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    LA TETTA CHE SCOTTA - NEL 1860, I SACERDOTI DELLA CHIESA DI SANT'ISIDORO CENSURARONO DUE STATUE DI NUDO DEL BERNINI, METTENDO SUI SENI DEI CORPETTI IN BRONZO - PER UN SECOLO E MEZZO NESSUNO SE N'È ACCORTO: SONO STATI INDIVIDUATI, E RIMOSSI, SOLTANTO CON UN RESTAURO, NEL 2002…


     
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    Fabio Isman per “il Messaggero”

     

    CHIESA DI SANT ISIDORO - LA STATUA DEL BERNINI LIBERATA DAL CORPETTO PER COPRIRE I SENI CHIESA DI SANT ISIDORO - LA STATUA DEL BERNINI LIBERATA DAL CORPETTO PER COPRIRE I SENI

    L'estremo pudore, anzi l'autentica pruderie di Santa Madre Chiesa durante i secoli, e specialmente dopo il Concilio di Trento durato quasi vent'anni fino al 1563, è ben nota. Attende la morte di Michelangelo Buonarroti il 18 febbraio 1564, e, appena due anni dopo l'imposizione conciliare, mette i braghettoni a parecchi suoi nudi, sul Giudizio universale nella cappella Sistina.

     

    Non senza un filo di perfidia, ne incarica Daniele Ricciarelli, detto anche «da Volterra», che al maestro era stato assai vicino: questi, gli forniva perfino degli schizzi per i dipinti; il suo capolavoro, la Discesa dalla Croce a Trinità dei Monti, secondo alcuni sarebbe fondato proprio su suoi disegni. Il povero Daniele, comunque, censura la Sistina, come esigeva Pio IV de' Medici; e da allora, gli resterà imperituro appunto il nomignolo di Braghettone. Molte tra queste sue apposizioni sono rimaste anche dopo i restauri dell'immensa parete, conclusi nel 1994.

    CHIESA DI SANT ISIDORO - LA STATUA DEL BERNINI CENSURATA CHIESA DI SANT ISIDORO - LA STATUA DEL BERNINI CENSURATA

     

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    In un clima da caccia alle streghe, 110 mila processi dell'Inquisizione in un secolo, Daniele non è stato certo l'unico. E altrove (basti pensare al mondo islamico) non è rimasto privo di emuli. Nemmeno a Roma: nel 2016, per la visita di Hassan Rouhani, presidente del governo iraniano, lungo il percorso dei Musei Capitolini dove doveva recarsi, alcune statue di Venere furono incapsulate in parallelepipedi di compensato per sottrarle al suo sguardo.

     

    Un giorno, alla Fondazione Cini di Venezia, Federico Zeri scoprì una Madonna col Bambino di Piero della Francesca, ancora con una ridipintura in rosso per renderla più casta. E anche il Cristo portacroce di Michelangelo, a Santa Maria sopra Minerva a Roma, è ancora censurato. Pochi però sanno che perfino Gian Lorenzo Bernini è rimasto a lungo vittima di queste virtù (chiamiamole così) censorie.

     

    E' successo più tardi, in una chiesa al centro di Roma che visitare è assai arduo e difficile: Sant'Isidoro, a un passo da via Veneto. Esattamente nella cappella dedicata a un nobile portoghese: Rodrigo Lopez de Sylva, cavaliere dell'ordine di San Giacomo, che viveva nello stesso palazzo dello scultore, a via della Mercede.

    GIAN LORENZO BERNINI 2 GIAN LORENZO BERNINI 2

     

    REGGISENI DI BRONZO

    Per lui, nel 1663, Bernini ristruttura la cappella: ne restano i progetti. Forse, la esegue solo in parte: fa scolpire le sculture dai suoi aiutanti, sotto la sua supervisione; mentre, sul soffitto, Carlo Maratta dipinge gli affreschi. Poi, i lavori sono sospesi, ed altri artisti realizzano i bassorilievi e le ultime sculture, nel 1772.

     

    Le prime statue sono quattro figure muliebri, a seno nudo. Secondo alcuni perfino di mano del Bernini; o forse, dicono altri, «di suo figlio» (ma Paolo Valentino aveva 14 anni); oppure dei collaboratori. Alla cappella, lavoravano in due: Paolo Naldini sulla parete destra, che ospita la Pace e la Giustizia; e Giulio Cartari su quella destra, con la Verità e la Carità.

     

    Quest'ultima, in particolare, sembra tanto ... caritatevole, che strizza, e pare offrire, la sua mammella sinistra. Risultato: nel 1860, i sacerdoti della chiesa censurano; sulle ultime due statue, pongono come dei corpetti, un po' più che reggiseni, in bronzo. Realizzati con tale maestria, che per un secolo e mezzo nessuno se n'è accorto: individuati, e rimossi, soltanto con un restauro, nel 2002. Viva l'opulenza; e non è mai troppo tardi, come diceva, alla tv, il compianto maestro Alberto Manzi.

     

    LA CHIESA

    L'edificio nasce nel 1625, per la canonizzazione di cinque santi, tra cui lo spagnolo Isidoro Agricola. Prima, è, appunto, di francescani spagnoli; poi, di quelli irlandesi; e ora dei protestanti inglesi, che allora li perseguitavano. Le è accanto un convento: vi si riunivano i pittori detti Nazareni, da cui il nome della strada antistante, via degli Artisti. Ha due chiostri, e le opere migliori sono del giovane Maratta: se ne accorse subito uno straordinario studioso e cronista, Gian Pietro Bellori. Ma non poteva immaginare che la più grande curiosità del luogo, secoli dopo, sarebbe diventata quell'incredibile pruderie.

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