Estratto dell’articolo di Francesco Grignetti per “La Stampa”
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Il sovraffollamento nelle carceri italiane significa tante piccole cose negative. Gli spazi della cella si fanno sempre più angusti. I letti a castello si arrampicano all'insù. Il bagno della cella va diviso con più compagni di prima. E così, prevedibilmente, aumentano le tensioni. Ormai è un bollettino quotidiano di aggressioni, di tentati suicidi (e drammaticamente sono tantissimi quelli che ci riescono a farla finita), di liti. La situazione è sempre più al limite. Parlano i numeri: a fine novembre, risultavano 60.116 detenuti a fronte di 51.272 posti regolamentari.
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Da un anno all'altro, sotto il governo Meloni, si registrano 4 mila detenuti in più. La spiegazione di questo trend è banale. Non c'entrano i nuovi reati, annunciati con toni stentorei, perché le celle non si sono affatto saturate di organizzatori di rave o di scafisti inseguiti lungo l'orbe terracqueo. C'entra piuttosto la misconosciuta sospensione della corsia preferenziale verso i benefici carcerari (che permettevano discreti periodi fuori dal penitenziario) istituita con il Covid.
Le statistiche, però, ingannano: ci sono carceri dove il rapporto tra persone ristrette e spazi è accettabile, altre dove è esplosivo. Il giorno di Natale, per dire, i radicali e alcuni avvocati sono andati alle Vallette di Torino.
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Uscendo, ha raccontato Mario Barbaro, del partito radicale: «Il sovraffollamento è molto elevato: sono presenti poco meno di 1.400 detenuti su una capienza regolamentare di circa 1.000, dato pressoché stabile nella sua gravità. Anche l'organico di polizia penitenziaria è sottodimensionato: circa 700 agenti rispetto a una pianta organica di circa 900». […]
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Il Covid per paradosso aveva permesso anche alcune novità positive: più telefonate e più videochiamate a casa. Sembra poca cosa, per chi è fuori. È tantissimo per chi è dentro. Ma questo ritorno all'indietro ha comportato anche un forte contraccolpo psicologico. Chi frequenta il carcere racconta che si è irrigidita la vita interna e puntualmente sono aumentate le tensioni. […]
La «buona condotta», infatti, permette dei conteggi molto favorevoli quando si sconta la pena. Si cancellano 45 giorni ogni sei mesi di pena, pari a 3 mesi per ogni anno. Il sovraffollamento, insomma, può essere considerato un effetto e non una causa delle tensioni. Ma ovviamente alla lunga il sovraffollamento diventa causa di altre tensioni. E così il carcere rischia di finire in una spirale che non può portare nulla di buono.
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[…] Gennarino De Fazio è un sindacalista Uil della polizia penitenziaria. Il suo resoconto è drammatico: «Come se non fosse già troppo, si aggiunga l'inefficienza del servizio sanitario, la non gestione dei detenuti con patologie psichiatriche, con malati di mente pressoché abbandonati a sé stessi e, non di rado, trattenuti in carcere senza un titolo giuridico. E il lugubre quadro dell'illegalità del sistema è dipinto». […]