Gabriele Beccaria per “La Stampa”
MARINO GOLINELLI 13
È scomparso a Bologna a 101 anni. Si chiamava Marino Golinelli. E questo è solo uno dei record di una vita che sembrava infinita e molti passi più in là rispetto a tutti gli altri. Golinelli è stato uno degli italiani più singolari del secolo.
Ed è più facile dire che cosa non è stato rispetto a ciò che è stato. Inventore-imprenditore, collezionista e filantropo, ha rappresentato l'incarnazione del sogno rinascimentale che continua a provocarci nel XXI secolo: fondere scienza e arte in un unico sapere globale e far cortocircuitare la creatività individuale con il bene collettivo.
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Ripeteva che al centro di tutto c'è sempre - e solo - l'essere umano e il suo benessere, inteso nel senso olistico del termine: benessere biologico e benessere intellettuale. Ecco perché credeva che tutti i saperi finissero per legarsi insieme e dovessero tradursi in un'instancabile sequenza di azioni e di attività. Golinelli è simile a un universo. Per ricordarlo si può cominciare dai due caposaldi che l'hanno reso famoso e rispettato. La creazione, dal nulla, di un colosso farmaceutico, che oggi si chiama AlfaSigma, fattura oltre un miliardo e dà lavoro a quasi 4 mila persone.
E la creazione, anche questa dal nulla, di una formidabile collezione d'arte contemporanea, raccolta nelle case-museo di Bologna e di Venezia. Intorno alle due realtà, in costante espansione, se ne sono aggiunte molte altre, fino a comporre un arazzo di iniziative rivolte a chiunque volesse farsi catturare dall'energia delle sue idee. Prima di tutto, però, c'erano i giovani, «dai 18 mesi ai 35 anni», come diceva, scherzando un po'. A loro ha pensato, nei decenni, considerandoli compagni di un viaggio senza fine e come la risorsa per il mondo che verrà.
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«Nel futuro ci aspetta un mondo imprevedibile», era un'altra delle sue frasi ricorrenti: si è sempre sentito l'abitante di un domani da inventare e come tale si era comportato. Nato a San Felice sul Panaro l'11 ottobre 1920, laureato in farmacia, aveva iniziato con gli sciroppi, sviluppando poi diversi tipi di prodotti, dai farmaci anti-trombosi a quelli oncologici.
Confessava una persistente passione per la scienza e l'arte. La prima, nata da ragazzo, quando aveva scoperto alcuni scritti di Niels Bohr, il fisico danese che è stato uno dei padri della fisica quantistica e che per questo vinse il Nobel nel 1922. Il gusto per l'indagine e per lo stupore l'aveva ereditato dalle letture sul mondo delle particelle e l'aveva trasferito alla propria esistenza.
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La seconda passione, per l'arte, era più tarda ma non meno travolgente: collezionista eclettico, si era innamorato, tra le altre, delle opere di Feng Zhengje e di Gilbert&George, di Anish Kapoor e di Daniel Richter. Mentre l'azienda si trasformava, si è intensificato anche l'impulso alla comunicazione e al coinvolgimento. Così sono nati il Life Learning Center per avvicinare i giovani alle scienze della vita, l'Opificio Golinelli per far sperimentare ai bambini le tecnologie emergenti, il G-factor per allevare start-up.
Il tutto dal grembo della Fondazione, ispirata al modello anglosassone del mecenatismo privato (con un investimento di 80 milioni di euro). L'obiettivo: diffondere una cultura a tutto tondo, pronta a cogliere le opportunità della ricerca avanzata e attenta ai valori artistici ed etici. Non a caso il sindaco di Bologna, Matteo Lepore, lo definisce «un umanista». «La sua Fondazione - racconta - è stata la prima a investire nella formazione digitale dei giovani. E prima della pandemia. Ancora di recente mi aveva detto che gli sarebbe piaciuto organizzare degli incontri online con gli studenti per spiegare l'importanza della scienza».
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Quanto al virus, da centenario che pensa al futuro (altra frase sua), «credeva nella ricerca. Scienza, economia e politica, per lui, dovevano pensare in grande, per il progresso della società». Centouno anni dopo la nascita, Golinelli continua a vivere. Nella multiforme Fondazione, appunto, «che - aggiunge Lepore - lui voleva durasse fino al 2065», e nello spirito che anima Bologna, città del sapere.
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L'imprenditore-filantropo era felice che stia diventando una «Data Valley», italiana ed europea. Con il 70% della potenza di calcolo del Paese, attira una scia di progetti d'avanguardia: dal Centro Meteo europeo al supercomputer Euro Hpc che si addenseranno nel Tecnopolo. «Per Golinelli era importante donare questa enorme quantità di dati - ricorda ora Lepore -: se per Usa e Cina sono prima di tutto una forma di dominio geopolitico, per l'Europa, nella sua visione, dovranno essere democratizzati». Golinelli, un visionario buono, che credeva (poco ascoltato) nella responsabilità sociale di ogni imprenditore.
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