Alessandro Di Matteo per “La Stampa”
cecilia d'elia
La falcidia delle donne tra gli eletti del Pd provoca un effetto immediato un po' paradossale, una sorta di "Eva contro Eva" solo due giorni dopo la direzione del partito che ha avviato la riflessione sulla sconfitta. Cecilia D'Elia riunisce la Conferenza delle donne, l'organismo del Pd che teoricamente dovrebbe assicurare una adeguata rappresentanza femminile sia ai vertici del partito che nelle liste, e il risultato è uno scontro duro.
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Una polemica che rischia di complicare, peraltro, la già difficile questione dei capigruppo parlamentari, che Enrico Letta vorrebbe declinare al femminile. «Il partito non se la può cavare così», dice più di una protagonista della riunione di ieri.
Anche perché, aggiunge Patrizia Prestipino (che non fa parte della conferenza delle donne ma che ha seguito la riunione) «molte hanno detto che non voteranno chi è stata pluricandidata».
"Eva contro Eva", appunto. La rabbia non solo contro i maschi e i capicorrente. Quella c'è, ovviamente, ma nel mirino finisce innanzitutto la D'Elia. In una nota inizialmente attribuita all'assemblea della Conferenza delle donne si chiede il «passo indietro dell'intero esecutivo e della portavoce della Conferenza».
alessia morani
Quindi, l'attacco alle pluricandidature e all'idea di eleggere due capigruppo donna in Parlamento: «Inutile operazione di facciata». La nota fa infuriare la D'Elia e dal partito a fine giornata arriva una nota in cui si precisa che «l'unico comunicato ufficiale è la dichiarazione della portavoce Cecilia D'Elia».
Al telefono, lei non nasconde l'irritazione: «È stata una cosa molto scorretta. Abbiamo fatto una discussione lunga e approfondita. Ho detto che un congresso costituente mette in discussione tutto, dobbiamo ragionare anche del luogo delle donne, della sua efficacia. E, sì, alcune hanno chiesto le mie dimissioni. Il problema non è che hanno espresso posizioni diverse ma che sia uscita una nota anonima Dobbiamo essere più unite».
patrizia prestipino
Monica Cirinnà difende la portavoce: «Se il luogo delle donne diventa il luogo in cui ripetiamo i modelli maschili e si fanno comunicati anonimi, questo dimostra che la crisi del Pd travolge tutto. Anche il fare politica al femminile, femminista. Io ho otto pagine di appunti, ho scritto cosa ha detto ognuna. Chi vuole le dimissioni di Cecilia lo dica con coraggio. Io l'ho sentito solo da 3 persone su oltre 64 collegate».
Chi lo dice apertamente è Alessia Morani, anche su Twitter: «Ho reiterato la richiesta di dimissioni a Cecilia D'Elia, già formulata nella direzione Pd. Lo hanno fatto anche altre donne. Lei ha detto no. Essere dirigente significa prendersi le proprie responsabilità». Aggiunge la Prestipino: «Ha fatto come Letta: non mi ricandido, ma non mi dimetto. Il teatro dell'assurdo». Ma la "fronda", raccontano, comprende - tra le altre - Chiara Gribaudo, Titti Di Salvo, Valeria Fedeli. Chiedono di azzerare tutto. E, appunto, in molti casi minacciano di non votare capogruppo nessuna donna che abbia avuto la pluricandidatura. Un veto che colpirebbe nomi come le capigruppo uscenti, ma anche Madia, Lorenzin, Valente. -
monica cirinna foto di bacco (2) alessia morani con la mascherina enrico letta alla direzione pd alessia morani cecilia d'elia patrizia prestipino enrico letta alla direzione pd. IL CANE DELLA CIRINNA - MEME patrizia prestipino nicola zingaretti roberto gualtieri cecilia d'elia