Pier Luigi Vercesi per www.corriere.it
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Le elefantesse lasciano penzolare a terra le proboscidi abbassando lo sguardo, comprese nel dolore della mamma che ha appena depositato il suo piccolo senza vita sotto all’enorme acacia.
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Come in una cerimonia funebre, restano immobili per lunghi minuti, mentre gli altri piccoli, inconsapevoli della tragedia che ha colpito quel gruppo matriarcale, continuano a giocare tra loro. Siamo nella riserva Torra, nel Damaraland, nord-ovest della Namibia, alla confluenza di due fiumi ora totalmente asciutti.
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Il piccolo, nemmeno una settimana di vita, non ha retto la fatica a cui si è dovuto sottoporre il gruppo per cercare acqua: tutti i pozzi della zona erano fuori uso. La morte risale probabilmente ad almeno 12 ore prima. Ad ogni tappa, la madre straziata dal dolore deposita il piccolo sotto ad un albero e chiede i conforto delle altre elefantesse.
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Abbiamo assistito a questo drammatico episodio mentre con un gruppo di lettori del Corriere della Sera stavamo raggiungendo un campo base per poi raggiungere la costa della Namibia che si affaccia all’oceano Atlantico. Le guide dicono che in tanti anni non avevano mai assistito ad un evento simile. Poi il gruppo, mesto, riprende il cammino nella speranza di trovare una pozza. La madre è inconsolabile, riavvolge nella proboscide il suo piccolo e, con la forza della disperazione, si accoda alle consorelle.
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