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    LA CURA DEL JOYSTICK - NEL CAMPO MEDICO SI USANO SEMPRE PIU' I VIDEOGIOCHI CON "RISULTATI PROMETTENTI" - LO PSICOLOGO MARCO IOSA: "I CAMPI DI APPLICAZIONE SONO VASTI: SI VA DAI TRATTAMENTI PER LA PARALISI CEREBRALE AI DISTURBI MOTORI, FINO ALLE PATOLOGIE CHE TOCCANO DIVERSI ASPETTI COGNITIVI, COME L'AUTISMO" - MA AL MOMENTO CI SONO ANCORA ALCUNI OSTACOLI...


     
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    Giampiero Valenza per “Molto Salute - il Messaggero”

     

    videogiochi terapeutici videogiochi terapeutici

    Si può stare attaccati per ore davanti a un videogioco senza rendersi conto del tempo che passa. A prima vista può sembrare una croce per i tanti genitori che chiedono ai loro figli di non trascurare lo studio del pomeriggio. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: di fatto si apre la strada al videogioco terapeutico. In pratica, a tutte quelle cure che fanno affidamento su joystick, tastiere e schermi.

     

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    Proprio la realtà virtuale nella quale ci immergiamo con il gioco digitale può infatti essere utile per terapie riabilitative e psicologiche, trasformando così il divertimento in un'opportunità per stare meglio. Marco Iosa, docente di psicologia all'Università Sapienza e che alla Fondazione Irccs Santa Lucia di Roma fa ricerca nel Laboratorio dello studio della mente e dell'azione nella riabilitazione neurologica, ha da poco concluso un lavoro pubblicato sull'autorevole rivista Frontiers in Pediatrics.

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    Dopo aver passato in rassegna circa 40 articoli scientifici ha notato «risultati promettenti» sull'uso terapeutico. I campi di applicazione potrebbero essere vastissimi. «Si va dai trattamenti per la paralisi cerebrale ai disturbi motori, fino alle patologie che toccano diversi aspetti cognitivi, come l'autismo», spiega. «La tecnologia sta andando avanti e la sanità può sfruttarla sviluppando il concetto della realtà virtuale - prosegue l'esperto - Per esempio, sarà molto utile per i bambini che così potranno meglio aderire ai programmi di neuroriabilitazione. Ma, ovviamente, questi percorsi dovranno continuare a essere supervisionati dagli specialisti».

     

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    Iosa spiega che oggi ci sono ancora ostacoli che non fanno spiccare il volo ai videogiochi curativi. Alcune ricerche sono state realizzate con passatempi virtuali nati esclusivamente per il divertimento e, quindi, non focalizzati a pieno sulle necessità di riabilitazione. Sull'altro piatto della bilancia, invece, ci sono i giochi per scopi sanitari che avrebbero però uno scarso appeal tra i ragazzi. «Sono spesso molto indietro sulla grafica e quindi non suscitano un grande interesse, a differenza dei videogiochi commerciali che però non sono basati su principi neuroscientifici», conclude lo studioso.

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    LA RICETTA PERFETTA

    Un percorso dedicato, in grado di conciliare innovazione tecnologica e applicazione sanitaria, è dunque la ricetta perfetta che il futuro ci riserverà con sempre maggiore frequenza. E per la riabilitazione dopo un incidente, per esempio, ci si potrà immergere in una realtà virtuale superando sfide che stimolano la muscolatura senza muoversi dal salotto di casa. C'è una ragione chimica attorno al successo dei videogiochi. Il ritmo delle operazioni da compiere e le avventure digitali permettono un continuo rilascio di dopamina, il neurotrasmettitore del piacere.

     

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    Alla base della dinamica dei diversi livelli c'è il concetto di ricompensa imprevedibile, un sistema che ci costringe a restare incollati allo schermo fino a quando non si è raggiunto un obiettivo. Un lavoro pubblicato sull'American Journal of Play evidenzia che il gaming sviluppa la memoria, l'attenzione, la percezione e la capacità di prendere decisioni in momenti di crisi. E uno studio irlandese di Lero, la Science Foundation Ireland Research Centre for Software, ha invece passato in rassegna i diversi giochi in commercio cercando di individuare gli effetti benefici che possono avere sull'organismo.

     

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    Mario Kart migliora gli sbalzi di umore, Candy Crush e Angry Birds diminuiscono la depressione, Rayman ha, invece, una funzione ansiolitica. L'anedonia, cioè l'incapacità di provare appagamento per attività che solitamente sono gratificanti (come il cibo, il sesso o le relazioni interpersonali), può trovare un primo trattamento proprio nel joystick.

     

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    Il videogioco può contribuire a migliorare la fiducia in se stessi, acquisendo sempre abilità maggiori. In squadra si ascoltano le proposte del team, si risolvono problemi e si suddividono i compiti. Il cervello, poi, assimila soluzioni e si abitua ai cambiamenti. Nella direzione dei videogiochi curativi si è mossa anche l'Università di Genova che ha sviluppato nel Dipartimento di Ingegneria Navale, Elettrica, Elettronica e delle Telecomunicazioni, la piattaforma di teleriabilitazione Removes e che oggi viene usata per migliorare il recupero che i pazienti fanno dopo essere stati colpiti da un ictus.

     

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    Con metaverso, termine tornato alla ribalta con Facebook lo scorso anno ma coniato dall'autore di fantascienza Neal Stephenson nel romanzo Snow Crash del 1992, si vuole descrivere un mondo virtuale immersivo e realistico così complesso e convincente che diventa difficile considerarlo strettamente subordinato al mondo reale. Ed è un'occasione che non si perderà per concentrare l'attenzione sulla salute e sul benessere. Il percorso è già tracciato e rientra a pieno titolo nel futuro della telemedicina. Si potrà andare ancora oltre e gli orizzonti da esplorare saranno tanti quanti quelli del mondo digitale in continua e quotidiana evoluzione.

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    LA DIPENDENZA

    Già negli anni Novanta la ricerca scientifica evidenziava la stimolazione positiva dei videogiochi su alcune regioni del cervello, come quelle che controllano il movimento, la visione, ma anche i comportamenti e le capacità di apprendimento. C'è però un risvolto negativo del mondo digitale: quando se ne fa un abuso possiamo avere a che fare con ansia e depressione. Di videogiochi, in sostanza, ci si può anche ammalare.

     

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    L'Internet gaming disorder, il disturbo da gioco basato anche sul web, è stato inserito nell'elenco delle dipendenze dall'Associazione degli psichiatri americani. Trenta minuti di videogiochi violenti aumentano l'eccitazione e l'ansia e diminuiscono l'attività dei lobi frontali, che si occupano della regolazione delle emozioni e del controllo esecutivo. Gli adolescenti possono però trovare nei genitori sani alleati: si può scegliere di giocare insieme e adottare strategie per limitare il tempo passato davanti allo schermo.

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    Si mette così un freno a quella che può diventare una dipendenza ma che può trasformarsi in un modo per vivere esperienze in comune. Senza contare, poi, anche le conseguenze negative che l'eccesso del gaming può dare anche all'apparato muscolo scheletrico: difetti di postura, tendiniti e sindromi del tunnel carpale che a lungo andare, se trascurate, possono diventare problemi da trattare con particolare attenzione.

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