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    COSTI BESTIALI! - NEL 2021 IN ITALIA È STATO SPESO QUASI UN MILIARDO DI EURO PER LA CURA DI ANIMALI DOMESTICI, UN INCREMENTO DEL 12% DELL'ANNO PRECEDENTE - L'AUMENTO NON È CAUSATO SOLO DA UN MAGGIOR NUMERO DI CUCCIOLI (UN BOOM DURANTE LA PANDEMIA), MA ANCHE PERCHÉ MOLTI LI CONSIDERANO PARTE DEL NUCLEO FAMILIARE E CERCANO DI GARANTIRGLI LE STESSE CURE UTILIZZATE PER L'UOMO - OLTRE AI COSTI LEGATI ALLA CURA SANITARIA DELL'ANIMALE, SONO IN CRESCITA ANCHE I SETTORI DEL PET-FOOD E PERSINO QUELLO DELLA MODA…


     
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    animali domestici animali domestici

    Michele Bocci per “la Repubblica”

     

    Danno tanto amore e compagnia ma per accudirli servono un bel po' di soldi. Gli italiani spendono sempre di più per far visitare dai veterinari e per curare cani, gatti e altri animali domestici. Nel 2021, secondo i dati del report sul monitoraggio della spesa sanitaria della Ragioneria generale dello Stato, l'esborso ha quasi raggiunto il miliardo di euro (960 milioni), contro gli 858 milioni del 2019. Si tratta di un incremento del 12%. Tenendo fuori il 2020, molto particolare a causa della pandemia, negli ultimi anni non si era mai vista una crescita così importante. E siamo in un periodo di crisi.

     

    cane in casa cane in casa

    I dati sono quelli trasmessi al sistema Tessera sanitaria per essere inseriti nei 730. Ad assorbire quasi il 70% della spesa sono i veterinari, seguono le farmacie pubbliche e private, che hanno incassato 240 milioni. Ovviamente a tutti questi costi vanno aggiunti quelli per il cibo e tutti gli altri prodotti non sanitari acquistati dai padroni.

     

    Il numero degli esemplari da compagnia in Italia varia a seconda delle fonti. Una delle più attendibili è considerata Assalco, l'associazione nazionale imprese per l'alimentazione e la cura degli animali. Il totale è di 64 milioni. Tolti i pesci, gli uccelli, i rettili, i piccoli mammiferi, restano 10 milioni di gatti e quasi 9 di cani.

     

    cane in casa cane in casa

    La spesa sanitaria però non cresce solo perché il numero più alto dei "pazienti". Ci sono anche altri motivi, più tecnici. «L'animale fa parte del nucleo familiare e si cerca di garantirgli le stesse terapie utilizzate per l'uomo», dice Marco Melosi, presidente di Amvi, l'associazione nazionale dei veterinari che raccoglie circa 15 mila professionisti privati. La richiesta fa crescere l'offerta e ormai, spiega Melosi, «un'attrezzatura come la tac che un tempo era una rarità, si trova in tantissime delle nostre strutture. In generale si assicurano prestazioni che prima non venivano offerte».

     

    Gatto Gatto

    Agli animali si fanno visite ma anche tanti interventi. Come le protesi d'anca che costano duemila euro, un prezzo in linea con quello delle cliniche private degli umani. Poi c'è la diagnostica, con ecografie a 100 euro e risonanze e tac a 4-500 euro. Non c'è un tariffario, quindi il mercato è completamente libero e ci possono essere differenze importanti da un veterinario all'altro. «Una delle ultime novità è l'ingresso di corporate e fondi di investimento anche statunitensi che acquistano le strutture più grandi e allargano il loro mercato - spiega Melosi - Siamo totalmente privati e per mettere in piedi una clinica ci vuole molto denaro. Così arriva chi ce l'ha».

     

    cibo animali cibo animali

    Evidentemente si ritiene che il settore sia redditizio. Riguardo ai farmaci, la spesa è salita molto, visto che è passata in due anni da 190 a 240 milioni di euro (+26%). Anche in questo caso si tratterebbe di un mix tra crescita del numero degli animali ma anche dei prezzi dei medicinali. Ma a pesare sui bilanci delle famiglie sono soprattutto i costi non direttamente sanitari. «La spesa per il pet food ogni anno vede un incremento a doppia cifra - dice Melosi - e a costare sempre di più sono i prodotti di fascia alta». Poi c'è il fashion, collarini, vestiti e altri gadget, che farà la sua comparsa addirittura nella prossima fiera di Pitti Uomo a Firenze, con uno spazio che si chiama Pittipets. «In tutto, il giro di affari delle spese non sanitarie per gli animali sarebbe di ben 6 miliardi di euro», conclude il veterinario.

     

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