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    “ANDAVO AL PROFESSIONALE DOVE ERANO TUTTE DONNE E...” – NEK PRESENTA IL NUOVO DISCO “IL MIO GIOCO PREFERITO” E FA LO SBORONE: “UNIVO L’UTILE AL DILETTEVOLE...I PRIMI AUTOGRAFI? A 17 ANNI. CON LE SAGRE ERAVAMO GLI IDOLI DELLA PROVINCIA. HO IL GRANDE RIMPIANTO DI NON AVER DETTO TI VOGLIO BENE A MIO PADRE” – “LA MUSICA È UN’INCOGNITA CONTINUA. OGGI PER ESSERE ALLA MODA DOVREMMO DIVENTARE TRAPPER” – VIDEO


     
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    Rita Vecchio per “Leggo”

     

    Nek Il mio gioco preferito - parte prima Nek Il mio gioco preferito - parte prima

    Un padre a cui non ha mai detto ti voglio bene, l’amore per la radio che non muore mai e il rapporto difficile con la critica, la voglia di cercare il bello anche dopo quell’11 settembre. C’è tutto questo nel nuovo lavoro di Nek, che esce oggi per Warner intitolato “Il mio gioco preferito - parte prima”, anticipato da due singoli. L’ultimo ha il video girato a Milano. Solo sette tracce per un disco ibrido e tutto suonato che in copertina ha un cubo di Rubik non a caso incompleto. La “parte seconda” arriverà in autunno, e forse il cubo - ovvero la biografia in musica di 30 anni di carriera del cantautore di Sassuolo che all’anagrafe è Filippo Neviani - apparirà completo. «La copertina? Simboleggia la vita ed è la mia fotografia».

     

    Perché il riferimento a quel triste settembre?

    «La tragedia delle Torri Gemelle ha creato differenze, inasprito rapporti. Da allora il motto pare essere: “Se tu sei cattivo con me, io lo sono con te”».

     

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    “Nel mio gioco preferito” cita suo padre.

    «Non c’è più dal 2012 e lo sento più vicino oggi di quando era in vita. Ho il rimpianto di non avergli detto ti voglio bene. C’era un bel rapporto: parlava poco, osservava molto. Aveva capito che la musica stava prendendo la mia esistenza, visto che passavo più tempo con la band che a studiare. Mi feci pure bocciare. Andavo all’Istituto professionale dove erano tutte donne».

     

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    E lì faceva il figo.

    «Univo l’utile al dilettevole (ride, ndr). I primi autografi a 17 anni, perché con le sagre eravamo gli idoli della provincia. Prendi il diploma e poi fai quello che vuoi, mi diceva. Proteggi le spalle, il mondo è insidioso».

     

    Aveva ragione?

    «Sì, mio padre mi ha tenuto con i piedi per terra».

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    Lei è uno di quelli più amati dalla gente che dalla stampa.

    «È vero. Ma non ho mai risposto alle critiche se non con i fatti. Dopo il pezzo sull’aborto nel ’93 (“In te”, ndr), e fino a “Laura non c’è”, non c’è mai stato un bel rapporto. Poi è andata un po’ meglio. Sa qual è la cosa più difficile per un cantante?»

     

    Quale?

    «La longevità. La musica è un’incognita continua. Guardi i tempi di oggi: dovremmo diventare rapper o trapper per essere alla moda. Il loro linguaggio è il più sentito».

    nek da giovane nek da giovane

     

    Nel disco precedente però duettava con J-Ax.

    «Strofe di rap nel pezzo pop. E sinceramente penso che pop e rock non moriranno mai. Ho sempre fatto pop sporcandolo con rock, classica, elettronica, acustica».

     

    “Alza la radio” è una dedica nuda e cruda alla radio.

    «Oggi uscirà il mio cd, formato che sembra obsoleto. Credo ci siano cose che rimangono sempre. E la radio è una di queste. E credo pure che musica e radio dovrebbero andare mano nella mano».

     

    Ma perché dividere un disco?

    NEK RENGA MAX PEZZALI NEK RENGA MAX PEZZALI

    «Per la longevità di cui sopra. Questo è essenziale: sentivo l’esigenza di togliere elettronica, tornare al basso e alle chitarre. La seconda parte sarà ancora più rock e più cattivo. Comprese sonorità alla Battisti o Police».

     

    La vita è stronza?

    «“La vita è stronza, ma ci ha resi forti”, perché nessuno è esente da difficoltà: quindi ci si deve organizzare per non soccombere. A far sperare è sempre e solo l’amore».

     

    Parla di eroi. Chi sono?

    «Quelli che vincono le battaglie in silenzio. La tv (per audience) e il mondo ci hanno educato di più a ciò che fallisce che al buono. Così i social: tutta apparenza e poca sostanza, dove contano solo like e visualizzazioni. Facile cadere nella dipendenza».

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    Perché il duetto con Marcorè?

    «Mi piaceva incidere il bel ricordo di Sanremo. La versione acustica è quella originale, peraltro. Abbiamo cambiato solo il testo della poesia».

     

    Tornerebbe in trio con Renga e Pezzali?

    «Subito. Anche loro penso».

     

    E il tour?

    «L’Arena di Verona il 22 settembre. Poi l’Europa, prima delle date italiane».

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