Guido Santevecchi per “il Corriere della Sera”
ABE JINPING
Per due anni, gli unici incontri ravvicinati tra Cina e Giappone erano stati quelli di aerei e navi da guerra nell’oceano, intorno a un pugno di isole contese. Ieri, finalmente, il presidente cinese Xi Jinping ha concesso al premier giapponese Shinzo Abe un colloquio, preceduto da una delle strette di mano più fredde negli annali della diplomazia. I movimenti dei due leader proiettavano disagio.
Nella Grande Sala del Popolo, tempio del potere cinese sulla Tienanmen, Abe ha dovuto attendere in piedi, poi è stato fatto avanzare verso Xi. Il giapponese ha teso la mano, ha sorriso e detto qualcosa. Il cinese, espressione da poker, non ha quasi guardato in faccia l’ospite e non ha risposto alle parole di circostanza. Sembrava un antico imperatore all’udienza con un tributario sgradito.
Il colloquio, però, poi c’è stato ed è durato quasi mezz’ora. Un passo importante, dopo due anni di tensioni minacciose, per le isole che Tokyo chiama Senkaku e controlla e che Pechino rivendica sotto il nome di Diaoyu.
ABE JINPING
La seconda e la terza economia del mondo sono anche divise dall’amarezza storica: Abe era stato definito «persona non gradita» a Pechino a dicembre dell’anno scorso, quando era andato a rendere omaggio al santuario Yasukuni a Tokyo, dove sono onorati 2,5 milioni di giapponesi caduti al servizio dell’imperatore, compresi 14 politici e generali condannati per crimini commessi durante la Seconda guerra mondiale e l’aggressione alla Cina.
Abe ha proposto di stabilire un «telefono rosso» per prevenire scontri intorno alle isole contese nel Mar cinese orientale. «Oggi abbiamo fatto un primo passo verso il ristabilimento di relazioni strategiche», ha detto poi il premier.
ABE JINPING
Xi ha risposto che «Cina e Giappone sono vicini di casa, è nell’interesse fondamentale dei popoli che i rapporti tra i due Paesi procedano in modo stabile e sano. Lo spirito cinese è di usare la storia come uno specchio e guardare al futuro». Ma per il presidente, nella storia dei rapporti sino-giapponesi, «è chiaro vedere chi ha ragione e chi ha torto».
«Date le circostanze c’è stata una buona discussione», ha detto una portavoce della delegazione giapponese, venuta a Pechino per il vertice Apec (Asia Pacific Economic Cooperation). Non si è parlato di una possibile visita di Xi a Tokyo.
ABE JINPING
Non ci si poteva aspettare di più. Il colloquio non era nemmeno in agenda. Poi, in extremis, venerdì le due parti avevano elaborato un documento per cercare di disinnescare la crisi, volutamente ambiguo. Tokyo aveva ammesso che sulle isole c’erano «differenti vedute». Una formula che in linguaggio diplomatico si chiama «accordo sull’esistenza di un disaccordo». Soddisfacente per Pechino, visto che le Diaoyu o Senkaku sono in mano ai giapponesi. Utile ad Abe, ansioso di vedere Xi.
Senkaku Diaoyu Tiaoyu ISOLE CONTESTATE
Dopo la storia, gli affari e la geopolitica. Xi Jinping si è dedicato al vertice Apec, usato come palcoscenico per una Cina che vuole essere al centro del nuovo ordine in Asia. Davanti a 1.500 amministratori delegati di grandi gruppi industriali di una ventina di Paesi, Xi ha spiegato che nei prossimi dieci anni gli investimenti cinesi all’estero raggiungeranno 1,25 trilioni di dollari, triplicando, e le importazioni di prodotti toccheranno i 10 trilioni. In più, ci saranno oltre 500 milioni di turisti cinesi in giro per il mondo nei prossimi cinque anni, pronti a fare shopping e spendere negli alberghi.
ISOLE SENKAKU
E poi la Cina ha messo sul piatto 40 miliardi di dollari per costruire ferrovie, strade, gasdotti euroasiatici, una nuova Via della Seta. Si tratta del «Sogno Asia-Pacifico» cinese, una visione che serve a contrastare il «Pivot to Asia» di Obama. Il presidente americano ha risposto incontrando in ambasciata a Pechino 11 capi di Stato e di governo della regione per perorare la causa della «Trans Pacific Partnership». Un’intesa commerciale senza la Cina.
ISOLE SENKAKU