e 123 dottori che si sono licenziati per andarsene a lavorare nel privato.
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E durante i due anni di pandemia il fenomeno, a sentire i sindacati di categoria si è accentuato, portando vicino a quota quattromila l'anno l'esercito dei fuoriusciti. Che nel biennio fanno 8mila medici in meno. Ai quali ne vanno aggiunti altri 4mila che dal 2019 al 2021, secondo i dati dell'Enpam, l'ente previdenziale medico, hanno colto l'opportunità di prepensionarsi approfittando dell'opzione "quota 100".
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E così si arriva a un totale di 12mila camici bianchi scomparsi dalle piante organiche, già sguarnite di loro, perché dopo anni di tagli e mancata programmazione della formazione universitaria abbiamo finito per lasciare sguarniti ben 25mila posti secondo le stime dell'Anaao, sindacato dei medici ospedalieri. In queste condizioni è chiaro che non sarà facile saturare l'altra ferita sanitaria aperta dalla pandemia, quella delle cure e degli screening per prevenire malattie come i tumori, negati perché gli ospedali hanno dovuto riconvertire interi reparti alla cura dei malati Covid.
medici infermieri
E le prospettive sono anche peggiori, come dimostra un'indagine condotta dall'altro sindacato medico, la Cimo. Solo il 28% dei camici bianchi ospedalieri si dice infatti disposto a restare nel pubblico, meno di uno su tre. Tra chi medita la fuga il 26% punta all'estero, dove le retribuzioni sono nettamente maggiori alle nostre, il 19% è ingolosito dal pensionamento anticipato, il 14% è pronto a bussare alla porta di qualche clinica privata e il 13% a darsi per intero alla libera professione.
stanchezza negli operatori socio sanitari
Uno dei motivi lo indica la stessa indagine ed è il ritmo insostenibile di lavoro. Il 20% va infatti oltre le 48 ore settimanali, il 48% passa in corsia dalle 39 alle 48 ore e solo il 27% è dentro le canoniche 38 ore previste dal contratto di lavoro. «Se a questo aggiungiamo che in dieci anni si sono chiusi 5.657 reparti, che equivalgono ad altrettante possibilità di poter ambire a un posto di primario. Se in più consideriamo lo stress di chi in questi due anni si è visto scaraventare ad affrontare nelle terapie sub intensive pazienti Covid con problematiche che nulla avevano a che fare con la propria specializzazione medica, ecco spiegato il perché di questo esodo», spiega il Presidente della Cimo, Guido Quici.
medici e infermieri sotto stress
Per ridurre lo stress e offrire nuove prospettive di carriera la soluzione numero uno era e resta quella di assumere forza lavoro fresca. Che pure scarseggia sul mercato, visto che per anni il numero chiuso nelle scuole di specializzazioni ha finito per svuotare il serbatoio dei nuovi medici. L'ultima manovra economica ha stanziato 690 milioni per assumere il personale sanitario, superando anche i vecchi limiti di spesa per il personale, che impedivano alle regioni di stipulare nuovi contratti. Ma come stiano andando le cose ce lo spiega sempre il dottor Quici.
infermiere stanco per il covid
«Se andiamo a vedere quello che è successo prima, dal 2009 al 2019, vediamo che mentre tutte le voci di spesa sanitarie crescevano, quella per il personale è andata giù in discesa di un miliardo e 240 milioni. Con la pandemia si è ripreso ad assumere ma quasi sempre a tempo determinato e sono aumentati più gli amministrativi». Viene spontaneo chiedere perché e la risposta è sconfortante. «Perché al costo di uno ne assumi due e la sanità è sempre stata un buon serbatoio di voti per la politica», non le manda a dire il Presidente della Cimo.
medico sotto stress per il covid
Gli stessi problemi li ritroviamo quando andiamo a gettare l'occhio sugli infermieri. Qui a mancare all'appello erano già in 63mila, ma ora secondo la Fnopi, la Federazione degli Ordini infermieristici, altri 2.500 hanno detto addio al pubblico «per dedicarsi soprattutto al Nord alla più remunerativa attività libero professionale», spiega la Presidente, Barbara Mangiacavalli. Per la quale dall'imbuto si esce «rivedendo i percorsi di formazione, di carriera e retributivi».
infermieri 7
Magari lavorando anche un po' meno sotto quello stress che ha colpito oltre il 60% degli infermieri. Anche loro stufi di essere chiamati eroi e poi lasciati in condizioni di lavoro che sempre in meno sono disposti ancora ad accettare. E che tolgono il sonno al 70% di loro. Ma non fanno stare tranquilli neanche noi, perché come raccontano gli studi internazionali raccolti dalla Fnopi, quando un infermiere deve assistere più di sei pazienti, il rischio di mortalità aumenta tra il 20 e il 30%.
sala operatoria
E da noi ciascuno degli angeli dimenticati della pandemia deve vedersela con il doppio dei ricoverati. Che rischiano di diventare ancora di più se non si interverrà energicamente ad arginare la fuga dagli ospedali.