1. NEI SONDAGGI MICHELLE È UNA PERFETTA VICEPRESIDENTE, MENO QUOTATA PER LA CASA BIANCA…
DAGONEWS
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Il team di Barack e Michelle Obama ha fatto commissionare dei sondaggi riservati: se Biden fa un ticket con una donna moderata di colore (Michelle o Susan Rice o Kamala Harris) ottiene il 55,5% dei consensi, se invece sceglie una donna di sinistra (Elizabeth Warren), si fermerebbe al 50,5%. Questo ovviamente non tiene conto dei consensi nei singoli stati e del sistema dei grandi elettori, ma è sicuramente un segnale. Non è un caso che il docufilm Netflix sull'ex first lady sia uscito proprio adesso, nella stagione in cui si scelgono i vice.
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Ovviamente il patto tra i due prevede che il vecchio Joe resti in sella solo per un mandato, lasciando il posto a Michelle dopo 4 anni. Obama in questi mesi è stato determinante per garantire la nomination a Biden, togliendo di mezzo al momento giusto alcuni rivali su cui aveva un ascendente, da Buttigieg e Klobuchar, e che avrebbero trasformato il Super Tuesday in una trincea per il suo ex vice. Ora è arrivato il momento di riscuotere.
Michelle ha una grandissima popolarità, soprattutto tra donne e minoranze, ed è quindi perfetta (in realtà ''sprecata'') come vicepresidente. Però in quegli stessi sondaggi c'erano anche dei numeri meno lusinghieri: come candidata alla presidenza, non riscuote altrettanto successo. Non ha l'esperienza sufficiente a ricoprire quel ruolo, tanto più che lei durante il mandato del marito ha spesso precisato di non aver lavorato attivamente al fianco del presidente ma di aver tenuto separate politica e famiglia.
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Senza coronavirus, Biden si sarebbe probabilmente trovato una running mate diversa. Ma ora che il virus ha cancellato primarie, comizi, confronti televisivi, migliaia di eventi in giro per il paese, ha bisogno di qualcuno che dia una spinta alla sua immagine finita nel cono d'ombra. Non potendo abbracciare e stringere le mani ai potenziali elettori, con il paese chiuso in casa e drogato di tv, chi meglio di qualcuno che ha uno show di successo in streaming, più patinato e credibile di qualunque spot elettorale?
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Lei non aveva voglia di fare la vice, essendo un passo indietro (anche economico) rispetto al successo stellare di cui gode ora. Ma i democratici sono in una situazione difficile, e così l'idea del ticket ha preso forma. Con la condizione che Sleepy Joe si faccia da parte al momento giusto, per lasciare spazio alla prima presidente donna della storia.
2. ALTRO CHE BARACK, LA VERA STAR È MICHELLE E NETFLIX LA SANTIFICA IN UN DOCUFILM
Cinzia Romani per “il Giornale”
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É proprio lei. Totalmente e intimamente lei. Come ripete la voce fuori campo di Michelle Obama, l' ex-Flotus americana (l' acronimo di First lady of America), che adesso torna alla ribalta con il docufilm Becoming- La mia storia, documentario originale Netflix in onda da ieri. E mentre «la signora degli abbracci», famosa per la tonicità delle sue braccia palestrate, vede fallire l' amato marchio JCrew, in seguito alla pandemia da Covid-19 quindi, niente più tubini smanicati e sgargianti, o tute giallo limone con ruches vorticanti -, una bella rivincita personale arriva con questa narrazione della signora Obama, che chiudeva il contratto con gli elettori serrandoli a sé in una stretta energica.
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E portava a casa voti su voti colei che, in tale ritratto ispirato alla sua biografia omonima, ama definirsi, in quest' ordine, «avvocato, scrittrice e moglie del 44esimo Presidente Usa». Così si legge nelle biografie online delle «Flotus», sul sito ufficiale della Casa Bianca. Chissà che invidia, Walter Veltroni, al vedere come la coppia Obama, qui alla terza collaborazione con Netflix, tramite l' obamiana Casa di produzione Higher Grand, fa fruttare il proprio passato politico.
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I precedenti lavori per la piattaforma, American Factory, documentario vincitore di un Oscar e Crep Camp, hanno avuto successo e dunque seguita la sinergia tra Michelle, Barack e il colosso dello streaming. Non a caso, l' ex-first lady, stando agli ultimi sondaggi Gallup, sarebbe ancora «la donna più ammirata nel mondo», mentre Hillary Clinton, artefice dell' elezione di Barack, figura al quarto posto, dopo Melania Trump. Ma che cosa si vede, in Becoming (Divenire), acidamente definito da Variety «una versione-manicure di Michelle Obama»? Non molti dettagli privati, a parte certe foto di famiglia, con il fratellone Craig Robinson, oppure qualche intervista alla madre di Michelle, Marian Shields Robinson.
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C' è poco o nulla del «First Husband», il marito Barack, che nella prima scena stampa un bacio sulla guancia di lei.
In questo tour attraverso 34 città americane, intrapreso nel 2018 per lanciare un' autobiografia da dieci milioni di copie, si nota come la Obama abbia influenzato milioni di giovani di colore, soprattutto ragazze, pronte a infiammarsi, nelle arene, alle parole di lei sull' uguaglianza e sul potere delle donne, col sottofondo di Girl on Fire di Alicia Key. E pensare che, tra il 2008 e il 2016, Michelle, laureata alla Harvard Law School, si limitava ad accompagnare il marito, pesando ogni virgola in pubblico.
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«Sapevo di dover scalare montagne, per volgere le cose a mio favore», ammette nel docufilm, rivelando scetticismo sul gradimento del primo presidente afroamericano, ora oscurato dalla personalità di Michelle. «Ma adesso so che l' America si trova in una fase post-razziale», afferma la madre di Sasha e Malia, le figlie avute da Barack. In Becoming parlano pure il capo staff di Obama, Melissa Winter e la stilista di lei Meredith Koop , facendo un santino della poderosa Michelle, che vuole essere una leader, «ma non una che guarda la vita da dietro un vetro oscurato»..
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