Nino Sunseri per “Libero quotidiano”
FERRUCCIO DE BORTOLI - LE COSE CHE NON CI DICIAMO
Un tempo si chiamavano demagoghi. Per Tucidide erano gli imbroglioni che dopo la morte di Pericle nel 429 a.C. cercavano il potere ad Atene. Per Platone erano il sinonimo di un governo corrotto. Aristotele li considerava la degenerazione della democrazia. Purtroppo è questo il tempo amaro che l'Italia si trova a vivere secondo Ferruccio de Bortoli ex direttore del Corriere della Sera, de Il Sole 24 Ore e più tardi manager alla testa di Rcs Libri, di Flammarion e adesso del gruppo Longanesi. Ha trasferito il suo allarme nel nuovo saggio Le cose che non ci diciamo (fino in fondo) pubblicato da Garzanti (160 pp., euro 16).
Quella dell' autore è una lunga carriera cominciata più di quarant' anni fa come cronista al Corriere d' Informazione, edizione pomeridiana del Corriere della Sera. Un' affermazione professionale di grande valore ottenuta partendo dalla gavetta come poche volte è accaduto in Italia dove invece l' appartenenza alle arciconfraternite del potere è molto più spesso l' autostrada per il successo.
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ARCICONFRATERNITE
Proprio queste arciconfraternite, secondo De Bortoli, hanno divorato l'Italia affidando ai demagoghi la guida della Repubblica. Ecco perché nel dibattito dei partiti e della politica manca sempre un pezzo di verità: pur di raggranellare qualche briciola di consenso e soddisfare gli appetiti di lobby e gruppi di potere, avanza inesorabile una narrazione di comodo che esenta le classi dirigenti (e non solo loro) da qualsiasi responsabilità personale e collettiva. L'inconsistenza strutturale rende la classe dirigente di questo Paese facile preda degli interessi corporati.
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Per questa ragione Ferruccio de Bortoli, con lucidità impietosa, sottolinea quelle storture e quei pericoli che troppo spesso in Italia vengono sottaciuti. Perché non ci diciamo fino in fondo che spendiamo più di quanto dovremmo, senza preoccuparci della crescita del debito pubblico; che non possiamo vivere di sussidi statali senza creare reddito; che è illusorio voler difendere l' occupazione finanziando con i soldi dei contribuenti aziende senza futuro.
La crescita del capitale umano viene trascurata, la cultura scientifica è poco diffusa e dilaga un antieuropeismo populista privo di solide ragioni economiche. D'altronde, diciamoci la verità. Un ragazzo dotato di intraprendenza e di voglia di emergere che cosa sceglie: il concorso pubblico o l'ingaggio in una banca d'affari possibilmente a Londra o a New York? E non vale il discorso del differenziale di reddito.
FERRUCCIO DE BORTOLI
Un pm guadagna molto meno di un amministratore delegato. Però ha il potere di distruggerlo con una semplice firma su un atto giudiziario. Non vale l' inverso e, come recita bene un antico proverbio siciliano, il potere offre un piacere superiore a ogni altro. Compresa la ricchezza.
Per carità, non è solo un problema italiano. Il decadimento della dirigenza politica è un fenomeno comune a molte democrazie. Probabilmente oggi Winston Churchill, discendente dei duchi di Malborough e appartenente ad una delle grandi famiglie britanniche, non avrebbe fatto il primo ministro ma il presidente di Hsbc o magari della tedesca Deutsche Bank. Il finale della Seconda Guerra mondiale sarebbe stato sicuramente diverso.
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All'impoverimento del capitale umano de Bortoli dedica molto spazio. Di tutti gli sperperi che stanno avvelenando l'Italia è il più grave. Un danno irreversibile. Una fabbrica chiusa può essere riaperta. Un neo-laureato che va all'estero è un capitale pregiato che non si recupera più. Purtroppo la ricerca del consenso a tutti i costi porta all'inversione del parametro. Partiti, governi, sindacati, si azzuffano sulle pensioni fino alle estreme conseguenze della politica. Dei giovani, però, non si occupa nessuno se non a parole. Nella realtà vengono caricati di debiti con l'esplosione del deficit pubblico. Le risorse vanno via in sussidi e mancette per garantire la sopravvivenza di troppi demagoghi.
FERRUCCIO DE BORTOLI
EMIGRAZIONE
Eppure l' Italia più di altri Paesi conosce i danni irrimediabili che provoca la perdita di capitale umano. Negli anni Cinquanta il sud esportava braccia che andavano a Milano o a Torino a cercare una vita meno aspra. Negli anni successivi hanno fatto le valigie i ragazzi con la laurea. Adesso vanno via quando sono ancora studenti cercando le migliori università.
Il fenomeno, fino a qualche anno fa, riguardava solo i ragazzi di Napoli e Palermo.
Adesso partono anche da Milano e da Torino. Perché stupirsi, allora se quelle che restano sono classi dirigenti meno attrezzate di prima? De Bortoli chiude con un' invocazione che è soprattutto una speranza. Quella di recuperare lo spirito migliore del Paese per affrontare una volta per tutte le nostre lacune e tornare ad avere fiducia nel domani.
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