Marco Galluzzo per il “Corriere della sera”
tria di maio salvini conte
Se non è allarme rosso, poco ci manca. A Palazzo Chigi le inchieste per corruzione che si moltiplicano, dalla Calabria alla Lombardia, si trasformano con il passare dei giorni in qualcosa di più di un grido di allerta. Non c'è solo l' immagine dell'Italia in gioco, gli enti locali poco affidabili, le statistiche sul crimine nelle istituzioni che scoraggiano sempre di più gli investimenti stranieri, c'è addirittura la tenuta del governo come brivido di cui non si fa mistero nelle stanze vicine al premier, Giuseppe Conte.
LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI GIUSEPPE CONTE
Il tam tam di preoccupazione scorre lungo fili di indiscrezioni che, secondo Palazzo Chigi, si alimentano ogni giorno di più, che vedono nella Lega il principale bersaglio di inquirenti e magistrati, come partito che si sta dimostrando permeabile a illeciti amministrativi e penali di varia natura.
E le indiscrezioni, dal caso del sottosegretario Armando Siri in poi, si intrecciano alla paura che dopo il voto arrivi una vera e propria valanga di inchieste su sanità, assunzioni, collaborazioni. Inchieste che potrebbero coinvolgere altri esponenti della Lega. E a quel punto un governo sempre più spaccato e uno scenario con il Movimento di Luigi Di Maio, paladino di legalità, che non riesce più a digerire l' alleanza.
CONTE SALVINI DI MAIO BY SPINOZA
«Le inchieste possono spazzare via l'esecutivo», dicono sottovoce ai piani alti di Palazzo Chigi, mentre il capo del governo cerca accuratamente di tenersi lontano dalle polemiche, tanto più che il livello di scontro è già altissimo, con il leader dei 5 Stelle che parla di Nuova Tangentopoli e Salvini che denuncia un attacco concentrico e mirato contro il suo partito. Eppure il premier Conte non ha mai fatto mistero del problema, così come non nasconde la sua preoccupazione in queste ore.
ARMANDO SIRI
È di appena tre giorni fa il via libera a tre ministeri, Difesa, Interni ed Economia, perché adottino e mettano in pratica la legislazione sugli agenti sotto copertura, nella Polizia come nella Finanza e fra i Carabinieri. Un tema non più rinviabile e sul quale l' apparato statale appare in ritardo rispetto alle novità normative: infiltrare nella pubblica amministrazione agenti che scovino casi di corruzione, che agiscano come antenne di segnalazione del malaffare, appare urgenza ormai indifferibile, mentre il danno che le inchieste e i numeri sulla corruzione fanno al Paese viene quasi accostato allo spread.
C'è un costo economico, legato alla nostra immagine, che ormai è uno dei benchmark dell'azione dello stesso presidente del Consiglio. L'altro giorno, sugli agenti sotto copertura, è stato coinvolto dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, che ha rinvenuto e denunciato il ritardo e Palazzo Chigi ha dato subito il via libera a tre lettere indirizzate a Difesa, Viminale e Mef.
bonafede
Non è escluso che le norme che vanno sotto il nome di «spazzacorrotti», approvate ormai alcuni mesi fa, abbiano addirittura bisogno di un inasprimento. Di sicuro il capo del governo di recente non ha mostrato alcuna cautela né alcun tipo di tolleranza, prima sul caso Siri, poi sul commissariamento della sanità calabrese, «perché bisogna subito tagliare la testa al toro e nel dubbio non si può restare immobili, occorre ritrovare un senso dello Stato e delle istituzioni che in molte realtà le inchieste dimostrano smarrito, la legalità va posta sempre al gradino più alto dell' azione politica e con la corruzione non si possono avere mezze misure», è il succo dei ragionamenti del premier, che di fronte a ogni nuova nomina governativa, delicata o meno, si muove sempre con estrema cautela, chiedendo se «ci sono delle macchie» nella vita professionale delle persone da scegliere.
Non è un caso che quando si tratti di trovare un commissario o una persona per un incarico delicato il presidente del Consiglio abbia sul tavolo sempre diversi curriculum di generali, ancora in attività o in pensione, come se il marchio della divisa sia una sorta di antidoto nei confronti degli illeciti della pubblica amministrazione, perché se contro i reati della Pa non si possono usare mezze misure chi meglio di un generale può dare garanzie.